Come è stato ucciso l’orso M90
(la caccia con il radiocollare e il colpo di fucile)
di Giacomo Costa
(pubblicato su corrieredeltrentino.corriere.it il 7 febbraio 2024)
Era un «maschio giovane» e perciò «molto mobile», ma soprattutto «attivo anche d’inverno», quindi con meno necessità di cibarsi di quanto si penserebbe visto che, letargo o meno, in realtà nella stagione fredda tutti gli esemplari riducono il loro fabbisogno energetico. Insomma, la caccia a M90 non è stata una passeggiata per i forestali trentini, che non hanno potuto ricorrere a esche o trappole e che si sono trovati a tenere sotto controllo un territorio potenzialmente molto vasto. A giocare a loro favore, invece, il radiocollare: l’orso abbattuto nel pomeriggio di martedì 6 febbraio 2024, infatti, era tracciato a livello satellitare; non in tempo reale – non è così che funzionano i dispositivi – ma con un segnale di risposta che indicava la sua posizione ogni sessanta minuti. È stato così possibile individuarlo in tempi brevi, tanto che tra la firma del decreto di abbattimento e il colpo di fucile fatale non sono passate neppure otto ore.
«Orso confidente e pericoloso»
L’orso M90 (ma per gli animalisti era Sonny) era definito esemplare «confidente e pericoloso» secondo tutti i criteri previsti nel Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali (Pacobace) e la sua «rimozione» era stata decisa dopo i diversi episodi che l’avevano visto protagonista, l’ultimo domenica 28 gennaio 2024, quando ha seguito per quasi 800 metri una coppia di 30enni nei boschi sopra l’abitato di Ortisè, nel Comune di Mezzana, in val di Sole. Seguito, non inseguito: significa che con ogni probabilità cercava immondizia e resti di cibo sul percorso dei due fidanzati, non che li aveva rincorsi con intenzioni ostili; un comportamento tipico degli animali abituati al contatto con l’uomo, difficile da scardinare. Prima del decreto di abbattimento, una ventina di tentativi di dissuasione avevano interessato M90, tutti poco riusciti. «Quest’orso andava senza dubbio abbattuto, ormai, così come si fa in ogni Paese del mondo in questi casi – sospira Alessandro De Guelmi, ex veterinario della Provincia di Trento – Ma continuiamo a inseguire il problema e a prenderlo per la coda, invece che per la testa: bisogna fare tutto il possibile proprio per evitare che questi animali diventino “confidenti”, con informazione, educazione, prevenzione, ciclo rifiuti sicuro. Invece si è fatto troppo poco, troppo tardi».
La squadra di due uomini e il colpo di fucile
E sempre in val di Sole M90 è stato rintracciato martedì, dalla coppia degli uomini della forestale; la squadra che l’ha individuato e abbattuto era infatti composta da due uomini, seguendo lo stesso schema che usano storicamente le squadre di cecchini militari: uno imbraccia il fucile e spara, l’altro funge da avvistatore e, eventualmente, esplode il secondo colpo, nel caso in cui il primo fallisca, di modo che tra i due proiettili passi il minor tempo possibile, per evitare che l’animale si dia alla fuga. Un orso spaventato o, peggio ancora, ferito, è un’eventualità da scongiurare in ogni modo, visto che sarebbe una garanzia di maggiore aggressività; per questo stesso motivo i forestali mirano al cuore, sparando subito sotto la scapola (un tiro molto più semplice rispetto a quello alla testa), e usano un proiettile calibro 300, ad espansione. In pratica si usano gli stessi fucili che da sempre vengono imbracciati dai cacciatori americani che si dedicano alle grandi prede, montandoci munizioni che «esplodono» dentro il corpo (e che per questo sono vietatissime in ambito militare, ma sono favorite nella caccia perché garantiscono l’abbattimento e riducono i fori d’uscita).
La distanza
I forestali avevano l’ordine di mantenersi alla massima distanza utile – circa 300 metri – appostandosi da fermi, con appoggio delle armi per limitare ogni possibilità di errore. Questo, combinato con la necessità di una traiettoria completamente libera, limitava le possibilità di azione, anche tenuto conto del fatto che esche, trappole narcotiche, lacci e trappole-tubo non erano dell’equazione; non solo M90 sarebbe potuto risultare poco interessato al cibo che gli fosse stato eventualmente presentato (quindi niente trappole tubo), ma i suoi percorsi particolarmente erratici in questa stagione avrebbero reso improbabile indovinare dove piazzare i lacci per immobilizzarlo. Va anche detto che l’eventuale cattura dell’esemplare avrebbe presentato gli stessi impedimenti burocratici che hanno riguardato Jj4, l’orsa che lo scorso anno ha ucciso Andrea Papi: un plantigrado posto in cattività non rappresenta più un «pericolo immediato», e quindi la sua uccisone non è più subito giustificabile.
L’ira degli animalisti
(«è iniziata la strage, sabato invaderemo Trento»)
di Marika Giovannini
(pubblicato su corrieredeltrentino.corriere.it il 7 febbraio 2024)
Le associazioni animaliste sono rimaste spiazzate: martedì 6 febbraio 2024, mentre stavano preparando i ricorsi contro il decreto del presidente Maurizio Fugatti, è arrivata la notizia dell’uccisione di M90. Di Sonny, come gli attivisti lo avevano ribattezzato.
L’indignazione
Ma lo stupore ha lasciato ben presto il posto alla rabbia. «Un atto vigliacco» tuonano gli attivisti della campagna StopCasteller, che annunciano già la controffensiva: «Sabato invaderemo Trento», in un corteo al quale parteciperanno Lav, Lac, Lndc Animal Protection, Animal Liberation, Ribellione animale e Bearsandothers (La manifestazione è supportata anche dal giornalista Andrea Scanzi e dalle attrici Caterina Murino ed Elisa d’Eusanio, NdR). «Fugatti — è l’accusa — mira allo sterminio di tutti gli orsi in Trentino che già rischiano l’estinzione a causa dell’isolamento genetico e del bracconaggio in crescita vertiginosa». Ma nel mirino non c’è solo la Provincia: «Sono sporche di sangue anche le mani di Piero Genovesi di Ispra». «È iniziata ufficialmente la strage degli orsi trentini a firma del presidente Fugatti» è l’attacco della Lav. «Si è trattato — osserva Massimo Vitturi, responsabile area selvatici — di una vera e propria esecuzione. E i tempi ristretti tra pubblicazione del decreto e notizia di esecuzione della condanna ci fanno pensare che mentre Fugatti firmava l’uccisione le carabine erano già fumanti. È stato tutto studiato a tavolino per impedirci di intervenire in difesa di M90». La Lav annuncia azioni: «Siamo già al lavoro per ottenere giustizia per M90 e tutti gli altri orsi casualmente trovati morti dopo le condanne di uccisione».
Brambilla: «Una vergogna». Leidaa denuncerà Fugatti
E se la Leal annuncia di aver depositato «un esposto per l’uccisione di questo esemplare tramite sparo, comportando sofferenza all’animale», Michela Vittoria Brambilla — presidente dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente e alla guida della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente (Leidaa, NdR) — chiarisce che «chiederà tutti gli atti per procedere nei confronti di Fugatti, affinché risponda del suo gesto, commesso in spregio di tutti noi, che non deve ripetersi mai più». Insomma, Leidaa presenterà un esposto-denuncia nei confronti del presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti. «Una vergogna — definisce l’uccisione di M90 Brambilla — una pagina bruttissima nella storia del nostro Paese, un atto di miopia, di arroganza e di crudeltà senza precedenti, perché il presidente della Provincia ha fatto uccidere l’orso munito di radiocollare, dopo averlo individuato, mettendo la firma quando l’animale era ormai sotto tiro. Così ha negato ai cittadini che non la pensavano come lui la possibilità di esprimersi, a noi associazioni la possibilità di impugnare il provvedimento, alla magistratura la possibilità di vagliare questo atto a mio avviso folle ed eventualmente bloccarlo, come ha fatto finora».
Non solo, perché l’onorevole Brambilla chiede al ministero dell’Ambiente e al governo di impugnare, quando sarà approvato, il ddl della giunta provinciale di Trento che autorizza l’uccisione di 8 orsi l’anno. «Rifiuto di credere che il governo possa avallare un ddl come quello presentato dalla giunta di Trento, e all’ordine del giorno del consiglio provinciale, che prevede una strage sistematica di animali di specie strettamente protetta, in spregio alla Costituzione, alla normativa europea, ai trattati internazionali. Sarà inoltre opportuno che il ministro fornisca presto dettagliate informazioni sul parere dell’ISPRA che ha consentito l’abbattimento di M90, sui dati e sui criteri utilizzati dall’Istituto».
Le richieste di accesso agli atti
«Abbiamo sperato fino all’ultimo in un ripensamento» commenta l’Oipa. «Ma Fugatti — prosegue l’organizzazione — è stato sordo anche alle istanze dell’opinione pubblica che vorrebbe un Trentino amico degli animali». Anche Oipa, come Brambilla, presenterà una richiesta di accesso agli atti «per conoscere i dettagli della vicenda, anche perché nella scarna nota della Provincia non viene spiegato come abbiano eseguito la sentenza, se con armi da fuoco o con l’intervento di un veterinario». Sul piede di guerra anche l’Enpa. «Ora piangiamo M90 — spiega la presidente dell’ente Carla Rocchi — ma già da domani intraprenderemo tutte le azioni necessarie affinché il presidente della Provincia renda conto delle sue decisioni in tutte le sedi appropriate, italiane ed europee, tribunali compresi. E spieghi a tutti noi il motivo per il quale, come riconosciuto dallo stesso Ispra, in Trentino le attività di prevenzione e informazione sono ancora lettera morta». Sulla stessa linea il Wwf che parla di «abbattimento lampo». E osserva: «È grave e inaccettabile che la Provincia continui la sua politica di abbattimenti senza investire adeguate risorse nella prevenzione del conflitto, nella conoscenza e nel sostenere proposte che possano davvero migliorare la coesistenza uomo orso».
La posizione del CAI
(comunicato stampa del CAI, 8 febbraio 2024)
Nonostante il dispiacere per la morte dell’orso M90, che di per sé è sempre una sconfitta, il Club Alpino Italiano ritiene che si sia agito in linea con le indicazioni tecniche presenti nel Pacobace (protocollo tecnico-scientifico), troppe volte disattese.
La strada della contrapposizione ideologica, della strumentalizzazione politica, dei muro contro muro tra associazioni, privati cittadini, comitati e istituzioni ha portato questa situazione a essere ingovernabile a scapito di orsi e popolazione locale. Ora è necessario un abbassamento dei toni e un nuovo corso basato su una vera collaborazione, che abbia come faro le scelte tecniche per la reale conservazione della popolazione di orsi e la sicurezza degli abitanti locali in un contesto antropizzato.
Premesso che sulla questione grandi carnivori, ed in particolare in questo caso quella dell’orso, ci troviamo oggi in un contesto ormai molto deteriorato e purtroppo ampiamente politicizzato – consci che ogni decisione o presa di posizione su questi temi è oggetto di polemiche e strumentalizzazioni – il Club Alpino Italiano ritiene che per poter garantire una popolazione vitale di orsi in un territorio montuoso molto antropizzato come quello alpino, e trentino in particolare, sia necessario procedere con lucidità e pragmatismo, basando l’agire su indicazioni tecnico-scientifiche e rispettando i protocolli esistenti e condivisi, come in questo caso è il “Pacobace”.
Volenti o nolenti, gli orsi “problematici-confidenti” sono presenti, seppur con una percentuale bassa (ma non irrisoria), in tutte le popolazioni di plantigradi che condividono territori utilizzati dall’uomo.
Questa piccola percentuale è però un tassello importante su cui agire per poter sperare in un futuro di coesistenza.
La decisione della Provincia Autonoma di Trento di intervenire sull’orso M90, secondo il CAI rientra pienamente nelle azioni previste dal Pacobace, oltre a essere stata avallata da Ispra su parere tecnico ed essere stata eseguita dai forestali provinciali.
Come CAI, attraverso il Gruppo di lavoro sui grandi carnivori, abbiamo sempre ribadito la necessità di garantire la conservazione di popolazioni vitali di orso nel tempo e nel loro complesso, senza “fissarsi” su ogni singolo esemplare.
La strada della contrapposizione ideologica, della strumentalizzazione politica, dei muro contro muro tra associazioni, privati cittadini, comitati e istituzioni ha portato questa situazione ad essere ingovernabile, per di più mettendo nell’angolo la scienza e i tecnici preparati (di cui tra l’altro il Trentino è ricco), per lasciar spazio al sentimento popolare, al populismo e alla chiacchiere da bar e purtroppo ai regolamenti di conti individuali (vedi bracconaggio), che non solo non portano da nessuna parte ma sono davvero intollerabili e passibili dalla legge.
Dispiace naturalmente per l’esemplare ucciso, ma l’azione su M90 sorprende solo per la rapidità d’azione (era radiocollarato in quanto già sotto osservazione da tempo), per il resto tutto come da regole stabilite da molti anni, in tempi non sospetti e poco o nulla applicate purtroppo, spesso per le ragioni di cui sopra.
Ci auguriamo che la solerzia e la rapidità nell’agire della Provincia Autonoma di Trento con l’ordinanza di abbattimento di M90 sia altrettanto utilizzata in tutti gli altri fondamentali aspetti legati alla coesistenza, puntando convintamente sulla prevenzione, limitando così il più possibile il manifestarsi di nuovi orsi confidenti attraverso il posizionamento capillare di cassonetti per rifiuti adeguati a resistere all’azione dei plantigradi e divulgando i comportamenti da evitare nelle “terre dell’orso”.
Come CAI auspichiamo l’inizio di un nuovo corso e una generale presa di coscienza ed abbassamento dei toni, dove venga riallacciato davvero il dialogo con la popolazione in un tessuto sociale dilaniato non solo per la morte del povero Andrea Papi, ma da come la vicenda orso è stata gestita/raccontata/strumentalizzata da politica, media, associazioni negli ultimi anni, ognuno con il proprio fine e le proprie convinzioni, spesso poco o nulla orientate alla reale conservazione della popolazione di orsi e la sicurezza degli abitanti locali in un contesto antropizzato.
Se è accettabile la rimozione di qualche individuo, la credibilità nelle gestione e nella conservazione della popolazione sarebbe maggiore se tornasse evidente e forte la componente di studio e ricerca, di monitoraggio costante della popolazione. Il tutto per avere gli elementi necessari alle scelte gestionali senza la paura di divulgarle nel territorio capillarmente, presentarle e discuterle con la società civile e tutti i portatori d’interessi.
Il Club Alpino Italiano sta al fianco di chi prende decisioni tecniche basate su valutazioni scientifiche definite, condivise ed approvate (vedi Pacobace), qualsiasi sia il colore politico di chi rappresenta le istituzioni in quel momento, e prende le distanze da chi (politici in primis, ma anche da chi assume posizioni troppo ideologiche su questi temi) contribuisce con la sua azione a creare uno stato di contrapposizione perenne che va a discapito sia della natura che degli abitanti locali.
Leggere il comunicato del CAI mi ha riportato indietro di quasi quarant’anni, al tempo della Democrazia Cristiana. Stesse argomentazioni cerchiobottiste, a prescindere dal tema trattato.
10 giorni fa scendevo da un escursione invernale il luogo è poco frequentato,neve non molta,in basso addentrato in una pineta fitta e con neve farinosa,ho trovato orme inconfondibili di un orso…ecco da quando vivo in trentino vi è questa incognita,spostarmi con un app.radiofknica a volume alto,portare con me un fischietto tipo vigile e usarlo ogni tanto nei boschi,dove risiedo sono censiti c.a una decina,hanno un autonomia giornaliera di c.a 50 km..si spostano..non provo nulla contro di loro,sono meno pericolosi degli alcolizzati alla guida,e sono molti,dj coloro che tagliano le curve,tanti..ma mi sono posto un quesito,dove erano coloro che hanno popolato di plantigradi in numero eccessivo il territorio rispetto l antropizzzzione del territorio,più la vocazione turistica.Cosa ha fatto la popolazione nel non porsi il quesito di come,prima o poi cosa succede? Continuo a uscire alle 3-4 di notte con app.annessa e scelgo aree coperte per il cellulare.Mi domando,anche perchè non il ripopolamento di aree di mare solo perchè li vivevano predatori oramai scomparsi.Oppure far crescere soggetti violenti,per osservarne le peculiarità.Questo problema si amplierà con i lupi.E la stupidità della visione amministrativa farà il paio con quella ambientalista del salviamo il lupo ma non l agnello…bel problema..personalmente..non sono questi tipi selvatici a preoccuparmi ma bensì..gli altri…anche se non tutti.
Vi sono errori di battitura più altri,ma vedo poco da vicino,l età,per questo forse quando vedrò l orso non sarà da vicino..scusate gli errori
Rabbrividisco leggendo la frase del Cai “rimozione di qualche individuo”. La società che abbiamo costruito tende a rimuovere gli individui – inclusi gli umani – che infastidiscono la comunità (in Blade Runner si usa il termine “ritirare” nel caso degli androidi.
Il Trentino, ormai ridotto a parco giochi, non si rende conto che sta via via distruggendo le aree naturali a discapito di tutti.
Sig.Grazia è vero il Trentino è un luna park,ma ha pochi abitanti,che si trastullano con il passato austroungarico,ma non hanno saputo costruire una vera dignità autonoma dj cultura ed economia.Il turismo è la via più veloce per fare soldi.I turisti poi non sono interessati ai trentini la loro sosta massima è 10 giorni.L’orso cosiddetto trentino è un brand turistico che è sfuggito ai loro progetti,poiché la natura non ti telefona per dirti che succede,se non lo capisci prima te.Ora è ovvio che il problema si ritorce ai promotori,non possono convivere grandi numeri di predatori e insediamenti umani e turistici pervasivi.Il che fare diventa quindi il limitare ciò che agli stessi è sfuggito.Brutto termine la rimozione,ma resta l unico,attuabile alle condizioni che i promotori lo hanno portato.Il Luna Park è fruibile poiché le forze in campo giocherebbero comunque a sfavore dei trentini.Il Veneto e la Lombardia fanno 18 milioni di abitanti il Trentino 400.mila…pertanto.
Prima o poi, Albert, saremo costretti a fermare il Luna Park e sarà certamente troppo tardi per tutti.