Donne e sport business: due facce della stessa medaglia

Se da una parte il genere femminile è una delle forze trainanti di partecipazione agli eventi sportivi, il mondo del lavoro è un settore poco inclusivo nei loro confronti.

di Pietro Assereto

In occasione del mese della donna, abbiamo trovato doveroso dedicare il nostro Dati & Statistiche al genere femminile e al suo ruolo all’interno del settore sportivo. Grazie a due report differenti, redatti da Mass Participation Pulse e McKinsey & Company, abbiamo fatto luce sui due punti di vista portati avanti. Mass Participation Pulse, infatti, si è occupato di evidenziare come sia il genere femminile a portare avanti la rinascita degli eventi di partecipazione di massa post Covid-19. La nota società internazionale di consulenza manageriale, invece, ha intervistato quasi 1.700 donne che lavorano nel mondo dello sport in Nord America per capire quanto le organizzazioni e aziende sportive per le quali lavorano siano effettivamente inclusive nei loro confronti.

Una cauta ma proficua ripresa
In seguito al calo dei livelli di partecipazione dopo Covid-19, le partecipanti femminili sono state inizialmente più lente a tornare agli eventi. Ma, secondo Mass Participation Pulse, nel 2023 c’è stata una ripresa, con un aumento del numero di iscritte e questo slancio positivo sembra destinato a continuare anche nel 2024, con le donne che esprimono maggiore entusiasmo e intenzione di aumentare il numero di eventi a cui partecipare rispetto al genere maschile. Tra queste comandano le giovani tra i 18 e i 34 anni. Un dato interessante emerso riguarda le priorità di spesa: il 58% delle 7.000 intervistate ha segnalato un calo del reddito disponibile nel 2023 e il 48% si aspetta che quest’ultimo diminuisca ulteriormente ancora quest’anno. Nonostante ciò, la maggioranza ha dato priorità alla spesa per gli eventi sportivi rispetto a quasi tutte le altre spese non essenziali, a eccezione per le vacanze estive.

Settore inclusivo? Non proprio
L’esperienza delle donne nell’amministrazione sportiva si discosta dalle belle parole che si sentono tutti i giorni. Mancanza di inclusione, effetti negativi dettati da ambienti lavorativi dominati dagli uomini, mancanza di sostegno per il progredire della carriera, quantità di lavoro maggiore rispetto ai colleghi maschi. La vita per le donne non è facile e il settore sportivo non è da meno. Sono state intervistate da McKinsey & Company 1.700 dipendenti e il sondaggio ha rilevato che, tra le altre cose, le donne che non si sentono incluse sono quasi tre volte più propense a lasciare il loro posto di lavoro, il che, inevitabilmente, è un rischio: le aziende con team esecutivi diversificati per genere hanno il 25% in più di probabilità di fare meglio di quelle meno diversificate. È forse giunto il momento di cambiare le regole del gioco?

Molte aziende stanno cercando di rimanere al passo con i tempi e le esigenze della società, introducendo dei programmi ad hoc, denominati DEI – diversity, equity, inclusion. Tuttavia, le opportunità di crescita per le donne nel settore dell’industria sportiva rimangono scarse in quanto le donne rincorrono il genere maschile in tutte le aree sopracitate: diversità, equità e inclusione. Tutto ciò però ha un costo elevato, non solo per le dirette interessate ma anche per le aziende stesse e i loro numerosi stakeholder. In generale, le donne nell’industria dello sport hanno riportato un punteggio più basso per quanto riguarda l’inclusione rispetto a quelle che lavorano in altri settori. Non è ovviamente tutto nero: circa l’80% delle intervistate ha riportato alcune esperienze positive a livello individuale come lavorare con compagni che le trattano con rispetto e capi aziendali che prendono provvedimenti quando si verificano situazioni spiacevoli. Tuttavia questo non vuol dire automaticamente che le aziende fossero inclusive e in grado di garantire loro la carriera desiderata. Solo il 26% infatti sostiene che le loro organizzazioni forniscono il tutoraggio e il know-how di cui hanno bisogno per avere successo. Si può dire lo stesso degli uomini?

Cosa sono le microaggressioni?
Comportamenti o atti in apparenza non eclatanti che rivelano però un atteggiamento discriminatorio.

Come la maggior parte delle industrie, lo sport business continua a essere dominato dagli uomini. Le donne sono infatti in minoranza a tutti i livelli. Il 63% ha dichiarato che il proprio manager o supervisore principale è un uomo. Il 57% interagisce con un numero maggiore di uomini rispetto alle donne, e circa il 20% di questo gruppo interagisce quasi solo con uomini durante l’intera giornata lavorativa. Non deve sorprende dunque che sono in aumento le cosiddette microaggresioni.

Per progredire a livello lavorativo si devono incastrare una serie di fattori: bisogna avere le capacità, ci deve essere il giusto “timing” e bisogna avere un team che creda in lei. Naturalmente, tutto ciò risulta irrilevante se non sono disponibili buone opportunità di avanzamento all’interno dell’azienda. Per quanto riguarda le donne, il 62% delle intervistate dello sport business sentono di avere le competenze giuste per progredire, una percentuale più alta rispetto al 44% delle lavoratrici in altri settori. Tuttavia, il 51% delle donne dello sport business che si sentono pronte a progredire, ritengono di dover lasciare la propria organizzazione per realizzare i propri obiettivi di carriera.

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