In città le temperature sono più alte che altrove: è il fenomeno dell’isola urbana di calore. La cementificazione del territorio impedisce a piante e suolo di regolare la temperatura dell’aria. Dal soil sealing al calore antropogenico, le cause sono tutte legate alle attività umane.
Perché in città fa più caldo che altrove
di Elena Gogna
(pubblicato su lifegate.it il 19 luglio 2024)
Chi amministra città caratterizzate da aree verdi ampie e numerose può sentirsi sollevato, ma chi deve gestire città grigie e sterili può trovare diversi spunti dalle parole che seguiranno.
L’effetto isola di calore urbano, dall’inglese urban heat island effect (Uhi), è un fenomeno climatico in cui le aree urbane o metropolitane sperimentano temperature significativamente più elevate rispetto alle aree rurali circostanti, addirittura fino a 5 gradi Celsius (°C) in più. Questa differenza di temperatura è dovuta a una combinazione di fattori legati all’urbanizzazione, alle caratteristiche strutturali e materiali degli ambienti urbani e alle attività umane, come emerge dalla ricerca dell’università di Napoli Federico II, “Città e climate change, la vulnerabilità delle aree urbane alle isole di calore”.
Perché in città fa così caldo e cosa c’entra l’evapotraspirazione
La presenza dominante del cemento e l’assenza di piante in contesti urbani sono i due fattori principali che portano alla mancata evapotraspirazione degli elementi naturali. L’evapotraspirazione è quel fenomeno naturale tale per cui, in condizioni normali, il suolo evapora e le piante traspirano, facendo evaporare l’acqua, che dalla terra torna in atmosfera.
Nel concreto, le piante assorbono acqua dal suolo grazie alle radici e, attraverso i canali linfatici, viene trasportata alle foglie. Dal mesofillo fogliare, l’acqua passa dallo stato liquido a vapore, diffondendosi nell’atmosfera attraverso gli stomi, le aperture presenti sulla superficie delle piante, questo fenomeno si chiama “traspirazione” (T). Il suolo, invece, rilascia acqua per “evaporazione” diretta (E). La somma della quantità d’acqua persa dal suolo per evaporazione e dalle piante per traspirazione costituisce il fenomeno dell’evapotraspirazione (ET). Questo importante passaggio di stato dell’acqua, da liquido a gassoso, fa sì che la temperatura dell’aria si abbassi, poiché attraverso l’evaporazione si ha un importante perdita di calore. Ma la ridotta presenza di alberi, parchi e altri spazi verdi riduce l’effetto di raffreddamento naturale garantito dalle piante. C’è poi un altro fenomeno in città, un aspetto che quasi le definisce: la cementificazione (soil sealing). Le aree urbane hanno un’alta concentrazione di superfici impermeabili come cemento, asfalto ed edifici, che distruggono, o comunque coprono, il terreno, letteralmente “tappandolo”. Dalla metà degli anni Cinquanta, la superficie totale delle città in Europa è aumentata del 78 per cento, contribuendo notevolmente all’impermeabilizzazione del suolo e ai suoi effetti negativi.
Inoltre, l’acqua piovana non viene assorbita, né rilasciata dal suolo, e per questo deve essere “gestita”: le aree urbane spesso dispongono di sistemi di drenaggio efficienti che rimuovono rapidamente l’acqua piovana dalle strade, riducendo ulteriormente la quantità di acqua disponibile per l’evapotraspirazione.
Meno escursione termica tra giorno e notte
Come emerge dallo studio “The urban heat island effect, its causes, and mitigation, with reference to the thermal properties of asphalt concrete”, pubblicato sul Journal of environmental management, la cementificazione e l’edificazione tipiche delle città hanno un’altra grande conseguenza: la riduzione dell’escursione termica, e quindi dell’abbassamento delle temperature di notte rispetto al giorno. Il cemento, l’asfalto e gli edifici assorbono e trattengono il calore durante il giorno e lo rilasciano lentamente durante la notte, impedendo, quindi, il raffreddamento notturno dell’aria che invece è tipico delle zone agricole o forestali. Ciò avviene per la bassa capacità riflettente dei materiali usati in città, anche detta albedo, e per la loro elevata capacità termica: gran parte delle radiazioni solari in arrivo vengono assorbite da asfalto e cemento, immagazzinate e re-irradiate sotto forma di calore, gradualmente, durante la notte. Un esempio virtuoso e che fa capire facilmente l’importanza di materiali ad alta albedo, è Ostuni, la città bianca. Infatti, viene facile notare come in una città costruita con materiali prevalentemente bianchi e riflettenti, come spesso avviene nel Mediterraneo meridionale, come in Grecia o in Puglia, le temperature siano simili a quelle delle aree extraurbane.
Il nostro contributo diretto e i canyon urbani
A tutti questi fattori l’essere umano ne aggiunge di ulteriori: sono le fonti di calore antropogenico. Il calore rilasciato dai veicoli, dai processi industriali, dai sistemi di riscaldamento e raffreddamento e da molte altre attività umane che emettono calore in modo diretto, contribuendo all’aumento della temperatura percepita a livello locale. Più la città è densamente popolata, più queste emissioni di calore sono significative.
La progettazione delle città raramente prende in considerazione sistemi di areazione naturale, trascurandone i potenziali benefici. La geometria urbana è indirizzata verso una sempre maggiore densità degli edifici: gli edifici alti e le strade strette possono creare un “effetto canyon”, intrappolando il calore e riducendo il flusso d’aria, impedendo al calore di salire verso l’alto e dissiparsi, lasciandoci “respirare”. Un meccanismo spiegato accuratamente nella ricerca pubblicata sul journal scientifico Energy and Buildings, “An urban canyon energy budget model and its application to urban storage heat flux modeling”.
Quali sono le soluzioni per ridurre il caldo in città?
Sarà chiaro, ormai, che più spazi verdi e minore copertura di suolo aiutano ad abbassare le temperature: piantare alberi, creare parchi e tetti verdi. Anche ripensare i materiali con cui copriamo le superfici urbane sarebbe vantaggioso: tetti e marciapiedi freddi, anche per evitare ricadute sulla salute pubblica, che i governi si impegnino a promuovere la mitigazione dell’Uhi con politiche governative, incentivi, e campagne di sensibilizzazione.
Da una ricerca del Politecnico di Torino emerge che gli interventi volti a mitigare il fenomeno dovrebbero, in particolare, prendere in esame soluzioni volte a:
– Aumentare la dispersione del calore o ridurne la capacità di acquisizione nelle strutture;
– Variare le incidenze delle radiazioni solari, anche ricorrendo a diverse geometrie negli edifici;
– Ridurre le temperature, aumentando la permeabilità delle superfici e la presenza di vegetazione;
– Limitare i consumi di energia elettrica, migliorando l’efficienza energetica e diminuendo le fonti di calore antropogenico.
Quali sono le città più virtuose
New York City, USA
Tetti verdi e urban greening: New York City ha lanciato un programma di gestione di acque piovane per una maggiore evapotraspirazione urbana, ed ha incentivato l’installazione di tetti verdi, o di tetti bianchi, i Cool roofs, attraverso sgravi fiscali. Il programma incoraggia i proprietari di edifici ad applicare rivestimenti bianchi riflettenti sui tetti per ridurre l’assorbimento di calore.
Singapore
Greening urbano: Singapore è nota per le sue vaste iniziative di greening urbano, inclusa la creazione di tetti verdi, giardini verticali e strade alberate. La città mira a diventare una “Città in un giardino”, integrando il verde in tutto il paesaggio urbano.
Connettori di parchi e spazi verdi: la città ha sviluppato una rete completa di connettori di parchi e spazi verdi che aiutano a rinfrescare l’ambiente e forniscono aree ricreative per i residenti.
Bologna, Italia
Il Piano di adattamento della città di Bologna, risultato del progetto Blueap, finanziato dall’Ue con fondi europei LIFE+. Tra i diversi fenomeni del cambiamento climatico vengono evidenziate quelle riguardanti il fenomeno delle isole di calore urbano. Come si può vedere nella fig.1, per ridurre il fenomeno delle isole di calore urbano vengono sviluppate strategie, che vanno dalla tutela e valorizzazione delle aree verdi all’incremento delle superfici verdi, al miglioramento dell’isolamento e greening degli edifici.
Sempre benedette le proposte del Gogna, ma ci voleva una studio per capire che in città fa più caldo che in aree verdi? Ci vuole uno studio per comprendere che ci vogliono modelli diversi di nuclei abitativi, ben lontani da quelli proposti da qualche città che si sente avanzata?