Il progetto Stelvio Natural Skimo Trails entra nel vivo e inaugura il suo anno zero, al suono di quattro parole chiave: collaborazione, sensibilizzazione, sostenibilità e necessità.
di Sara Canali

La stagione zero del progetto Stelvio Natural Skimo Trails è finalmente iniziata e promette di tramutarsi in un modello virtuoso e di alto livello che amplia e completa l’offerta invernale del territorio dell’Alta Valtellina. La sua genesi si deve a un’associazione locale, la Bormio Skimo, che durante il periodo Covid ha avuto l’intuizione di tracciare degli itinerari dedicati allo scialpinismo per permettere alla valle di ospitare un pubblico nuovo che ha trovato in questa disciplina una crescente passione. Da allora sono passati diversi anni e numerosi passi avanti sono stati fatti, dando vita a una rete di collaborazioni unica che unisce diversi attori del territorio verso un obiettivo condiviso. Oggi si contano quattro itinerari tracciati, con risalita nel bosco e discesa in pista.
A raccontarlo è Veronica Mazzola, direttrice marketing della Società Multiservizi Alta Valle Spa. “In un progetto di questo tipo, la grossa difficoltà era in primis capire come gestire le responsabilità e poi, non meno importante, scardinare quella mentalità secondo la quale lo scialpinista è un essere libero che non deve pagare niente per svolgere la sua attività e a cui non bisogna dire cosa fare. Da skialper appassionata quale sono, mi sento di dire che non funziona esattamente così”, dice. Una delle occasioni per presentare il progetto ad appassionati e operatori sarà Skimofestival, il primo festival dello scialpinismo in Italia, in programma dal 7 al 10 febbraio a Santa Caterina Valfurva.

Un’offerta per il territorio
Per Bormio e tutta l’Alta Valtellina, questo progetto è molto importante perché, in virtù di come stanno cambiando gli inverni, la possibilità di poter offrire un’alternativa organizzata allo sci alpino e complementare al turismo di massa riesce a completare il panorama dell’offerta. “Il nostro territorio è inserito nel Parco Nazionale dello Stelvio, immerso nella natura, e offre molte altre possibilità rispetto al solo sci alpino. Sempre più spesso i turisti d’inverno prendono l’impianto, sbarcano in altura e si guardano intorno sul cosa poter fare che non sia lo sci alpino. Avevamo bisogno di dare loro una risposta. Sulle basi che erano state gettate dal gruppo Bormio Skimo siamo andati avanti, sempre in sinergia con loro, e abbiamo approfondito e cercato di fare una sintesi tra tutti i vari aspetti”.
Quello che è successo è che le varie istituzioni coinvolte, gli stakeholder, la comunità montana, il consorzio forestale e ancora il Parco Nazionale dello Stelvio e le Società degli impianti si sono tutti seduti intorno a un tavolo per capire come lavorare insieme. “Il progetto nasce con la volontà di mettere a sistema e regolamentare dei percorsi di scialpinismo gestiti nei pressi delle aree sciabili, adatti a tutti, quindi che permettano la risalita in un ambiente incontaminato, che però assicuri la discesa in pista. In questo modo, si eliminano le difficoltà de neofiti, ma soprattutto si ovvia al problema neve”, continua Veronica. “La carenza neve è uno dei problemi che ci affliggeranno sempre di più nei prossimi anni e poterci appoggiare alle società degli impianti che innevano le loro piste ci permette di offrire attività di scialpinismo durante tutta la stagione, e questo è un vantaggio e un grandissimo aiuto per tutto il sistema”.

Questione di responsabilità
Una delle maggiori complessità del progetto risiede nel capire come gestire le responsabilità. “Quello che abbiamo fatto noi è stato prendere accordi con le società degli impianti in modo tale che ci dessero l’ok a far arrivare gli scialpinisti in un determinato punto da cui potessero scendere in pista. E noi ci siamo presi in capo la gestione del percorso di salita, che rimane completamente fuori dai tracciati battuti. Ci siamo presi in capo la responsabilità sia della gestione sia del mettere in sicurezza il percorso con tutto un discorso di preparazione e tracciamento dei percorsi”.
Una responsabilità condivisa, dunque, che si erge a modello e con cui Multiservizi Alta Valle Spa e Bormio Skimo vorrebbero interloquire con regione Lombardia per dare vita a una proposta di legge. “Tutto è partito da un parere legale che era già stato fatto nel 2023 che abbiamo rivisto e integrato. Per andare a creare queste possibilità di percorsi in collaborazione con le società impianti, il requisito minimo necessario è che la società stessa sia d’accordo. Per fare in modo che ci sia questa divisione di responsabilità è necessario che lo scialpinista rispetti gli orari di apertura e chiusura degli impianti, le regole generali come avere un’assicurazione RC, il fatto di avere lo ski stopper e quant’altro”.

I quattro percorsi
Bormio 2000 – La Rocca
Percorso di allenamento per gli atleti, ideale per chi vuole ritrovare amici e familiari sulle piste da sci di Bormio. Tra i percorsi gestiti, non poteva mancarne uno nella località dove si svolgeranno le prime Olimpiadi di scialpinismo. Salita a Bormio 2.000 tramite arroccamento in funivia e un percorso che si snoda quasi interamente nel bosco fino alla Rocca. Da lì, lo scialpinista esperto ha la possibilità di sfruttare una pista chiusa tra la Rocca e il Cimino. Come per tutti gli altri percorsi, la discesa avverrà per le piste del comprensorio di Bormio.
Forte di Oga – Malga di San Colombano
In Valdisotto, San Colombano è una delle zone più battute per lo scialpinismo. Il suo versante solivo la mattina e il panorama mozzafiato che si può ammirare sulla Valle dei Forni con l’imponente Gran Zebrù è meta degli scialpinisti. Il percorso “gestito” individuato parte dal Forte di Oga (con la possibilità di partire dalle Motte in condizioni di buon innevamento) e sale fino alla Malga San Colombano. Da qui gli scialpinisti esperti possono decidere di proseguire fino al Monte Masucco oppure, in condizioni di neve stabile, alla Chiesetta al Dosso le Pone.
Santa Caterina – Plaghera
La Valfurva è il paradiso del freetouring immerso nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. La “Linea” è un percorso ben conosciuto agli scialpinisti e il nostro progetto, in collaborazione con la Società Impianti Santa Caterina, permette una risalita all’interno del bosco partendo dalla pista di sci di fondo e un arrivo a Plaghera a 2.000 metri di quota. Da qui, gli scialpinisti esperti o accompagnati da una Guida possono proseguire sulla Strada del Gavia innevata e arrivare fino al Sunny Valley o al Sobretta. Questo percorso sarà teatro di molte delle experience di Skimofestival.
Rasin Isolaccia – Conca Bianca
In Valdidentro, sul versante esposto a nord della Alta Valle, si snoda un nuovo percorso di scialpinismo. Con partenza dal centro Polifunzionale Rasin, dove è disponibile un ampio parcheggio, superando la pista dello sci di fondo, il percorso risale nel bosco di Fogarola fino a incrociare e seguire la strada di Fochin e arrivare in zona delle piste del comprensorio. L’ultimo tratto risale nel bosco in direzione del Monte Massuco, fin sopra il Ristoro Conca Bianca dove si incrociano le piste e si può intraprendere la discesa sulle piste di Isolaccia fino alla partenza della cabinovia da dove si ritorna facilmente a Rasin.
L’intervista
Per andare più in profondità nell’iniziativa, abbiamo parlato con Marco Colombo, project manager di Società Multiservizi Alta Valle

Il progetto dei Stelvio Natural Skimo Trails possiamo definirlo molto coraggioso. Qual è la reazione degli scialpinisti che si definiscono più puri?
Non direi coraggioso, direi l’unico modo possibile. Se guardiamo al nostro territorio, quest’anno tra dicembre e gennaio non c’è stata alcuna possibilità di sciare fuori pista poiché ha nevicato davvero poco. Bisogna guardare in faccia alla realtà e vedere come il cambiamento climatico sta segnando i nostri inverni e accettare il fatto che se vogliamo continuare a praticare lo sport che ci piace, dobbiamo trovare altre vie. Sempre più, se anche riusciamo a risalire fuori pista, poi è necessario appoggiarci alle piste con neve preparata per poter ridiscendere. Oggi lo scoglio più difficile che stiamo cercando di superare è quello di far comprendere allo scialpinista che le piste preparate non sono “il nemico”, ma anzi possono permetterci di continuare ad andare con le pelli durante tutto l’inverno.
A che punto siamo del progetto e quanti sono i tracciati che avete identificato?
Parliamo di quattro percorsi, uno per ogni comprensorio: Santa Caterina, Oga, Bormio 2000 e a Isolaccia. I primi due, Santa Caterina e Oga, ricalcano dei percorsi già esistenti, anche se in realtà quello di Oga è stato rivisto da Bormio Skimo negli ultimi anni per non toccare le piste. La grande sfida è stata quella di creare un itinerario a Bormio 2000, il regno dello sci alpino. Le piste di Bormio, sia per il fatto che sono molto ripide e anche molto strette, erano assolutamente impossibili da praticare, tant’è che nessuno scialpinista si era mai avventurato su quei percorsi di Bormio, salvo rarissime occasioni. Siamo riusciti a dare vita a una risalita impegnativa, ma molto sfidante ed emozionante. Sul comprensorio di Val di Dentro invece c’è un percorso sul versante opposto con uno sviluppo abbastanza lungo, con un dislivello di circa 700 metri. A metà gennaio abbiamo fatto l’inaugurazione del nostro anno zero.
Cosa prevede questa prima fase?
Dal 23 gennaio, sono in programma quattro mattine di presentazione su invito, ognuna dedicata a un percorso con la volontà di raccontare alla gente del posto e agli appassionati delle seconde case la genesi di questo progetto. Intanto abbiamo piazzato la cartellonistica base che illustra gli itinerari e installato le colonnine di Artva Check alle partenze.
Come si accede ai tracciati?
Alla partenza di ogni percorso abbiamo posizionato una bacheca informativa con i dettagli e il regolamento. Scansionando un QR Code si accede alla pagina del tracciato dove si possono trovare, in tempo reale, le informazioni sulle condizioni attuali. Insieme alle Società Impianti stiamo definendo la possibilità di acquistare un biglietto che, oltre a dare l’accesso al percorso di risalita, garantisce la possibilità di prendere una cabinovia, dunque un arroccamento al giorno su uno dei quattro comprensori.
Se dovessi dirmi le parole chiave di questo progetto, quali sceglieresti?
Direi in primis collaborazione, poi sensibilizzazione e sostenibilità che terrei unite e infine necessità, ovvero il fatto che ci sia un bisogno di creare una soluzione per diversificare l’offerta e garantire a tutti la possibilità di svolgere l’attività sportiva che amano.
Avete coinvolto, oltre a istituzioni e impianti, anche altre aziende locali?
Assolutamente sì, a cominciare da Ski Trab, azienda che ci ha dato un supporto concreto fin da subito e ce ne darà in futuro. Con loro, per esempio, dal 13 al 16 marzo 2025 abbiamo organizzato la prima edizione della Ski Trab Academy. Un noleggio del territorio ci ha spalancato le porte per quanto riguarda una convenzione con i tracciati. Oltre a questo ci sono tante relazioni che vogliamo costruire.
Questo NON è scialpinismo. Premesso che non mi interessa a titolo personale, se non forse per occasioni limitate e molto particolari (e di curiosità per vedere sul terreno che sensazioni mi dà una disciplina del genere), almeno chiamatelo con un nome “diverso” da scialpinismo. Vale lo stesso concetto che ho espresso pochi giorni fa per lo scialpinismo agonistico: non lo capisco, lo trovo una belinata, ma se a qualcuno piace, lo pratichi pure (almeno finché non diventerà elemento di eccessiva antropizzazione e quindi di inquinamento delle montagne). Ma togliete a tutte queste sottospecie di scialpinismo il termine “scialpinismo”: chiamatele Pippo, Paperino, Pluto, ma NON scialpinismo. Lo scialpinismo, ovviamente il “vero” scialpinismo) è un’altra cosa, è molto più eletta ed elevata sia intellettivamente che come disciplina sportiva. Per cui non mischiate la “m” con il risotto, come diciamo a Torino.
In effetti…
sci-escursionismo, come lo vedi?
Servisse a tener fuori un po’ di persone dal circo Barnum dello sci di pista e magari accendere il loro una scintilla di curiosità per qualcosa di differente, potrebbe non essere una cattiva cosa, però.
Se l’iniziativa, come a Gressoney, prevede parcheggio a pagamento (7 euro) e biglietto per impianti (15 euro), tanti saluti e auguri. Prendessero esempio da Monginevro o da Prali piuttosto!
Tralasciando la sterile e snobistica discussione su come chiamarlo (salire la Dourmillouse o Cima bosco è scialpinismo? In USA il fenomeno descritto è definito “uphill in the snow”)
trovo che sia un’ottima iniziativa. In un documento riservato del 2021 per la Regione Piemonte sulle prospettive del turismo post pandemia lo raccomandai come alternativa sostenibile e necessaria nei comprensori sciistici. Ovviamente lo studio ha fatto la fine che fanno di solito: il fondo di un cassetto.
E’ innegabile che da qualche anno sia aumentato il numero di persone che per svariate ragioni (tempo limitato, conoscenze, scarsa propensione al rischio, semplice desiderio di attività fisica) preferisce risalire a fianco delle piste o sfruttando strade innevate e raggiungere magari un rifugio, trascorrendo tempo all’aria aperta, godendo dell’ambiente invernale senza stress (Mautino e Gimont in valle di Susa sono esempi perfetti). Non è scialpinismo? Chìssene. Ma penso che sia miope da parte di chi amministra comprensori o paesi non accorgersene anziché fare di tutto per favorirlo. Oltretutto questi percorsi attrezzati rappresentano un’occasione per fare educazione e diffondere la cultura della sicurezza e del rispetto della montagna
Sci escursionismo è una definizione già appannaggio (dagli anni Settanta almeno) di quella attività con uso degli sci da fondo, ma svolta fuori dalle piste da fondo. Quindi NON andrebbe bene. Bisogna proprio coniare un nome completamente nuovo (nota: SKIMO è l’abbreviazione di Ski Mountainering, che è la versione internazionale di “scialpinismo”, quindi NON va bene).
Sì salire la Dormillouze e anche Cima Bosco è “scialpinismo” a tuti gli effetti, perché, se le fai in ottime condizioni, possono risultare facili e tranquille, ma ciò nonostante l’inghippo è dietro l’angolo (un infortunio, il cambio del tempo, alla Dormillouse – se stai troppo sotto la cresta di confine – puoi anche staccare eventuali lastroni e finirci sotto).
Insomma la differenza è fra muoversi in campo aperto (anche su terreno che, in condizioni ottimali, è facile, ma incorpora sempre un implicito e insidioso rischio) e muoversi su percorsi “tracciati”. Si presume che tali percorsi, con tanto di cartello e colore che indica la “difficoltà”, siano manutenuti e costantemente verificati (immagino che, se ci sono condizioni di pericolo, chiudano i relativi tracciati).
Il nostro comune amico Gogna sostiene, giustamente, che è concettualmente sbagliato parlare di GITE di scialpinismo, perché il termine GITA, che incorpora in sé a un atteggiamento scanzonato e rilassato, mal si adatta allo scialpinismo (quello tradizionale) che, dice lo stesso Gogna, è la disciplina più pericolosa e insidiosa fra quelle praticabili in montagna. Concordo pienamente con Alessandro e il termine “scialpinismo”, se riferito all’attività tradizionale, ci sta tutto, perché in OGNI METRO, anche quelli tecnicamente facili e banali, ci vuole sempre intuito, senza della montagna, capacità decisionali immediate ed esperienza da vendere. Nello Scialpinismo la testa “gira” sempre e ragiona a ogni centimetro.
In questa attività qui (quella dell’articolo) non è necessaria la testa che “gira” a dovere, ma ci vogliono solo dei garretti belli pimpanti, a tutto il resto pensa chi si occupa del “centro sportivo”. Non voglio togliere ai garretti il piacere di provarsi in questi centri sportivi, ma il “resto”, tutto quello che qui manca (cioè la testa che “gira” a dovere), è ciò che rende lo Scialpinismo una cosa completamente diversa (e ovviamente più eletta e selettiva sul piano cerebrale) rispetto a questo sport qui. Questo qui è solo sport (dignitoso, legittimo, rispettabile) ma è solo sport, mentre lo Scialpinismo è una disciplina che prevede infinite componenti, di cui quella sportiva e una e, molto spesso, la mano importante. In ogni caso si tratta di due “cose” diverse per cui sarebbe meglio chiamarle con nomi completamente diversi. Chi non ci arriva non è molto sveglio di suo.
Che poi sia meglio un luogo attrezzato per pseudo-scialpinisti piuttosto che l’ennesima stazione sciistica, con impianti e cannibali vari, non ci piove, ma non credo che questo sia un motivo per chiamare questo sport utilizzando allusioni allo scialpinismo.
Una volta mi sono beccato una risposta piccata da una vegana perché avevo osservato che chiamare carbonara una pasta senza il guanciale e le uova proprio non si poteva. Mi fece notare che non poteva chiamarla ogni volta “surrogato di pasta alla carbonara fatta con…”.
Concordo che lo scialpinismo è altro, che richiede tutta una serie di nozioni, studio, attenzione. Ma capisco che per comodità e non dilungarsi in infinite distinzioni, in un articolo lo si possa definire “scialpinismo” anche se vi fa storcere il naso.
Si tratta semplicemente, per come la vedo io, di offrire un’opportunità a coloro che per le ragioni che ho detto prima non sanno o non vogliono addentrarsi in percorsi veri e impegnativi
Non sono affatto contrario a questo “centri sportivi” e sono felicissimo se ex pistaioli passano le loro giornate in questi contesti piuttosto che ad abbruttire in code kilometriche suigli impianti di risalita. Ma la terminologia è importante proprio per questi utilizzatori (=ex pistaioli) che NON posseggono i nostri prerequisiti e NON sanno cosa sia lo Scialpinismo, quello con la maiuscola. Se NON usiamo due termini completamente diversi, questi ex pistaioli si abituano che “scialpinismo” sia salire e scendere per tracciati verificati e controllarti… e quindi, senza pensarci su, passano allo scialpinismo, quello vero, in campo aperto… magari vanno da soli o con loro pari (cioè NON con scialpinisti esperti) e si fanno i numeri che vediamo in giro ogni domenica… Per il loro bene, cioè per il bene di questi individui (=ex pistaioli che saranno la stragrande maggioranza dei frequentatori di questi “centri”) è opportuno, anzi è necessario che venga utilizzato un termine completamente diverso da scialpinismo per indicare questo “sport” che, assolutamente legittimo, non ha nulla a che fare con lo Scialpinismo, quello vero. Il rischio che questi, se mettono piede in campo aperto, muaiano come mosche è molto consistente
A dimostrazione che NON osteggio affatto questo tipo di “stadi” attrezzati (con la precisazione che gli ex pistaioli, se imparano qui l’attività, facciano attenzione che NON è come lo scialpinismo in campo aperto, ecco perché dovrebbero esserci due nomi completamente diversi per le due diverse attività), riporto qui sotto l’indicazione della “ristrutturazione” a fini scialpinistici delle piste dell’ex stazioncina di Pian Neiretto (Giaveno, pr. di Torino, a poche decine di km dalla metropoli).
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