di Andrea Weber
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 31 marzo 2024. Il post rientra nella rubrica “Il movimento delle donne solitarie”, curata da Emanuela Provera. Qui il link alla rubrica per coloro che fossero interessati a leggere ulteriori contributi)
(scritto il 7 agosto 2023)
Foto di Andrea Weber
“La via veramente via non è una via costante.
I termini veramente termini non sono termini costanti.
Il termine Non-essere indica l’inizio del cielo e della terra; il termine Essere indica la madre delle diecimila cose.
Così, è grazie al costante alternarsi del Non-essere e dell’Essere che si vedranno dell’uno il prodigio, dell’altro i confini.
Questi due, sebbene abbiano un’origine comune, sono designati con termini diversi.
Ciò che essi hanno in comune, io lo chiamo il Mistero, il Mistero supremo, la porta di tutti i prodigi (Daodejing (1), cap. I)”.
Un raggio di sole tenue incide l’aria, divide il bosco davanti a me. Come un filo invisibile mostra una linea fra mondi da attraversare: Colle d’Arnas 3014 m o rifugio Gastaldi 2659 m? Varco un confine nel tempo che cambia rapidamente fra mosaici di nuvole e passaggi di luce. Sono nelle Valli di Lanzo, delimitate ad occidente dal confine italo-francese.
Un cartello con la scritta “Pian della Mussa” mi ha introdotto nel cammino. Fra non molto, ancora una volta, mi troverò a salire, lasciando alle spalle volti e voci e ricordi lontani; cosa porto veramente con me in questa solitudine che cerco? Sul solito marciapiede del paese, la settimana scorsa, mentre mi allenavo correndo, sedeva Helga. Capelli biondi riversi su un volto che appena si lascia intuire, ondeggiando ritmicamente il capo e ripetendo ossessivamente “non qui, non qui, via, via, fuori”. Il suo confine è invisibile, divide quello che chiamiamo normalità dalla follia; come un cane randagio annusa l’aria e vede spettri riflessi nella labile forma delle cose, quella forma che crediamo di definire e alla quale diamo nomi che crediamo immutabili. Mi dico che la sua follia è sacra e benedice i cammini di chi cerca, di chi sa che i confini esistono per non esistere davvero, ma solo per rendere l’immensità del reale gestibile alla mente e, come segnavia, ci spingono solo a un oltre che ci spetta. Decido per il rifugio Gastaldi.
Lascio e porto; lascio per portare e anche la solitudine è un confine che si apre davanti a me ad ogni passo. Salgo e il pianoro è lontano, le case perdono prospettiva; mi sento piccola e risuona in me il ricordo di alcuni nomi che hanno fatto la storia di queste montagne e dell’alpinismo torinese: Leopoldo Barale, Martino Baretti, Luigi Vaccarone, Guido Rey nipote di Quintino Sella…
Già, i miei passi verticali. Qui riesco a contarli ancora una volta, a srotolare il senso del tempo e della via. Intanto il bosco è alle spalle e lo sguardo si fa roccia e pietra, consapevolezza dell’essere ed esistere con moti invisibili e fuori dal tempo umano: non raccogliere fiori, non spezzare rami, non abbandonare i rifiuti, pulire i sentieri.
La roccia è un tempio di milioni di anni, il tempo che consiste e si raggruma in un diario minerale, un confine che non posso penetrare con il mio tempo, ma al quale mi allineo ad una distanza siderale.
Geologia, giocando con le parole, è anche il logos della terra, il suo linguaggio più segreto. Varco così anche i confini del linguaggio e lascio l’etimologia alle spalle, leggo col cuore, non con il sapere di chi crede di sapere. La giornata è incerta, le nubi basse, il cielo si rischiara a tratti. Sono immersa in un’aria che si fa sempre più fredda, la catturo a respiri fondi e la riscaldo, penso così di contenere ciò che mi contiene, non so più cosa divida il dentro e il fuori di me. Queste montagne sono un confine fra stati, ma come è insignificante qui, nell’indifferenza di ogni elemento, nello sguardo e nel movimento di rapaci, tra camosci che sono vita senza volerla significare. Il sentiero sale ancora e mentre mi avvicino a quella che sarà la mia sosta, un’immagine si forma dentro di me, in questa solitudine di nuvole spesse e cielo cupo. Ha un volto, un nome conosciuto nell’andare di questi anni. Sono le undici e cinquantatré, ultimo tratto del sentiero, svolto, ecco il rifugio:
Sono sola, al caldo di un piatto di lenticchie, un bicchiere di vino e di una luce tenue e mi dico che forse sono qui per richiamare quel volto e tutto si fa chiaro nella sua assenza, perché l’ho portato oltre il confine di me in questo silenzio.
E allora sei davanti a me e posso parlarti, ombra del mio cuore. Ricordi? La prima volta sedevamo nel bivacco: io da un una parte e tu dall’altra del fuoco acceso. Le nostre ombre si proiettavano sulla parete e io, senza dire nulla, ho unito le mani, composto alcune forme nel teatro di luce e dato voce alle ombre che si formavano: la marmotta, il falco, lo stambecco. Ricordo il tuo stupore, quella tua voce sorpresa: “ma è stupendo! Ma come fai?” Abbiamo riso insieme e mi hai confidato che non ridevi mai così. Ti ho raccontato a mio modo di come è difficile vivere sui confini, attraversare le frontiere, perché entri straniero ed esci solo per essere straniero altrove.
Le persone non capiscono in genere cosa voglia dire incontrarsi, ma nei tuoi occhi ho visto lo sguardo più limpido che abbia mai incontrato e allora ho trovato il coraggio di parlarti del fuoco e di cosa vuole dire salire per essere in equilibrio, diventare invisibile a chi guarda dal basso per essere veri in un silenzio che è pienezza. Saliamo montagne che si rivelano nel silenzio e i fiori come segni sbocciano nella roccia sussurrando un respiro di vita e dicono che l’inatteso porta un nome e la memoria di un tempo che ci salva.
Nota
(1) Il Daodejing (道德經T, 道德经S, Pinyin: Dàodéjīng, Wade-Giles: Tao Te Ching «Libro della Via e della Virtù») è un testo cinese la cui composizione risale a un periodo compreso tra il IV e il III secolo a.C., considerato libro fondante del pensiero taoista. La citazione è tratta dalla edizione Adelphi, Milano 1972, p. 27.
Biografia
Amo fare foto ma non gradisco essere fotografata o fare autoscatti. Andrea Weber: altezza 1,74, occhi verdi, capelli castani. Tanto vi basti…