Goga mi goga

Goga mi goga
di Carlo Crovella

C’è un’espressione popolare torinese (piemontese per estensione, ma non la si trova in tutto il Piemonte) che cade a pennello per definire sinteticamente il modo in cui i Sapiens gestiscono attualmente il pianeta in cui viviamo.

L’espressione torinese è “Goga mi goga”. Significa divertirsi a perdifiato, vivere come se non ci fosse un domani, gozzovigliare senza preoccuparsi del futuro.

L’espressione ha radici antichissime e la frase fonetica si rintraccia, in lievi varianti, più o meno in tutto il Nord Italia. A volte però cambia un po’ di significato nelle diverse aree geografiche.

Un terzo dei pianeti della galassia potrebbe essere abitabile. © Eduard Muzhevskyi/Science Phot/EMZ/Science Photo Library via AFP

Innanzi tutto, ho fatto una rapida indagine per comprendere la possibile origine di tale espressione. I risultati sono interessanti, a prescindere dalle considerazioni successive.

Pare che, come racconta il profeta Ezechiele (Antico Testamento, cap. 38-39), il principe Gogh fosse il sovrano della terra di Magogh: un paese lontanissimo e un popolo con usanze molto diverse da quelle nostre abituali, quindi l’espressione è un po’ come dire “andare a casa del diavolo”.

Nell’Apocalisse, Gogh e Magogh sono invece due popoli feroci e spietati, che, guidati da Satana, sarebbero arrivati a saccheggiare Gerusalemme: insomma come dire Unni, Tartari, Mongoli.

Nel Milione, Marco Polo colloca “Gogo e Magogo” nella regione del Tenduc, fra Cina e Mongolia. Rimane il carattere esotico, collegato all’estrema lontananza e quindi alla “diversità”, ma si stempera assai la visione terrificante.

Il passo successivo, diluito in lassi temporali molto ampi, porta la visione popolare a utilizzare l’espressione per qualcosa di favoloso, eccezionale, fuori dalla norma. Vale sia in positivo che in negativo: su questo versante, il termine “gogo”, specie nei dialetti lombardi, segnala un individuo “strano, goffo, fuori dagli schemi”.

Invece in altre aree l’espressione indica, con un velo di sottile disprezzo, uno stile di vita sfrenato e senza regole: sta per “divertirsi, fare baldoria, gozzovigliare”. Ma con i paraocchi, quindi c’è un sottofondo di stupidità. Insomma è l’atteggiamento della cicala e non certo quello della formichina prudente e lungimirante.

L’espressione “goga mi goga” veniva usata frequentemente in casa mia, quando io ero piccolo, e quindi l’ho recepito e interiorizzata. Ovviamente c’è un a pennellata di critica esistenziale: chi vive da cicala, morirà appena arriva l’inverno. “Che stupido!” è la conclusione, ma anche l’implicito insegnamento educazionale. Gli individui intelligenti vivono programmando il futuro, sanno sempre “dove” sono oggi e “dove” vogliono dirigersi domani e poi dopodomani, utilizzando le proprie risorse (economiche, resistenziali, nervose) per puntare agli obiettivi “seri”, evitando invece di dissipare tutto, come se non ci fosse un domani.

Con tali presupposti, sono basito di fronte all’attuale comportamento della specie umana nei confronti dell’ambiente. Ci può stare che, senza renderci ben conto della situazione, abbiamo goduto della boom economico dalla II Guerra in poi, accompagnando crescita dei consumi, aumento della produzione, sfruttamento a manetta delle materia prime, sbancamento del suolo ed emissioni senza controllo. Una volta si può sbagliare (per quanto l’errore sia stato gravissimo), ora siamo informati e dovremmo correggerci.

Ma ora la situazione è chiara sotto gli occhi di tutti: andando avanti così stiamo distruggendo il pianeta. Approfitto della situazione per una doverosa precisazione: quando dico “distruzione del pianeta” non indento la fine in assoluto della Terra, ma il danneggiamento grave e irreversibile di quelle condizioni di vita all’interno delle quali si è sviluppata anche la specie umana. In pratica stiamo distruggendo l’habitat in cui viviamo, senza sapere se e come sapremo ricostruirne un altro tale da permettere la prosecuzione della nostra specie.

Che poi la Terra in quanto corpo celeste sopravviva, in un modo o nell’altro, all’estinzione della specie umana, questa è un’altra faccenda. Può darsi benissimo che accada tutto ciò e, anzi, io tendo a interpretare l’intensificarsi delle tragedie (dalle inondazioni alle pandemie) come sintomo della volontà della Natura che cerca di liberarsi della specie umana.

Ma sembra proprio che noi Sapiens non cogliamo gli avvertimenti della Natura: non retrocediamo di un millimetro e, anzi, dove possibile cementifichiamo e antropizziamo ogni minimo angolo del pianeta. Tutto per il profitto, divertimento, per la baldoria.

“Goga mi goga”, appunto. Ma la Natura è più forte di noi, piccoli mostriciattoli che ne inquiniamo ogni anfratto, e, se davvero vorrà eliminarci, non ci saranno sconti. Sarà la fisiologica conseguenza del nostro approccio dominate, appunto quello “goga mi goga”.

Dovremmo invece cambiare radicalmente il paradigma esistenziale. Cioè: ridurre, in modo incruento, la dinamica demografica; rinunciare agli status symbol del consumismo; accettare di ridimensionare lo stile di vita ed anche le piccole ambizioni individuali. Dobbiamo fare un passo indietro e tornare alla mood da formichine, abbandonando definitivamente quello da cicala.

Abbiamo solo questa casa, la Terra, e se la distruggiamo, cioè se la rendiamo inospitale per la nostra specie, ci autocondanniamo all’estinzione.

Ora però viene diffusa la notizia che addirittura un terzo dei pianeti della nostra galassia potrebbero forse essere abitabili. E’ una notizia che, anziché rasserenare lo spirito, deve incutere timore, perché la reazione emotiva della specie umana sarà quella di accentuare ancor di più lo stile “goga e mi goga”.

Infatti se abbiamo la certezza che, distrutta “questa casa” (la Terra), possiamo trasferirci in milioni di altri pianeti, chi li ferma più i gaudenti consumisti?

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