di Smaranda Chifu
(pubblicato su smarandachifu.com il 18 dicembre 2019)
“Non hai veramente capito qualcosa se non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”.
Recentemente mi è capitato che amici e parenti che in montagna ci vanno quella volta ogni passaggio della cometa di Halley e lo fanno principalmente per andare al rifugio a mangiare mi abbiano detto che, leggendo i miei articoli, mancano loro alcune informazioni di base per capire di cosa sto parlando. Mia nonna una volta mi ha chiesto se “arrampicarmi” (così l’ha chiamato, arrampicarsi, tipo scimmia) fosse pericoloso. Ho deciso che a 80 anni aveva abbastanza maturità emotiva per accettare l’onestà della risposta: sì nonna, arrampicarmi è pericoloso, ma mai quanto un pranzo di Natale a casa tua.
Quindi vorrei raccogliere in questo articolo le basi, quelle cose che vi servono per capire di cosa sto parlando, insomma: come ho spiegato l’alpinismo a mia nonna.
Allora nonna, ti dico che intanto andare a Cortina a fare shopping in centro con i guanti e farsi le foto con cime innevate sullo sfondo non è andare in montagna. La riassumerei così: se ci arrivi in macchina, non è montagna!
In montagna ci si va in due modi: escursionismo o alpinismo. Son due cose diverse, escursionismo è quella cosa che prendi il sentiero, spesso segnalato, a volte il sentiero è largo, altre è un po’ stretto, magari ci mettono una catenella quando è tanto stretto, così la tieni, come le scale di casa! E’ quella cosa che ti porta al rifugio, alla polenta, al panorama. Il dislivello è un po’ la cosa più importante da considerare. Sotto i 500 metri di dislivello lo potresti fare anche tu nonna, verso i 1000 metri è il minimo sindacale per meritarsi la polenta al rifugio, sopra i 1000 è uno strazio. L’alpinismo invece è quella cosa che c’è il sentiero ma decidi di ignorarlo.
La montagna è fatta di tanti elementi ma dovendoli riassumere direi: roccia, ghiaccio e neve. Iniziamo.
La falesia e la storia del buchino
Uno passa un giorno sul sentiero, alza la testa, vede uno specchio di roccia più ampio, più bello e inizia a pensare che quel buchino là in alto, 20 metri sopra, deve essere proprio bello, chissà cosa c’è dentro, andiamo a vedere e quindi sale, pianta un chiodo nella roccia, si chiama spit il chiodo, così la corda la passa dentro questo chiodo e non si fa male se cade. E va a vedere com’è il buchino. Si chiama falesia. No nonna, le corde non sono già su, sono nostre, ce le portiamo negli zaini come le lumache con le case, sono la nostra seconda anima le corde.
Sì lo so che è inutile vedere com’è il buchino, ma sai nonna, la vita è fatta di tantissime cose apparentemente inutili. Tipo la terza portata di risotto è inutile, eppure me l’hai messa lo stesso, eh, inizi a capirlo ora?
Il buchino è appena 20 metri da terra, su una parete vicina al sentiero, nel bosco, ma quando lo scopri poi ci vanno in tanti, si fa gruppo, saliamo tutti a vedere come sono i buchini, ci sfidiamo a vicenda, tu il buchino lo tieni con una mano, io con l’altra, lui è il nano da giardino che non ci arriva, lei non vede proprio il buchino, passa la giornata, tramonta il sole, ci innamoriamo, ci sosteniamo, ci divertiamo, piangiamo perché il buchino proprio non riusciamo a tenerlo, ridiamo di quanto siamo goffi, ci sporchiamo le mani e ci inzozziamo i vestiti nonna, come quando da piccola andavo a giocare in giardino e tornavo a casa lercia e tu volevi menarmi ma poi alla fine ti facevo pure tenerezza, con quel sorriso sporco di terra, ti ricordi com’ero felice?
No, non arrivi da nessuna parte, ti giuro, sei lì nel bosco, vicino al sentiero e vai solo a vedere com’è il buchino e poi scendi, c’è l’amico sotto che ti tiene l’altra parte della corda, si fa a turno, uno alla volta. Ma non è proprio tutto qua, il gioco è fare quei 20 metri senza mai cadere, senza mai fermarsi (si dice bloccarsi), quello vuol dire chiudere un tiro. Se cadi o ti appendi è come il gioco dell’oca, devi ripartire da capo. Le regole son regole nonna, come quando giochi a carte, mica c’è un motivo! Comunque devi toccare solo la roccia, in falesia si scala in libera, non si azzera. Quella cosa del tizio che lo fa senza corda si chiama free solo, diciamo che la libera è quando tocchi solo la roccia ma hai la corda, il free solo è quando per forza tocchi solo la roccia perché ti sei scordato a casa la corda.
Alcuni tiri se sei bravo li chiudi a vista, vuol dire che non hai mai visto il buchino, non te l’hanno spiegato, non sai dov’è, l’amico non deve suggerire, tu inizi a salire e semplicemente fai una magia e non cadi. Ma succede poche volte, molte volte i tiri sono lavorati, vuol dire che sali, cadi, riprovi, pucci le mani nella magnesite così non sudano, risali, passano i mesi, gli amici ti odiano, alla fine ce la fai. E si va tutti a festeggiare, che nessuno ti sopportava più a sentirti parlare del buchino.
Ah, si può scalare da primi o da secondi. Da primi vuol dire che sei tu che porti la corda su, arrivi al chiodo ti leghi lì, ma quando superi il chiodo, lo spit, fino al prossimo ci passano due metri magari e se per caso cadi in quei due metri sai che paura nonna? Però per scalare davvero, per chiudere i tiri devi farli senza cadere, senza fermarti, da primo. Eh, si fa complessa la cosa, da primo non basta farli i movimenti, devi farli al cardiopalma, vincere la paura di cadere, sfidarla, uuuuh guarda come sto su? Vedi? Fare pappappero alla forza di gravità, andare, salire, vale solo così.
Però se hai avuto una brutta giornata puoi far salire l’amico e tu salire da secondo. L’amico quando arriva in cima lega la corda, non importa come, insomma, quello che ha visto la falesia ha messo un chiodo più grande in alto così chiunque poteva poi vedere il buchino nella roccia. Da secondo non cadi, rimani appeso come un salame, così ti piace di più eh, nonna? Eh, piace di più a tutti, ma alla fine è un po’ insipido così.
Ah, i gradi nonna, i gradi. Sono dei numeri: 4, 5, 6, massimo 9. Seguiti da tre lettere, a b, c. Si fa presto. Fino al 5c nonna lo faresti pure tu, da seconda si intende che ti piaceva l’idea! Ma se t’impegni pure da prima dai! Dal 6a al 6c eh, devi iniziare a capirci qualcosa, dal 7a al 7c lo fai da un po’ di anni e hai una dignità, dal 8a al 9c (il massimo) non si capisce, è una lobby, sono pochi privilegiati e non ci dicono il segreto. Però gira voce che a pranzo a Natale da te mangerebbero solo i contorni e mica tre portate di risotto e dopo il pranzo andrebbero a correre subito!
Ah, mi dimenticavo, ci sono i boulder, che sono come la falesia, ma senza corda, perché di metri ne fai meno, tipo 4-5 di solito. Metti un materassino sotto, fai giusto quei metri e se cadi, è morbido. I boulder, nonna, sono sassi, massi, grossi e niente, alle volte saliamo sui sassi, poi stiamo lì sull’erba, perché ci pesa la corda, perché i sassi stanno ovunque, perché fanno ombra d’estate, perché altrimenti sui sassi ci crescerebbe il muschio, perché ci va. Saliamo pure sui sassi nonna! E’ un po’ come il free solo, ma è basso. C’è qualcuno che scala boulder di venti metri, ecco, quello è già un po’ più free solo.
Le vie e la storia della fessura
Ora, prima della falesia nonna, devi sapere che qualcuno una volta ha guardato una montagna e ha visto che c’era il sentiero, di lato. Poi l’ha guardata e ha detto “ma perché non salire da lì?” “Lì dove?” “Ma lì in mezzo, vedi quella fessura?” E’ come la storia del buchino, ma peggio, la fessura è a 200 metri da terra nonna! E ha detto a un suo amico: “ma se andassimo in cima da lì? Chissenefrega del sentiero, prendiamo la via della fessura!” E così hanno inventato le vie, si son legati tra di loro, come avere il cordone ombelicale, è partito da primo l’uno, quando la corda è finita, s’è legato, a uno spuntone di roccia, s’è incastrato con un chiodo in un buchino, s’è ancorato in qualche modo e ha recuperato il suo amico, che scalava da secondo. Ed è ripartito l’amico, si sono alternati, così ci si divide la paura, ci si spalleggia, si fa cordata, eh sì, le vie sono alte, sì, sono pericolose, i chiodi sono distanti che la via è lunga, si ha parsimonia con i chiodi, però la fessura quando poi la vedi nonna sai che soddisfazione? Il bosco sotto è piccolo, il paesino rimane a valle, tu e il tuo amico siete lì, lontani, da soli, non vi sente nessuno, queste cose si fanno con le persone speciali, con quelli che sai che se hai paura davvero e piangi ti abbracciano, le persone quelle che sanno farti il solletico all’umore. Si sale così, di lato c’era il sentiero ma che importa del sentiero? Le vie nonna, le vie sono uno spettacolo, è come quando tu vai a fare la spesa e non passi dalla strada ma dal parco, perché ti piace di più. Le vie sono avventurose. Eh sì, quella volta che sono finita al pronto soccorso nonna, sì, sono caduta da prima in via, il chiodo era distante, arrampicarsi è pericoloso. Ma ripeto, anche i tuoi pranzi di Natale lo sono in maniera diversa. E poi ricordati che col sorriso sporco di terra comunque ti piacevo da bambina. Nonna, le vie piacciono a quelli che vogliono una strada più difficile, a chi il sentiero annoia, che le cose facili nella vita prima o poi ci uccidono, a fare solo ciò che sappiamo già che possiamo fare alla fine si muore e lo sai. Tu che hai deciso di capire le divisioni col resto a 60 anni, è quella cosa lì.
Comunque le vie son quelle avventurose, dove i chiodi sono lontani lontani, dove se cadi ti fai male, quelle dove si usano i friend, che sono delle specie di chiodi, mettiamola così, una cosa che incastri nella fessura così quando cadi, cadi meno. E’ un chiodo che metti e togli, eh, non è come uno spit, per niente. Non hai bucato la roccia, è lì, incastrato, come te e il tuo amico. Come la vita intera in parete su una via, tutto attaccato e incastrato su questa roccia, tutto per vedere la fessura, o per vedere com’è la vita, vista da quella fessura.
Ah, mi hai chiesto cosa vuol dire azzerare! Azzerare nonna è quando la roccia è liscia liscia, il chiodo lontano lontano e allora non ti fidi del buchino, non si scherza, sei a 200 metri da terra, a km dalla valle, tu e il tuo amico legati come un’anima unica, allora niente nonna, tiri l’alberello, ti appendi al chiodo, metti un friend in una fessura e tiri pure quello, te la cavi. Se sei bravo e ti fidi del buchino, la fai in libera, tocchi solo la roccia, ma quando si fanno le vie conta meno, quando si fanno le vie il gioco è andare a vedere com’è la fessura, in due, tornare a casa vivi, tornarci assieme, non cadere, ricordarselo, raccontarlo, non conta poi tanto come.
Ah, te lo ricordi il sentiero, quello per arrivare al rifugio? Gli alpinisti lo chiamano avvicinamento, è solo l’anticamera, il preambolo, magari fai 1000 metri di dislivello e quando gli altri entrano al rifugio tu, lo zaino, l’amico, la corda, dovete andare a vedere com’è la fessura.
Il misto e le torte salate
A volte nonna le vie, che dovrebbero essere di sola roccia, hanno dentro un po’ di ghiaccio che è rimasto incastrato lì, nella fessura, hanno la neve in cima, hanno la roccia congelata, non sono baciate dal sole, le fai d’inverno, con le piccozze così ti tieni al ghiaccio. E quello è come quando tu fai le torte salate, che metti dentro quello che t’è avanzato in frigo tutto assieme e mischi e alla fine viene sempre bene. E si chiama “misto” infatti. La fessura nonna, quando è ghiacciata, scivola tanto, la montagna d’inverno è diversa, tanto diversa.
Le doppie e l’inutile salita
E quando arrivi su? Eh, a volte il sentiero s’è perso, se lo ritrovi scendi dal sentiero, altrimenti leghiamo le corde, ci leghiamo noi stessi alle corde e scendiamo da dove siamo saliti. Sì lo so, sembra ancora più assurdo, cosa siamo saliti a fare? Ma ti ricordo che volevamo solo vedere com’era la fessura là in alto, vedere com’era la valle vista dalla fessura, non è così assurdo. Ci leghiamo alle corde e dondoliamo nell’aria, torniamo a valle.
Cascate di ghiaccio e la storia dei cavolfiori
Poi arriva l’inverno nonna e nevica, fa freddo. Certo che ci andiamo lo stesso d’inverno in montagna, ma le hai mai viste le cascate di ghiaccio?
Sì, prendiamo le piccozze e mettiamo i ramponi ai piedi e scaliamo pure quelle! Uguale alla roccia, solo che è acqua, acqua congelata. Eh, fatti pure il segno della croce sì, sapessi quante volte me lo son fatto pure io. Fanno paura, sono delicate, sono di cristallo, sì, le cascate si rompono, il sole le distrugge, sono timide, speciali.
Eh sì, le cascate son un po’ più pericolose del tuo pranzo di Natale, però nonna, non sai che belle? Da fuori sembrano tutte uguali, invece ci sono colonnine, alcune sottili altre proprio colonne che reggono il mondo, reggono pure gli alpinisti! Ci sono i petali, le croste, i cavolfiori, non immagini nemmeno come sia bella una cascata da dentro, come sia effimera, se pensi che d’estate poi sparisce, che comunque sia non è mai uguale.
Scialpinismo e il sentiero di neve
D’inverno nonna poi c’è la neve. Ti ricordi quanto mi piaceva che quando ero piccola e nevicava tu avevi paura prendessi il raffreddore e io volevo solo andare a giocare fuori? Ecco, quando nevica tanto dove c’era il sentiero c’è solo tanto bianco, dove c’era la fessura c’è il ghiaccio. Si prendono gli sci, sotto gli sci si mettono queste pelli, è un materiale sintetico, prima erano di foca ma per fortuna ora sono sintetiche, le appiccichi sotto gli sci così sali, sali dove c’era il sentiero, lasci la scia dietro, nel bianco immacolato. E quando arrivi in cima togli le pelli e scivoli a valle. D’inverno il sentiero è più bello, d’inverno il sentiero è traccia, se nevica ancora e soffia il vento la porta via, la traccia. La neve nonna, è uno spettacolo.
Gli 8000 e “l’Everest quando lo vado a fare?”
Poi c’è il ghiacciaio. Quando la zia ti chiede quand’è che faccio l’Everest, ecco nonna.
Le montagne in Europa arrivano a poco più di 4000 metri. Si respira poco lassù, senza aria è tutto più difficile. In India, in Pakistan, in quelle zone lì ci sono quelle più alte, come l’Everest, arrivano fino a 8000. E’ il ghiacciaio, è quel posto dove anche d’estate c’è ghiaccio, ci sono i crepacci, che sono buchi nonna, è quella cosa da preservare, il ghiacciaio è vivo, si sposta, scende a valle, si modula! E’ una cascata grossa grossa praticamente. Se spariscono, i ghiacciai, è un casino. Anche se hanno i buchi, non sono cattivi: è per quello che ci leghiamo tra di noi, per non cadere nei buchi. Sembra il gioco “colpisci la talpa”, se cade dentro un buco uno, l’altro almeno lo tira fuori. E no, a me di fare l’Everest non è che interessi molto comunque. Anche del Bianco non m’interessa molto, son sempre stata così, ti ricordi? Io ero innamorata delle cose che facevo senza dovermi giustificare, senza dover trovare loro un fine, a me nonna piace andare a vedere com’è la fessura, mica la cima! Sul Bianco magari se capita ci vorrei andare, ma mica dal sentiero, ma dalla fessura, con qualcuno di speciale, a vedere com’è la valle da lì. Comunque questa è una cosa personale, a qualcuno piace il rifugio, a qualcuno il buchino, a qualcuno la fessura, a qualcuno l’Everest.
Nonna, la montagna è questa cosa qua. Non è uguale per tutti, è tante cose, spero che ora un po’ tu l’abbia capita. Spero che ora un po’ tu mi abbia capita.
Tu che nemmeno sai che se in montagna sto così bene è anche colpa tua, che l’avventura me la lasciavi vivere nel tuo giardino, che arrampicarsi sull’albero era la fessura, che il campo di grano era il sentiero di neve, che lo slittino sulla via ghiacciata era la cascata di ghiaccio, che dormire fuori a vedere le stelle di notte era il bivacco.
Mi sono innamorata. Come sempre, come mi conosci, come quando ero bambina, col sorriso sporco di terra e le ginocchia piene di sangue.