Eravamo immortali

Eravamo Immortali, di Maurizio Manolo Zanolla (Fabbri Editori), è il vincitore del premio “non narrativa” ITAS 2019.
Manolo. Il Mago. O, semplicemente, Maurizio Zanolla. Un ragazzo cresciuto in un ambiente che vedeva le montagne solo come fonte di pericoli, e che un giorno, quasi per caso, ha scoperto il fascino della roccia. Un mondo verticale retto da regole proprie, distante da costrizioni e consuetudini della società, capace di imprimere una svolta al suo destino. Così, al rumore della fabbrica e a una quotidianità alienante si è sostituito il silenzio delle vette. Uno dei più grandi scalatori italiani e internazionali, che ha contribuito a cambiare per sempre il volto dell’arrampicata, racconta per la prima volta come ha scelto di affrontare le pareti alleggerendosi di tutto, fino a rifiutare persino i chiodi. Nella convinzione che la qualità del viaggio fosse più importante della meta, e che ogni traguardo portasse con sé una forma di responsabilità. La famiglia, gli affetti, le esperienze giovanili, gli amici delle prime scalate, le vie aperte spesso in libera e in solitaria, il tentativo di conquistare gli ottomila metri del Manaslu, fino a Eternit e Il mattino dei maghi: Maurizio Zanolla ripercorre gli anni – tra i Settanta e gli Ottanta – che l’hanno portato alla celebrità. Non un elenco di scalate, o delle vie più difficili, ma l’affresco delle esperienze più significative, più intense e toccanti, di una vita vissuta alla ricerca dell’equilibrio.

Motivazione del premio
Dopo aver liberato l’arrampicata dal peso dell’alpinismo classico, Manolo libera anche la letteratura alpinistica dai suoi eroi, dalle sue imprese, perfino dalle sue cime e pareti. Ha scritto di sé rinunciando a celebrare le grandi scalate, e raccontando invece di un bisogno e di una ricerca: il bisogno di libertà e la ricerca di un modo di vivere autentico e pieno. Intorno, per una volta, non ci sono nevi e ghiacci ma un paese in rapido cambiamento e un’epoca tumultuosa, le fabbriche e i movimenti di piazza. C’è un figlio dell’Italia più trascurata e marginale che sceglie di andare in montagna per sottrarsi a un destino già scritto, e che in montagna trova la sua strada. In questo senso “Eravamo immortali” risulta una lettura capace di regalare al lettore la sensazione piena della meraviglia: non ci troviamo ad ammirare tanto la descrizione delle imprese che compongono l’impressionante curriculum dell’autore, quanto le sensazioni del ragazzo che arrampicando si eleva sopra il disagio che assedia un’intera generazione, gravata dal peso dei propri sogni e dalla certezza di vivere in un’Italia disperatamente conformista e provinciale. Manolo ci scorta con la sua scrittura, capace d’immagini felici e spiazzanti, dalle marachelle d’infanzia alla scoperta della passione politica, dalle ebbrezze collettive alla ricerca personale, dal sogno hippie del viaggio verso l’India misteriosa ai progetti perseguiti sulle montagne di casa alla ricerca dell’eccellenza. Ed eccellente risulta anche la trama della sua narrazione, capace di delineare con nitore episodi che conquistano il lettore e s’impongono come tasselli d’un mosaico elegante: non già monumento autocelebrativo, ma romanzo di formazione nel suo senso più nobile e pieno. 

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