Primavera 2020

di Paolo Bursi, pubblicato su Ecochange il 22 aprile 2020

Quando le giornate ricominciano ad allungarsi, con l’inizio della primavera, a me piace riassaporare il profumo e il calore dell’aria. Appena possibile mi libero dei miei impegni e vado fuori. Mi basta vagare all’aria aperta senza una meta precisa; talvolta cammino, altre volte corro. Quello che è certo è che, immerso nella stagione primaverile, il mio cervello pensa, da sfogo a tutto quello che fino a prima era rimasto sepolto dal lavoro, dall’allenamento, dai pensieri familiari; mi affascina rendermi conto che il pensiero sia indirizzato alla risoluzione delle turbe mentali che mi passano per la mente in quel periodo.

La natura accompagna la mia esperienza di vita in ogni stagione dell’anno, mi piace l’inverno con le sue giornate corte e fredde, si può sciare, si può scalare, si può camminare, si può fare quasi ogni attività, indipendentemente dal tempo atmosferico. È proprio durante le brutte giornate dove la neve si accumula su strade e pendii che capisco quanto sono fortunato a poter sciare sulla neve fresca in mezzo al bosco. La perturbazione rappresenta la freccia dell’arco che prima di essere scoccata viene caricata all’indietro.

La bufera non ti ferma se hai la primavera dentro. Foto: Paolo Bursi

Mi piace l’autunno che con le sue tiepide e pallide giornate mi permette di godermi gli spazi naturali vicino a casa, le montagne e le colline nostrane, che in queste giornate assumono dei riflessi che neanche la miglior macchina fotografica è in grado di cogliere. La nebbia, tipica in questa stagione, altro non è che una porta, varcata la quale si manifesta l’autunno in tutta la sua interezza. Gli odori della natura che si avvicina al lungo riposo invernale, sono un segno di speranza per il futuro, di sicurezza che anche questo periodo si supererà e tornerà il sole, non più pallido ma progressivamente più vivo e risplendente.

L’estate probabilmente non dovrebbe neanche essere descritta, credo che rappresenti la stagione bella per antonomasia, l’estate è il classico periodo in cui si deve godere per quello che si ha, ma sempre nella testa deve rimanere il concetto che sia caduca. In questo periodo tra mare e montagna ci si diverte alla grande, il riuscire a ottenere il massimo da ogni giornata rappresenta il più grande valore per ogni persona.

Penso che la stagione che più di tutte meriti attenzione sia la primavera. Perché la primavera rappresenta il periodo di crescita, il periodo prima della maturità estiva. È durante la primavera che si definiscono i valori e i motivi che determinano il senso della vita della persona, e se la primavera viene costantemente alimentata, è probabile che non si arrivi mai all’estate, mantenendo sempre alto il desiderio e la ricerca di arrivarci.

 

In questo momento di reclusione obbligata in casa, ripenso alle mie primavere, devo dire che sono contento di tutte le mie primavere passate, ma in questi giorni una più di tutte mi torna in mente.

 

Primavera 2018, mi dedico all’università, mi dedico alla scrittura, mi dedico allo sci, all’arrampicata e alla vela. Qualunque attività facessi era un successo, dormivo poco perché la sera facevo tardi tra allenamento e amici, la mattina “dovevo” svegliarmi presto per riuscire ad essere in clinica in orario. Spesso prima della clinica andavo a fare una “pellata” (giro con gli sci da sci-alpinismo) prima dell’alba. Avevo talmente tante cose da fare che dormire era l’ultima. Le congiuntive arrossate rappresentavano la norma, il collirio era il mio miglior compagno di risveglio.

Ricordo ancora che durante il weekend, quando non lavoravo, riuscivo ad andare a sciare al mattino e a scalare dopo. La grossa novità dell’anno però, era rappresentata dalla barca a vela, insieme al mio amico e collega Stefano (d’ora in avanti Bonnie), decidiamo di iscriverci ad un corso per prendere la patente nautica. Ci innamoriamo della materia, soprattutto della vela. Un’unione di tecnologia, esperienza, conoscenza e competenza tutto calato all’interno della natura. Iniziamo a veleggiare nei bei laghi del trentino, grazie ad alcuni nostri amici, Mauro l’armatore, Claudio il guru e Cecio, compagno alle prime armi proprio come Stefano e me. Durante la primavera siamo in prossimità dell’esame per diventare capitani e abbiamo l’occasione di fare qualche giorno in mare Adriatico. Non perdiamo l’occasione.

Il ponte del 25 aprile lo passeremo in Croazia, in mezzo al mare, su un bellissimo Sun Odissey da 64 piedi. L’equipaggio è formato da 10 persone, di cui i due skipper sono Qualbico il nostro istruttore del corso e Claudio.

Arriviamo al porto di Pola nel primo pomeriggio di venerdì 20 aprile. Sbrighiamo le pratiche burocratiche per il noleggio (o meglio la locazione) e prepariamo la barca.

Tutto è sistemato, ci godiamo il tramonto con delle bollicine e il classico pasto per evitare il mal di mare -a detta del Qualbico – crostini burro e acciughe.

Molleremo gli ormeggi con l’imbrunire.

 

La mia prima esperienza in mare, e subito iniziamo con una notturna, che figata.

 

Mi ristudio la segnaletica luminosa, e il Qualbico definisce i turni. Saremo in 2 (uno al timone e uno alle vele) con uno dei due skipper sempre disponibile. Turni da un’ora e mezza e dormite da 4-5 ore.

Il mio turno è alle 10 di sera e alle 4 e mezza del mattino.

Mi riposo in preparazione del turno, inizierò al timone.

Non ho mai preso il timone di una barca più grossa di 10 metri, e qui si parla di più di 16 metri.

La differenza è tantissima, perché oltre alla lunghezza (più del 50% in più rispetto al massimo che avevo timonato), quello che fa una sostanziale differenza è la larghezza (baglio) che è più del doppio.

La barca dalla testa dell’albero. Foto: Paolo Bursi

Mi vibra l’orologio, è il mio turno, esco dalla cabina dove ho cercato inutilmente di prendere sonno. Prendo la ruota del timone, stiamo entrando nel Quarnaro, la zona di mare appena a sud della penisola istriana. Superata l’ultima fascia di terra comincia a salire il vento, 15 nodi e dopo poco 20-25-30 nodi, il picco si ha a 32 nodi, poi la velocità del vento si assesta attorno ai 25.

Ottimo.

Andando solo a vela riusciamo a tenere quasi i 10 nodi (un po’ meno di 20 km/h), una velocità incredibile per una barca a vela da crociera.

Pare impensabile che si faccia di tutto per essere velocissimi durante la vita lavorativa, e poi in vacanza si sale su un mezzo che quando va veloce supera di poco i 15 km/h. Però la costante è l’efficienza, sia nel lavoro che nella vela (e non solo), si ricerca la massima efficienza con il minimo sforzo; mi piace parlare di efficacia.

Il timone è molto sensibile, tenere la rotta corretta mantenendo le vele performanti non è facile al buio, devi sentire il rumore del vento sulle vele, devi sentire la fluidità dell’imbarcazione sulle onde. Il consiglio dei vecchi lupi di mare è di prendere una stella come riferimento, traguardarla su una sartia (corda metallica che sostiene l’albero), e seguirla per una decina di minuti. Poi si passa ad una nuova stella. Il consiglio è guardare la bussola il meno possibile, perché perdi di vista il mare che ti circonda.

Il vento continua a salire, si veleggia alla grande, stiamo andando al lasco, il vento ci entra dal bordo di sinistra e siamo molto veloci, mi sto proprio divertendo, sul più bello scatta il turno. Devo cedere il timone a Bonnie. Io andrò alle vele e Mauro andrà a dormire.

La notte ci abbraccia in tutta la sua oscurità e il mare ci abbraccia nella sua immensità, solo le stelle illuminano il cammino e qualche faro lampeggia all’orizzonte. Manca la luna, il buio è pressoché totale.

Solo adesso che sono alle vele riesco a godere dello spettacolo che mi sta offrendo la natura. Prima al timone c’era una tensione non da poco.

Io uomo di montagna, sto capendo che forse non solo la montagna dà risposte, anche il mare è in grado di travolgerti con la sua bellezza, ed è tutto appena iniziato.

Il vento è costante, le vele sono ben regolate. Posso continuare a godere della veleggiata notturna, fino al cambio.

Adesso si dorme.

Imposto la sveglia, bellissima la sveglia dell’orologio che svolge il suo compito senza infastidire i compagni di cabina.

Ripenso alla nostra navigazione, mi sembra di essere in un sogno, non sono mai stato un fan dell’acqua, e la mia acquaticità è molto bassa. Ma qui è tutto diverso, unire le nozioni studiate alla pratica è la parte più affascinante dell’esperienza umana.

Sto sicuramente sognando.

Vibra il braccio, è il mio turno. Devo essere rapido a svegliarmi, il timone non si regola da solo. Esco dalla cabina, salgo in coperta. Il vento mi sferza la pelle che sta ancora cercando il caldo letto.

La notte è ancora fonda, forse non riuscirò a vedere l’alba.

La navigazione procede fluida e piacevole, con il vento da nord-est sempre costante e veloce. Cominciamo a scorgere i fari di alcune isole. E vediamo i segnali luminosi dei pescherecci in mare aperto, meglio starci alla larga, finire sopra le loro reti non è per nulla piacevole.

Le ore passano e la navigazione procede, capisco perché il velista si innamora della barca a vela; è una figura sovrapponibile all’alpinista, sempre alla ricerca dell’avventura, del viaggio, dell’esperienza da ricordare e, se vuole, da raccontare. Esiste la sfida con gli altri, ma poi se ci pensi ti rendi conto che è inutile. “Se sfidi gli altri sei sempre solo, se sfidi te stesso sarai circondato da chi ti sostiene”. Uno non potrà mai essere sempre e costantemente il più forte o il migliore, ma si può cercare di essere migliori del sé stessi di 6 mesi prima.

Scatta il turno. Dovrei tornare in cabina, ma manca mezz’ora all’alba.

Non voglio perdermela. È deciso riposerò sul ponte, fino all’alba.

Voglio godere di tutto quello che la natura può offrirmi.

 Sonnecchio sul ponte, mi proteggo dal vento con il goretex che uso per sciare. Penso che dormire sul ponte sia una delle più belle esperienze che si possano fare in barca. Il vento di passa sopra, la barca ti culla e riesci a godere di ciò che ti circonda.

Il cielo comincia a schiarire, mi piace sempre l’effetto che crea l’alba, buio verso ovest e progressivo chiarore da est.

Gli stessi colori li vedi in montagna, ma lì il più delle volte hai una parete, o comunque vedi sorgere il sole dalla montagna.

La prima alba in mare non si scorda mai. Foto: Paolo Bursi

Sul mare è diverso, simile ma non sovrapponibile, il sole nasce tra mare e promontorio roccioso. Un caldo punto rosso si mostra a noi con una rapida lentezza, fino a diventare una rossa palla infuocata.

Stupendo vedere come il paesaggio si apre ai nostri occhi, isole a sinistra e mare a destra. Tutta la ciurma si alza, prepara la colazione e ascolta le lezioni del Claudio e del Qualbico.

Non riesco a capacitarmi di come siamo riusciti a unirci bene in così poco tempo. 10 persone tra di loro sconosciute o quasi che lavorano, parlano e discutono come se fossero un team super rodato da anni e anni di esperienze.

Forse questo è un aspetto che manca alla montagna, in montagna hai la tua cordata e non esiste altro, ci sono amici, ma ci si riabbraccia in vetta o alla fine del ritorno. In barca invece in ogni momento, anche nel più difficile hai sempre un compagno su cui puoi e devi contare. Non si può essere soli in barca.

Ti puoi ritagliare i tuoi spazi di solitudine necessaria, ma sono momentanei.

Lo spirito di adattamento è necessario per riuscire a godere delle bellezze della barca, non è come una barca a motore, non è uno yacht.

Barca a vela vuol dire avventura e scoperta. Ovviamente esistono gli aperitivi e i momenti di svago, ma non è questo il primum movens.

Nei giorni successivi tra rade, spiagge, isolette e porticcioli ho avuto la conferma della magia della barca a vela. Abbiamo girato per tutte le isole della parte nord della Croazia. Il rientro è duro, ma motivante per riuscire a tornare ancora di più in mare. E andare sempre di più all’aria aperta.

Questa vacanza ha permesso di affinare le mie competenze veliche e nautiche in generale. Grazie anche agli aiuti dei più esperti siamo riusciti a prendere la patente nautica, un percorso lungo, non sempre facile, che però ha rappresentato solo l’inizio delle nostre avventure in mare.

Ripensando a quella primavera, capisco che il percorso che sto facendo nell’immergermi nella natura è stato molto edificante e lo continua ad essere. Mi addolora pensare di non poter godere di queste meraviglie, ma penso che in realtà la primavera sia sempre dentro di noi.

Primavera

Non conta l’età e non conta il sesso, non conta il luogo e non conta la situazione che stai affrontando, se una persona vive sempre in primavera, riesce a godere delle bellezze che gli vengono offerte ogni giornata e che riesce a crearsi di volta in volta. In qualunque luogo, in qualsiasi momento si sia, se cerchi la primavera prima o poi lei ti busserà alla porta.

Non è una questione di se, ma solamente una questione di quando.

Quest’anno la nostra primavera non la troveremo al di fuori, ma al contrario dentro noi stessi. E ci permetterà di arrivare all’estate ancora più preparati. Ricordando sempre che non è l’estate la stagione più bella, lei ci accompagna all’autunno, è la primavera la stagione che ci stimola ad essere migliori di quelli che eravamo il mese precedente.

Teniamoci la primavera, dentro.

More from Alessandro Gogna
All’ombra del Po
Un indice di pietra che graffia il cielo al punto da dominare...
Read More
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *