(introduzione alla scoperta dei problemi ambientali e dell’eredità naturale più importante del nostro continente)
di Mario Pinoli
(scritto nel 2000)
Quando il vento scende da nord-ovest, superando le creste dei Lyskamm e della Presolana, qualcosa accade giù, nel centro della pianura Padana. L’aria fredda e pungente pervade Piazza San Carlo, San Babila, la Città Alta e Piazza della Loggia. Il cielo si pulisce velocemente dal suo grigiore e comincia a brillare di un azzurro intenso, ritagliato da profili geometrici dalle sagome di edifici e grattacieli grigio acciaio.
Allora i torinesi, i milanesi, i bergamaschi, i bresciani e gli altri abitanti delle città ai piedi delle Alpi, alzano il naso all’insù. Nel loro passo frenetico, in uscita dalle scale della metropolitana come palline da flipper espulse dalla corsia di lancio, o ancora con il sapore del primo caffè in bocca, prima di spiccare la corsa verso il lavoro, la produzione, la competitività quotidiana, si fermano un attimo. Quell’aria lontana, a tratti violenta, che si gela sulle creste glaciali, si impregna di profumo di larice e sorvola, supersonica, risaie e campagne ordinate, si incunea nelle periferie, si apre la via rimbalzando di via in via e porta quel messaggio lontano di natura e di terra, che fa fermare per un istante il passo.
Quell’aria arriva dalle Alpi, le nostre montagne, la nostra Amazzonia.
La nostra Amazzonia
Il paragone, con la grande e selvaggia regione sudamericana non è così strano. La catena alpina, osservata su una ripresa satellitare dell’Europa, appare come un arco continuo, un corrugamento di creste e di valli, che formano “un’isola verde” racchiusa tra regioni antropizzate e trasformate dall’uomo. Costituisce un unicum naturale che domina le pianure dell’Europa racchiudendone la riserva d’acqua più pura e preziosa. Le migliaia di sorgenti, le centinaia di ghiacciai che occupano le porzioni di alta quota delle valli formano il più esteso e inestimabile potenziale di acqua potabile dell’Europa centrale. Provate a risalire con un dito sulla carta geografica i principali fiumi che arrivano sulle pianure del nord Italia, dell’Austria o della Germania.
Scoprirete che Po, Adige, Danubio, Reno e Rodano traggono l’origine della loro linfa dalle Alpi. I maggiori fiumi, risorsa naturale, dell’industria, dell’agricoltura e dello svago per milioni di persone, nascono con minuscoli rivoli in valli lontane, racchiuse tra creste e picchi incontaminati. E scendono, come tanti piccoli Rii delle Amazzoni verso non uno, ma più mari.
Sempre osservandole dall’alto, le nostre Alpi, appaiono verdi, multiformi e particolari. Come l’Amazzonia sono intricate e rigogliose, articolate in uno sbalorditivo dedalo di valli profondamente incise da fiumi e ghiacciai. La grande varietà di rocce, che narra il passato geologico in pagine di pietra, la loro geologia e la tettonica di stupefacente complessità, i milioni di anni di attività erosiva, formano innumerevoli combinazioni di paesaggi naturali, Grazie a questa biodiversità montuosa di sconvolgente varietà, le Alpi racchiudono una diversità biologica eccezionale. Da Nizza a Vienna, su un arco di circa 1.000 km di lunghezza per una larghezza media di 200 km, sono diffuse una fauna ed una flora che stupisce per ricchezza e particolarità. In esse vivono circa 5.000 specie spontanee di piante vascolari, ovvero i tre settimi della flora europea. Tra queste specie rarissime, delicate o arcaiche, che sono salite in alto per sfuggire la concorrenza di altre specie di piante. Ben 350 specie di piante endemiche, come ad esempio il larice europeo o l’aquilegia alpina, dimorano solo sull’arco alpino.
Analogamente la fauna presenta una grande diversità, forgiata dalle limitazioni imposte dall’altitudine. Specie particolari, animali dell’antichità che si sono rifugiati sempre più in alto, dopo il ritiro dei grandi ghiacciai che alcune migliaia di anni fa coprivano parzialmente la catena montuosa. Esempi faunistici unici e preziosissimi, alcuni dei quali si possono ritrovare in Europa solo a livello del mare nella regione artica. Un mondo naturale unico nel Vecchio Continente, che costituisce una vero e proprio laboratorio naturale dell’evoluzione, attivo continuamente e osservabile da chi frequenta le Alpi.
E come in Amazzonia, nelle Alpi, sono ospitati ecosistemi fragili e rari, la cui evoluzione naturale può essere danneggiata o distrutta dall’azione dell’uomo.
Ma le Alpi non sono solo natura, ma anche un patrimonio culturale di inestimabile importanza. Essendo l’area montuosa più frequentata e studiata del mondo sono ampiamente conosciute e rappresentano, nella loro bellezza e diversità, una sorta di sintesi di tutte le montagne del mondo. Geologi, biologi, geografi e storici le hanno elette a laboratorio di ricerca per generazioni, tanto da far assurgere il termine “alpino” a sinonimo di montagna per antonomasia. Sono inoltre la culla, tra le montagne del mondo, del maggior numero di evoluzioni sociali, ed hanno dato i natali e lo stile ad attività uniche, esercitate in tutto il mondo, come l’alpinismo, lo sci di discesa, il turismo invernale ed il turismo di altitudine per motivi di salute.
L’evoluzione ambientale delle Alpi
Per questi mille motivi, le Alpi sono un’eredità naturale ed un patrimonio ambientale e culturale di importanza europea e mondiale. La loro importanza e unicità non collimano però certamente in modo proporzionale, con il loro stato di “salute ambientale”.
Le Alpi sono nate a partire da circa 60 milioni di anni fa, dalla collisione di due grandi placche di litosfera, la placca Africana e la Placca Euroasiatica, due immense zatterone di roccia animate dai meccanismi della tettonica a zolle. Lo scontro apocalittico delle placche ha corrugato, impilato e sollevato sedimenti marini e rocce cristalline, provocando l’emersione della catena montuosa da un oceano primitivo circa 37 milioni di anni fa. Da allora ad adesso l’orologio del tempo geologico ha modellato e plasmato queste montagne nella loro bellezza selvaggia, fino a donarle all’uomo con un’ineguagliabile tesoro di naturalità.
I nostri antichi simili, come il celeberrimo Oetzi ritrovato alcuni anni orsono tra l’italiana Val Senales e l’austriaca Oetztal, cominciarono a popolarle circa 5000 anni fa. Nacquero così i primi insediamenti, i primi sfruttamenti delle risorse minerarie alpine, cominciò così a partire dalle basse vallate alpine, un lento, costante e titanico lavorio di dissodamento, aratura, disboscamento e regimazione dei corsi d’acqua.
Come un esercito di formiche, le genti alpine cercarono di sopravvivere, sfruttando minuziosamente i pochi spazi disponibili, utilizzando il legname delle foreste alpine e le abbondanti acque, per riscaldarsi e per lavorare sfruttando i filoni di minerali metallici inclusi nelle rocce alpine.
Da allora ad adesso, settemila anni di attività agricole, plasmano i versanti ed i fondovalle con tecniche ingegnose e determinazione ferrea, per ricavare il massimo beneficio da una natura difficile, a volte ostile. Sono stati così modellati i paesaggi rurali tradizionali, gli alpeggi, i centri abitativi, espressione di un perfetto adattamento ad un economia ed uno stile di vita, unico ed esemplare. Osservate ancora adesso i fianchi delle valli non assaliti da impianti di risalita, o urbanizzati in stile turistico: baite, coltivazioni a terrazze, la minuta rete di canali di irrigazione, in un termine i paesaggi rurali tradizionali alpini. Essi sono una sintesi esemplare tra l’ambiente fisico alpino e la comunità che lo sfruttava e che in certe zone lo popola ancora. Questa situazione di equilibrio, di convivenza operosa con le Alpi, costituisce, se così si può dire, un pacifico ed ecologico utilizzo del territorio. Le cose cominciano a mutare però alla fine del secolo scorso, con una crisi che investe la civiltà rurale alpina formatasi nei vari millenni precedenti. Si crea progressivamente un sovrappopolamento che porta progressivamente ad un consumo eccessivo di pascoli ed a un massiccio sfruttamento delle foreste. Vengono via via costruite una serie di grandi vie di comunicazione transalpine, che spezzano l’isolamento delle Alpi. Linee ferroviarie e tunnel ampliano gli scambi tra i due paesi situati ai due lati della catena, trasportando ed importando nelle Alpi, nuove strategie e tendenze provenienti dai centri urbani. Alla transizione con secolo XX° inizia anche il massiccio e capillare sfruttamento della risorsa idroelettrica.
La costruzione di impianti determina la realizzazione di nuove strade che penetrano profondamente nei solchi vallivi alpini, incoraggiando l’esodo della montagna e la trasformazione delle economie locali, con l’utilizzo esteso di manodopera locale. Le Alpi vengono così “ri-colonizzate” in maniera moderna e il presente secolo, solo cento anni rapportati ai milioni di anni di vita dell’edificio alpino ed alle migliaia di anni di convivenza equilibrata dell’uomo, porta ad uno sconvolgimento delle relazioni con la catena montuosa. Il notevole incremento delle vie di comunicazione e l’aumento del livello di vita danno vita allo sviluppo del turismo alpino. Sulle Alpi viene introdotto, a partire dal 1972, lo sci, che si sviluppa decisamente dopo la prima guerra mondiale, assieme alla climatoterapia applicata nei sanatori e nei centri di cura alpini. L’altro grande impulso di sfruttamento delle Alpi, si manifesta dopo il secondo conflitto mondiale, con il diffondersi dell’automobile e con le ferie pagate, che creano il turismo di massa estivo ed invernale, la costruzione delle seconde case e l’usanza del week end. In poche decine di anni, logiche del tutto avulse dal mondo alpino, importano in esso modelli economici e di vita alieni e la sovraimposizione al paesaggio ed alla delicata natura alpina, di infrastrutture e attrezzature varie, che alterano lo scenario alpestre. Esso diventa uno sfondo, a volte un corollario quasi fittizio, palestra di sfruttamento e di degrado ambientale macroscopico.
Le Alpi subiscono così in pochi anni una rivoluzione, che porta allo sfruttamento eccessivo di certi settori e all’abbandono progressivo di altri. Su un’estensione di territorio comunque non così ampia come quella alpina, si concentrano uno sfruttamento massiccio, l’esecuzione di una quantità di lavori colossali, la moltiplicazione delle reti viarie, la trasformazione dei corsi d’acqua, l’arrivo di funicolari nei luoghi più arditi e fino ad allora incontaminati. La banalizzazione ed il degrado investono profondamente gli ecosistemi alpini, con una alterazione profonda delle vallate ed una perdita generalizzata di condizioni di wilderness. Valli, passi e cime subiscono l’attacco di una marea montante di trasformazioni degradanti, che conducono alla perdita o per lo meno alla grande riduzione della naturalità alpina.
Lo stato di salute ed i problemi del nostro più grande patrimonio naturale L’equilibrio naturale delle Alpi muta così profondamente nell’ultimo secolo. Comunità ed equilibri naturali sono investite da correnti migratorie stagionali che portano disordinatamente gli schemi e le necessità del mondo cittadino. La minaccia di banalizzazione e di alterazione totale è reale.
Per fortuna in questo secolo nasce anche la coscienza di tutto ciò ed una reazione operativa di studio e conservazione naturalistica. Viene così gradualmente creata una rete di parchi e riserve naturali, si amplia la sensibilità ambientale, si formano associazioni ambientaliste che operano per le Alpi e la loro tutela. Nasce la coscienza della necessità di una gestione collettiva, transnazionale, delle Alpi, pensata su scala europea.
Alla fine di questo secolo le Alpi si presentano così ad una scadenza non solo simbolica, ma anche sostanziale, ad una sfida per la tutela di un valore patrimoniale ambientale non rigenerabile, la cui sparizione non può essere accettata. Questo patrimonio è minacciato da una serie di attività umane, che configurano, nella loro relazione con l’arco alpino, le grandi tematiche ambientali di cui vi parleremo nei prossimi numeri.
Il traffico, i trasporti e la mobilità, il turismo e lo sport alpini, il dissesto idrogeologico, l’alterazione dei corsi d’acqua alpini, lo spopolamento delle valli, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, della neve, dei suoli alpini. Tutta una serie di temi di attualità ambientale che è necessario affrontare per un check up delle Alpi e per la creazione di una sensibilità ed una conoscenza, che portino ad una tutela fattiva delle nostre montagne.
Ed insieme occorrerebbe raccontare anche dei segnali e dei fatti positivi che si possono cogliere sulle Alpi: il ritorno del lupo e del gipeto, i nuovi modelli di gestione sostenibile delle attività economiche, la Convenzione delle Alpi, il sigillo di qualità ambientale delle attività turistiche.
Siamo soltanto all’inizio di un lungo viaggio di conoscenza del patrimonio naturale più prezioso di cui ancora dispongano gli europei, per comprendere al meglio l’assoluta necessità di una sua tutela.
Bellissimo articolo!
Bello