Pierluigi Boiago da 20 anni vive su una barca trasformata in casa, che muove per andare al Redentore di Venezia: «Il momento più duro? La siccità a luglio 2022. Una parola per definire la mia vita? Libertà».
L’uomo del fiume
di Dimitri Canello
(pubblicato su corrieredelveneto.corriere.it il 4 ottobre 2022)
Per arrivare alla sua abitazione non bisogna consultare Google Maps e inserire un indirizzo. Semplicemente perché un indirizzo non c’è. La location è sul fiume Bacchiglione, all’altezza del quartiere Paltana di Padova. Ci si arriva fiancheggiando via Decorati al Valore Civile e parcheggiando l’auto sull’erba. Qualche passo a piedi lungo l’argine ed ecco una cassetta della posta in legno, un pastore tedesco, il cane Buk, ad accoglierci e lui, Pierluigi Boiago, ad attenderci.
Pierluigi Boiago, la chiamano «El Paron del Bacchiglion», il padrone del Bacchiglione. Ci spiega il perché?
«Vivo su una barca trasformata in casa sulle rive del Bacchiglione, nel quartiere Paltana. Le barche sono una passione che coltivo fin da piccolo, l’acqua è il mio elemento, per me è tutto. Tutta la famiglia, a partire da mio zio, una guardia giurata che poi ha gestito una latteria, pescava. Io ho proseguito la tradizione».
Il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre, ma adesso sono tornate le piogge. Il fiume come sta?
«A metà luglio la situazione era orribile. Mai vista una siccità simile, drammatica e inquietante. Adesso è tutto tornato alla normalità, il livello è praticamente quello ottimale dopo le piogge in montagna. I pesci di notte non li sentivo più adesso saltano e son felici. Mi si apre il cuore, anche se penso che ci sarà un inverno rigido».
Da che cosa deriva questa sua convinzione?
«Che la natura prende una direzione precisa e, sulla base dell’esperienza, si può capire dove sta andando. Non penso che ci saranno alluvioni come quella del 2010, non ci sono le stesse condizioni. Sono abbastanza sereno, anche se nessuno ha la sfera di cristallo»
Qual è stato il momento più brutto?
«Come le dicevo a metà luglio 2022 abbiamo raggiunto livello più basso mai di sempre. L’acqua era putrida, stagnante, ferma: una tristezza. Il colore dell’acqua scura era triste. Mi ricorderò sempre quella giornata, credo fosse il 14 luglio: eravamo sotto di 2 metri e 20, una cosa sconvolgente, mai accaduto prima».
Che cosa l’ha spinta a vivere in una barca?
«Sin da bambino non volevo sentire rumore della vita e della natura. Stare sull’acqua è qualcosa di impagabile».
Da quanto vive sul Bacchiglione?
«Sono più di vent’anni. Non fisso un momento preciso perché sono sempre stato sull’acqua. Prima avevamo un barcone, organizzavamo feste, c’erano le cosiddette “remade” nel fiume, oltre a momenti di ritrovo indimenticabili».
Quanto ha speso per costruire la sua casa-barca?
«La cifra precisa non la ricordo. Credo attorno ai diecimila euro per allestire una casa in legno a due piani con sopra le stanze da letto e sotto la cucina e il salotto. Devo ringraziare gli amici e le persone che mi sono stati vicini, I familiari grazie ai quali ho messo in piedi il posto in cui vivo».
Qual è il ricordo più bello che ha della sua casa – barca?
«Il film che ha girato la figlia di Carlo Mazzacurati, Emilia. “Billy” è andato in concorso alla mostra del cinema di Venezia quest’anno. A casa mia giravano attori famosissimi come Gassman e Battiston, un momento indimenticabile, anche se per una settimana ho dormito tre ore a notte visto che la troupe lavorava non stop, giorno e notte».
Com’è la vita sociale sulla sua casa – barca?
«Incontro sempre tante persone. Andiamo insieme a pescare carpe e anguille, poi spesso incrociamo quelli della Delta tour che portano le persone sull’acqua fino a Tencarola, poi ci sono i tedeschi che passano in bicicletta e che a volte si fermano. Una vita sociale davvero intensa».
Esce in barca anche al di fuori dal Bacchiglione?
«Partecipo sempre al Redentore (Festa nel bacino di San Marco, a luglio, NdR), per me è un appuntamento fisso, poi usciamo a pesca in mare in diverse occasioni».
La casa-barca ha un nome?
«Paron del Bacchiglion. Non ho antenna tv, a me la televisione non serve».
Quante barche possiede?
«Al momento tre barche. Le rimettiamo a posto e le rivendiamo, alcune le uso un po’ e poi le cedo».
Se dovesse definire la sua vita con una parola, quale userebbe?
«Libertà. Bisogna vivere per sapere cos’è l’acqua e io mi sento la persona più libera di tutte facendo questa vita. Era esattamente quello che volevo».
Il commento
di Carlo Crovella
Ammiro scelte esistenziali come questa. Le ammiro e le rispetto, forse addirittura in certi momenti le invidio un po’. Ma non le ho mai abbracciate perché, in fondo, non mi appartengono. Il concetto di “libertà” non è assoluto, come spesso si sente sostenere, ma è molto soggettivo. Per me essere libero è girare a piedi nel mio quartiere, sedermi su una panchina in riva al Po (un fiume, guarda caso…), leggere Hemingway cullato dalla brezza, assaporare un caffè corposo nel baruccio abituale. Alla domenica scorrazzare nell’arco alpino disegnato a compasso introno a Torino. Però, poi, avere la mia tana e i miei valori: il lavoro, la famiglia, i figli. Sono un bougia-nen, quella lì è la mia natura e ne consegue il mio concetto di libertà. Però ognuno ha la sua, di libertà: basta essere coerenti e non pretendere ciò che non può esser compreso nella “propria” libertà. Se vuoi una famiglia, difficile vivere come questo personaggio. Ma se la tua natura è quella, fai bene a vivere così.
Mi ritrovo nel commento finale di Crovella: scelta da ammirare, ma non mi appartiene.