In casa d’altri

di Erri De Luca, pubblicato su Fondazione Erri De Luca in data 14-07-2020

Foto: dal blog di Erri De Luca

Oltrepassati i boschi e poi i mughi, su un sentiero di montagna si mettono passi in equilibrio accanto a precipizi. Si impara l’attenzione al suolo, ai sassi, alle ghiaie sdrucciole, s’impara a non slittarci sopra. L’attenzione è la prima forma di rispetto per chi s’inoltra in alto. Ci si ferma se si alzano gli occhi al panorama intorno. Ogni passo pretende vigilanza.
Salivo dentro una nuvola fissa, ogni rumore attutito. A monte del sentiero un vecchio maschio di camoscio brucava tra le pietre. Grosso, i sensi intorpiditi dall’età, non si accorgeva di presenze vicine. Poi ha sollevato la testa, con il bel paio di corna ricurve, fiutando più che vedendo dalla mia parte. Si è lentamente allontanato in salita. Era il suo territorio, marcato dal suo sterco. Salendo quel versante attraversavo la sua residenza.

L’alta montagna è libera da proprietà private. Salendo verso i tremila metri non superavo recinti né possedimenti. La cima da raggiungere è confine tra cielo e bordo di superficie, senz’altro divieto di passaggio all’infuori di quello. La montagna non va in concessione a titolari di stabilimenti. È libera e scontrosa di presenze.
Il giorno era piovoso, quasi nessuno in giro. Il vecchio camoscio mi ha ribadito il sentimento di essere un intruso, intrufolato in casa d’altri.
Non entro nei luoghi di culto, evito di fare il passante tra le preghiere. In montagna invece non percepisco il sacro di una chiesa, ma un camoscio, un’aquila, una marmotta mi fanno sapere che sto attraversando la frontiera necessaria e invisibile dei loro spazi. Il loro sguardo marca la distanza e accolgo la loro indifferenza come un lasciapassare.
Cerco di alleggerire i passi, di metterli in sordina. La nuvola sbriciola la sua fitta pioggia e mi aiuta a scomparire. Non trascino l’ombra e il vuoto asseconda il desiderio infantile di essere invisibile.

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