Golconda: la leggendaria città indiana dei diamanti

di Giovanni Savelli
(pubblicato su terraincognita.earth il 24 agosto 2019)

La leggenda di Golconda ha inizio
Ci volle un esploratore, tale Jean-Baptiste Tavernier, perché la leggenda prima e la storia, poi, di Golconda giungessero fino in Europa. Dapprima affare di Stato legato ai centri di potere dell’epoca, quali le corti reali e successivamente per opera di scrittori e poeti, è entrata, la leggenda di Golconda, a far parte dell’immaginario collettivo.

Al pari dell’El Dorado o di Atlantide, Golconda ha rappresentato un luogo idealizzato dove, alla smisurata ricchezza della città, si accompagnava la mitezza dei suoi abitanti, la saggezza dei governanti e uno stato generale di pace e benessere più vicino al cielo che alla terra.

Che poi le cose stessero in maniera parecchio diversa, poco importa, visto che il mito e la leggenda di Golconda sono cominciate a partire da quel primo viaggio1 che Jean-Baptiste Tavernier compì all’età di 33 anni attraversando il Medio Oriente e l’Asia per giungere infine a Golconda e alle sue miniere di diamanti.

L’Europa conosce Golconda
È il 1638. In Francia siede sul trono Luigi XIII, accanto a lui il cardinale Richelieu. Parecchio lontano da qui il Giappone sta chiudendo i confini agli stranieri, mentre nella parte di mondo che ci interessa, l’India, il Gran Mogol Aurangzeb progetta di invadere i regni vicini e accrescere il proprio potere. Progetto che si concretizzerà nel 1687 con la conquista del leggendario Regno di Golconda.

Jean-Baptiste Tavernier e il suo abbigliamento – Autore: Joan Hainzelman [Public domain], via Wikimedia Commons

Il nostro Jean-Baptiste Tavernier si prepara, per nulla a disagio con indosso costumi dalla foggia orientale, al suo secondo viaggio vero est. Attraverserà la Persia, la Siria, visiterà la città di Agra, dove da sei anni erano cominciati i lavori del Taj Mahl, (ce ne vorranno altri sedici perché venga ultimato), sarà ospite del sovrano Shah Jahan e proseguirà verso sud fino a raggiungere il Sultanato di Golconda: uno tra i più ricchi dei cinque Sultanati del Deccan.

E qui, il non più giovane Tavernier, avrà una folgorazione: di quelle che ti cambiano la vita e che spesso si verificano proprio durante un viaggio. Il suo durerà cinque lunghi anni: tra andata e ritorno.

Sarebbe diventato un commerciante di diamanti e pietre preziose da vendere ai maggiori regnanti e principi del suo tempo. Che poi erano anche gli unici capaci di sborsare le cifre stratosferiche richieste dal Tavernier. Non che fosse l’unico commerciante di questo tipo, visto che già da tempo mercanti provenienti da Genova e Venezia gestivano un fiorente traffico di pietre preziose, spezie e merci provenienti dall’India e dall’Estremo Oriente.

Ma il francese poteva contare su entrature ai massimi livelli nelle corti europee e non solo: sultani, principi, duchi e re avrebbero fatto la fila per accaparrarsi i diamanti di Golconda commerciati da lui.

Le leggendarie miniere di Golconda – Autore: P. van der Aa, Leyden, Leyden [Public domain], via Wikimedia Commons

Golconda e le sue miniere
Jean-Baptiste Tavernier raggiunse con tutta probabilità la città di Golconda, capitale dell’omonimo sultanato, nell’aprile del 1658. Il leggendario forte, dalle strabilianti caratteristiche acustiche, non era ancora stato raso al suolo dalle armate del Gran Mogol Aurazabag, e dominava la piana sottostante, dalla sommità della collina sulla quale cinquecento anni prima era stato eretto.

Dalle mura del Forte l’esploratore Bernard Tavernier fu accompagnato a visitare le miniere di diamanti di Golconda, situate un centinaio di miglia a est della leggendaria città. Lungo il corso dei fiumi Krishna e Godavari da oltre cento anni venivano estratte le pietre preziose che avrebbero reso leggendaria Golconda.

Queste erano le uniche miniere di diamanti allora conosciute2. Non ce n’erano altre, giacimenti primari, diversi da quelli alluvionali, da cui sono stati estratti molti dei più celebri, grandi e preziosi diamanti della storia.

Passerà un secolo prima che nel 1725 venga scoperta in Brasile ,nella regione del Minais Gerais, la prima miniera di diamanti al di fuori del subcontinente indiano. Fino ad allora, se volevi commerciare in diamanti, l’unico luogo sulla faccia della terra in cui trovarli erano le Miniere di Golconda.

Non che i diamanti fossero del tutto sconosciuti, prima del XVII secolo, al di fuori dell’India. Fin da quando Alessandro Magno ritornò dal suo viaggio in Oriente e successivamente con l’espansione romana verso est, i diamanti avevano acquisito una certa notorietà. Non sempre legata al loro valore, visto che, ad esempio, in epoca romana erano spesso impiegati per l’incisione o con l’intento di allontanare gli spiriti maligni.

Venivano perlopiù trovati lungo il corso dei fiumi, come accade con le pagliuzze d’oro, ma le loro dimensioni erano modeste, niente al confronto con gli spettacolari ritrovamenti effettuati nelle rocce delle miniere di Golconda. Da qui un monopolio che sarebbe durato per secoli e secoli accrescendo l’aura leggendaria della città di Golconda, tanto da diventare sinonimo3 di ricchezze smisurate.

Golconda, la città dei diamanti
E comunque a Golconda di miniere non ce n’erano. I diamanti venivano estratti duecento miglia verso est lungo il basso corso del fiume Krishna tra le attuali città indiane di Kolluru e Paritala. Più a nord, il fiume Godavari rappresentò un altro importante luogo di estrazione delle pietre preziose indiane: entrambi parte del Sultanato di Golconda. Si capisce allora gli echi di immense ricchezze che da qui giungevano fino in Europa.

Proprio come un tempo ad Anversa e successivamente ad Amsterdam, la notorietà di Golconda derivò dal ruolo svolto nella commercializzazione, lavorazione e stoccaggio delle pietre preziose.  Golconda era il nodo di partenza da cui le pietre preziose raggiungevano, grazie all’intermediazione di personaggi come Tavernier, le corone, gli scettri, i troni dei più importanti regnanti del tempo. L’esploratore francese, a cui non mancavano spirito d’avventura, curiosità intellettuale e agganci importanti, ci aveva visto giusto.

Il Forte di Golconda: uno scrigno di pietre preziose
Avete presente Fort Knox, la base statunitense in cui sono conservate le riserve auree degli Stati Uniti d’America? Il ruolo svolto dal Forte di Golconda fu per certi versi simile: qui erano custodite le pietre più preziose dell’India. Diamanti che dalle cripte sotterranee del Forte di Golconda prendevano la via dell’Europa, della Persia o della Cina, alimentando la leggenda della città.

Il forte stesso, oggi sito archeologico situato nella periferia della città di Hyderabad, capitale dello Stato dell’Anda Pradesh, è avvolto, al pari delle miniere di Golconda, da un’aurea leggendaria.

Il sito scelto per la sua collocazione è un’imponente collina di granito che si eleva per 120 metri sulla piana circostante. Tutto attorno enormi massi rendevano arduo e quasi impossibile l’avvicinamento alla cittadella fortificata. Ulteriormente protetta da gigantesche porte in legno di teak; dotate di spunzoni in ferro, per impedire l’avvicinamento degli elefanti da combattimento. Golconda risucì a resistere, con le sue inespugnabili difese, per oltre otto mesi all’assedio del Gran Mogol Aurangzeb, che riuscì a entrare in città solo grazie all’aiuto di una spia.

Stranezze acustiche nel Forte di Golconda
Otto colossali porte consentivano l’accesso alla città fortificata di Golconda. Sono visibili ancora oggi, imponenti e gigantesche come un tempo. Misurano oltre tre metri di larghezza per sette di altezza. Di queste la più spettacolare è quella di Fateh Darwaza. Una volta varcata l’enorme porta d’ingresso alla città, è sufficiente battere le mani e l’eco si riverbera fino alla sommità della collina, distante oltre un chilometro dalla porta. Una magia architettonica adottata dai costruttori del forte per assicurare ai regnanti una rapida reazione in caso di pericolo.

Un albero più vecchio di Golconda
La stranezza potrebbe essere già questa: nei dintorni del Forte di Golconda è cresciuto un baobab. A stranezza di aggiunge stranezza, visto che l’albero in questione è un’enorme pianta che misura 25 metri di diametro e con una cavità al proprio interno in grado, ancora una leggenda, di ospitare perlomeno quaranta persone. Senza nulla togliere al mito, ce ne entrano comodamente almeno quattro. Come se non bastasse l’imponente Baobab ha la bellezza di ottocento anni: quanti bastano per aver assistito alla costruzione del Forte, alla sua distruzione e alla diffusione della leggenda di Golconda fino ai giorni nostri.

Foto di Golconda come doveva presentarsi all’arrivo di Gozzano. È stata scattata dieci anni prima della sua visita – Autore sconosciuto, [Public domain], via Wikimedia Commons

Verso la Cuna del mondo: Guido Gozzano visita Golconda
È il 1912, lo scrittore, poeta e saggista Guido Gozzano si reca in India alla ricerca di climi migliori per sfuggire alla malattia che da anni non gli concede tregua: una lesione polmonare all’apice destro. Raggiungerà in nave la città di Bombay nel febbraio dello stesso anno. Da qui prosegue in treno, attraversando il subcontinente indiano, alla volta di Hyderabad. Ma, come scrive lui stesso nelle sue lettere, non è arrivato fin qui per vedere la città viva, ma per Golconda la città morta che dorme a pochi chilometri di distanza e della quale non si possono varcare le mura senza uno speciale permesso.4

Un viaggio emozionante, narrato in prima persona da uno dei maggiori poeti italiani. Verso la Cuna del mondo5 è pura letteratura di viaggio che non tralascia aneddoti curiosi sull’India del primo Novecento, descrizioni argute, profonde sulla sua cultura e la sua arte. Lo sguardo lucido e commovente di un poeta sulla leggendaria città di Golconda e su di un continente ancora all’epoca misterioso.

I mille e un giorni: una fiaba di Golconda
La raccolta di fiabe dal titolo I mille e un giorni6 giunge dall’Oriente in Europa nel corso del XVIII secolo. Si narrano le storie della Principessa Turandot e del Principe Calaf, del finto Maometto e del Baule Volante. In una delle fiabe compare Golconda, la città dei diamanti, di mercanti e contrabbandieri, di re e regine. In quanto a fascino e suggestioni orientali la raccolta regge bene il confronto con le più celebri favole de Le mille e una notte.

Dylan Dog a Golconda
Golconda Golconda, la grande baraonda! canta una band di demoni in un malfamato club londinese. Ad assistere allo spettacolo Dylan Dog e la compagna del momento, Amber Cat, incantevole, coraggiosa e tosta, molto tosta, figura femminile dell’albo numero 41 di Dylan Dog, dal titolo, manco a dirlo, Golconda!.7

Soggetto e sceneggiatura del maestro Tiziano Sclavi, disegni di Luigi Piccatto, mentre l’indimenticabile copertina è affidata a Claudio Villa. Di recente ne è stata anche ripubblicata una versione a colori.8

Demoni cantanti, un bulbo oculare che va in bicicletta, uomini in nero usciti dal celebre quadro di Magritte in giro per Londra a smembrare persone.

E una tavola, che è una mappa e che è anche un montaggio perfetto per descrivere il viaggio via terra del protagonista da Londra all’India.

Destinazione? Golconda e il mezzo di trasporto non poteva che essere il maggiolino di Dylan.

Note
1 Jean Baptiste Tavernier, Travels in India, 1676, https://www.wdl.org/en/item/17760/#regions=central-and-south-asia&provinces=andhra-pradesh&cities=golconda&countries=IN

2 Diamante. In Wikipedia. Consultato in agosto 22, 2019, da https://it.wikipedia.org/wiki/Diamante#Cenni_storici

Golconda, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 22 agosto 2019, Treccani.it – Enciclopedie on line

4 Guido Gozzano, Verso la cuna del mondo, Torino, EDT, 1998, 91. https://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/gozzano/verso_la_cuna_del_mondo/pdf/gozzano_verso_la_cuna_del_mondo.pdf

5 Guido Gozzano, Verso la cuna del mondo, Torino, EDT, 1998. https://www.liberliber.it/online/autori/autori-g/guido-gozzano/verso-la-cuna-del-mondo/

I mille e un giorni, 1833, https://play.google.com/store/books/details?id=wI1NAAAAcAAJ&rdid=book-wI1NAAAAcAAJ&rdot=1

7 Tiziano Sclavi (testi), Luigi Piccatto (disegni); Golconda!, in Dylan Dog n.41 Sergio Bonelli Editore, Milano, ottobre 1999. 

8 Tiziano Sclavi (testi), Luigi Piccatto (disegni); Golconda!, Sergio Bonelli Editore, Milano,  giugno 2017. 

More from Alessandro Gogna
Come si viaggia in treno in Svizzera
Milano è 50 chilometri dal confine svizzero ma per molti aspetti sembra...
Read More
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *