Predatori del gas e caro-energia

Nell’ultimo anno realizzate gigantesche speculazioni sulla compravendita degli idrocarburi. Il prezzo dell’elettricità ha toccato la punta di 588 €/MWh, oltre 10 volte il prezzo medio del 2019; in Germania, nello stesso periodo, è costata 8,5 €/MWh! Il Governo ha stanziato quasi sei miliardi di euro, ma la copertura avviene a carico della fiscalità generale, a detrimento del gettito erariale. Quindi a danno dei cittadini. Questo supporto economico doveva essere erogato facendolo pagare a chi ha guadagnato oltremisura nel commercio del gas. Ma chi ha poteri di controllo sul mercato, giocava alle belle statuine. Decine di miliardi di euro rubati ai cittadini e alle imprese italiane.

Predatori del gas e caro-energia
(super profitti prima della guerra, sotto gli occhi di controllori distratti)
di Massimo Scalia
(pubblicato su italialibera.online il 7 aprile 2022)

La scellerata guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina è stata per il Governo un po’ come la campanella che a scuola segna la fine della ricreazione. Gas, Nato, armi, pensiamo alle cose serie e lasciamo gli ambiziosi obiettivi che dovrebbe avere una transizione ecologica nelle mani di Cingolani. Oddio, è come consigliare Erode per pediatra, però qui bisogna darsi da fare, andare in giro dai consueti sceicchi a mendicare idrocarburi, ed è bene portarsi dietro il capo dei mercanti nostrani. Se poi l’immagine è quella un po’ appassita di quando Agnelli accompagnava i nostri ministri, pazienza. Uhm… certo l’Avvocato aveva ben altro aplomb, anche se pure lui non scherzava quando si trattava di mungere dalla mammella dello Stato. Meglio parlare d’altro, ad esempio di fusione.

Ed ecco allora che il premier rinuncia all’abituale sussiego per strappare la scena goldoniana a quel Lelio de’ Bisognosi che è “Cingo”. Per rivestirne lui i panni, e proclamare tra cipria, nei e parrucche la fantasiosa minchiata della fusione pronta entro il “2025-2028” (Corriere della Sera Economia, 9 marzo 2022). Ma come si può ancora! E, parlando di cose serie, se, per sbaglio, si fosse dato retta ai “4 veterani dell’energia” [leggi qui], si sarebbe ingranata da un anno la marcia indietro dal gas e si sarebbe ridotta di almeno il 10%, già oggi, la dipendenza. Da tutto il gas, non solo da quello russo.

Per la nostra dipendenza dal gas, il prezzo dell’elettricità ha toccato la punta di 588 €/MWh, cioè oltre 10 volte il prezzo medio del 2019; in Germania, nello stesso periodo, è costata 8,5 €/MWh.

E sicuramente ne è avanzato dello sdegno, da quello attivato dalla piccola volpe omicida che capeggia la Duma russa. Ne è avanzato tanto quanto basta per riversarlo sull’indifferenza, per usare un eufemismo, con la quale l’apparato pubblico, dal Governo alla Tv di Stato, ha messo in non cale la questione delle questioni: il nodo energia/clima. Prima, due anni di pandemia, adesso le strazianti notizie dall’Ucraina. Non c’è rimasto spazio di informazione e di attenzione ufficiale per che cosa fare, e subito, per tentare di contenere l’accelerazione dei devastanti fenomeni climatici, mentre la Valle Padana sta attraversando una siccità mai vissuta – i fiumi ridotti a greti sassosi, e non bastano pochi giorni di pioggia – e nessuno ha pensato a un piano B per salvare, insieme al po’ di ambiente che è rimasto, colture, raccolti e lavoro. Eppure, i primi allarmi sull’inaridirsi della Val Padana risalgono agli anni ’90.

Alcune attiviste di Extinction Rebellion vestite da sirene durante una protesta contro il climate change sulle secche del fiume Po, ai Murazzi, particolarmente accentuate a causa del periodo di siccità, Torino, 17 febbraio 2022. [Ansa/Tino Romano].

E ne è avanzato di sdegno, e pure molto, per la vergognosa vicenda dei sovraprofitti sulla compravendita degli idrocarburi, realizzati nel corso dell’ultimo anno. Una vicenda che è il nocciolo duro del caro-energia, per far fronte al quale, come richiesto a gran voce da tutti i Partiti in nome di famiglia e impresa, il Governo ha stanziato una prima robusta tranche di quasi sei miliardi di euro, facendo intendere che altre ne potrebbero seguire ove necessario. Il problema è che la copertura di questa spesa avviene a carico della fiscalità generale, a detrimento del gettito erariale. In ultima analisi, quindi, a danno dei cittadini. Decenza, ancor prima che giustizia, avrebbe richiesto che questo doveroso ma costoso supporto venisse erogato a valere su quei colossali sovraprofitti, provenienti soprattutto dal gas naturale. 

Si è parlato di addirittura 40 miliardi di euro, e qualcuno ha aggiunto: “Sì vabbè, ma è un fenomeno che riguarda tutta la Ue”. E in effetti, basta guardare alle curve riportate in figura, dove è rappresentata l’impennata dei prezzi di tutti i fossili a partire dal febbraio 2021, che per il gas assume un carattere addirittura esponenziale (vedi fig. 1). Un’impennata che è culminata a dicembre scorso col prezzo di 180 €/MWh per l’Italia, che, a sua volta ha tirato su il prezzo dell’elettricità, qui da noi prodotta maggioritariamente con il gas, al record europeo di 300 €/MWh; e l’8 marzo a una punta di 588 €/MWh, cioè oltre 10 volte il prezzo medio del 2019 (anno pre-Covid).

Fonte: https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/ddn-20220225-2.

E questa è un’anomalia tutta italiana, che ha varie cause: dalla forte dipendenza dal gas al blocco di fatto, da oltre un lustro, dello sviluppo delle rinnovabili dovuto all’inazione dei Governi e alla contrapposizione esercitata da molte Sovrintendenze. Che si sono mosse come un comitato “No Fer”, come se poi contrasto a eventuali illegalità o a speculazioni criminali fosse loro precipuo compito. Fatto sta che le imprese del settore si ritrovano a dover chiedere al Governo di sbloccare, per l’allaccio alla rete entro giugno di quest’anno, la bellezza di 60 GW di fonti rinnovabili. Che stavano lì mentre le bollette salivano, salivano. E l’inflazione pure, e tanto, vanificando così una parte del rientro dal deficit che aveva iniziato a marciare a buon ritmo. 

E, se si guarda a quanto è costata in Germania l’elettricità nello stesso periodo del tristo record sopra ricordato, troviamo 8,5 €/MWh! E qui lo sdegno esonda, perché questo inaccettabile spread è figlio in gran parte dell’aver fatto fare la politica energetica nazionale all’Ente degli idrocarburi, dell’aver assecondato il gruppo dirigente dell’Eni nella proterva difesa degli interessi d’azienda a danno degli italiani e del non aver mai imposto loro un doveroso cambio di rotta. Peggio, si è corso ai ripari di nuovo salvaguardando i profitti accumulati dall’Eni, che andavano invece restituiti al popolo, sovrano e gabellato, almeno in misura proporzionale all’entità di quei sovraprofitti. Una denuncia e una richiesta che è partita anche da esponenti politici, come il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, e il senatore Gianni Girotto, che è il responsabile della “Transizione ecologica” per il Movimento 5 Stelle. 

E di fronte a questa situazione, ipostatizzata dal grafico della fig. 2 (Luigi Bidoia, Le speculazioni che hanno stravolto il mercato del gas europeopricepedia.it, 31 dicembre 2021) non si possono non condividere le conclusioni cui perviene l’estensore dell’articolo: «Se tutta la razionalità economica porta a ritenere che difficilmente il prezzo del gas in Europa possa superare in modo stabile i 60 euro/MWh, rimane sorprendente come il prezzo al TTF (Title Transfer Facility, mercato all’ingrosso del gas naturale con sede nei Paesi Bassi) possa avere registrato per un lungo periodo prezzi superiori 100 con una punta di 180. L’unica spiegazione è quella di una forte componente di operazioni speculative, dettate da decisioni basate su informazioni dell’ultima ora e una limitata razionalità economica».

Ttf = Title Transfer Facility, è, per gli operatori del settore in Olanda, un punto virtuale di commercio del gas naturale; analogo per l’Italia è il Psi (Punto di Scambio Virtuale) e per Uk il Nbp (National Balancing Point).

Quella considerazione ha pesanti implicazioni politiche. Poiché il Governo è presente come azionista di riferimento sia nel Consiglio d’Amministrazione che nell’Organo di vigilanza e, particolare non banale, detiene la “golden share” delle azioni, perché non ha fatto nulla mentre il prezzo del gas viaggiava a un livello «al di sopra di ogni ragionevolezza economica»? Si dirà: “Ma dentro quel Consiglio d’Amministrazione anche il Governo è un privato cittadino, al quale non sono accessibili informazioni sensibili sui contratti, sia di lungo termine che sul mercato spot, spesso di carattere internazionale e tutelati da vincolanti norme di segretezza”. Già, ma allora perché aspettare tanto tempo mentre il prezzo del gas assumeva quotazioni che diventavano sempre più pesanti per le famiglie e mettevano progressivamente in ginocchio interi comparti industriali? 

Il “Decreto Ucraina”, che non è un capolavoro di legislazione, prevede, tra le tante altre cose, il rafforzamento delle attribuzioni di “Mister Prezzi”, il Garante della sorveglianza dei prezzi istituito presso il ministero per lo Sviluppo economico, e soprattutto irrobustisce, all’art.7, gli obblighi informativi nei confronti di Arera (Autorità di Regolazione Energia Reti Ambiente), previsti per i titolari degli approvvigionamenti di gas per il mercato italiano. Ma interviene il 21 marzo di quest’anno, cioè oltre sei mesi dopo che il prezzo del gas aveva superato ogni ragionevolezza economica. E, per intervenire, si aspetta la guerra e l’ulteriore aggravarsi della crisi del gas (vedi, sopra, il dato dell’8 marzo).

Il ritardo nell’azione di controllo di Arera è inaccettabile per la gravità delle conseguenze già evidenti giorno per giorno ben prima dell’invasione russa. Questo ritardo ha favorito molti mesi di sovraprofitti, molti miliardi rubati agli italiani.

E Arera, che ha, in ogni caso, poteri di controllo sul mercato del gas, che faceva nel frattempo? Giocava alle belle statuine? Il ritardo nell’azione è del tutto inaccettabile, in particolare per la gravità delle conseguenze che già si leggevano giorno per giorno ben prima della scellerata invasione russa. Questo ritardo ha favorito molti mesi di sovraprofitti, molti miliardi, forse decine, rubati agli Italiani. Una volta si sarebbe detto che la lentezza del Governo e l’assenza di significative iniziative dell’Autorità garante hanno favorito “oggettivamente” il crearsi e il perdurare di quei sovraprofitti.

E qui allora tutto lo sdegno perché Mister Draghi, che ha saputo tener testa e rintuzzare i ripetuti attacchi di quel colosso che è la Deutsche Bank, ai tempi del “quantitative easing”, ma anche dopo, si fa mettere sotto da un bottegaio che piazza metri cubi di gas come un panettiere vende pagnotte. Uno che, reso strafottente dall’impunità, ha affermato a Dubai: «Europe has never thought about a strategy for its energy security» (Descalzi a Reuters, il 28 marzo). Già, se «l’Europa non ha mai pensato a una strategia per la sua sicurezza energetica», la risposta giusta da dare alle sue parole è “Disgusting”, che meglio si attaglia a uno che ha guidato l’azione dell’Eni contro le politiche energia/clima della Ue – una riduzione del 25% al 2030 delle emissioni Ghg (gas a effetto serra) e 15 GW di rinnovabili, contro i 100 della Total e i 50 della Bp! – e che la Merkel mai avrebbe accettato, giustamente, come commensale a un pranzo ufficiale.

Claudio Descalzi e Luigi Di Maio (a destra) in Congo e Angola a caccia di nuovi contratti per la fornitura di gas.

Almeno, ora, il Governo Draghi, faccia pagare a Eni e al suo management il loro comportamento predatorio e intervenga contro il caro-energia a valere su quegli indecenti sovraprofitti. Poi, se vuole continuare a tenersi un bottegaio “disgusting” come capo dell’Eni, aggiungerà ai danni quello di una totale mancanza di rispetto per la memoria di Enrico Mattei.

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