Questo il titolo del corto ideato da Nico Valsesia per raccontare la sua traversata da Marrakech a Dakar in bici, in un gruppo di 16 persone. Tra un’accoglienza inaspettata, treni merci lunghi tre chilometri e il piacere di stare da soli, ma pedalando tutti insieme
di Benedetta Bruni
“Non la chiamerei impresa: le imprese sono ben altre”. Così inizia la chiamata con Nico Valsesia dove ci racconta la sua ultima traversata da Marrakech a Dakar, di cui ha realizzato un corto insieme a una viaggiatrice che a gennaio ha deciso di partire con lui e un folto gruppo di oltre 10 persone. Non la chiameremo così, dunque, ma ci sembra ugualmente impressionante percorrere 2.700 km in bici, per 20 giorni, senza supporti, attraverso Marocco, Mauritania e Senegal, con la responsabilità di portare tutti fino alla fine. Lo definisce, invece, un viaggio all’insegna dell’avventura – al pari di altri che ha compiuto, come i vari “From Zero To” e le sei Race Across America – ma nel vero senso della parola. E che possono fare tutti, a patto di armarsi di un forte spirito di adattamento e di partire con il desiderio di vivere un’esperienza per sé stessi, che potenzialmente ti cambia la vita, e non solo per raccontarla agli altri.
È stata una bellissima esperienza vivere quasi un mese fuori dal mondo
La tua ultima traversata ti ha visto partire da Marrakech e arrivare a Dakar. Come hai ideato questo viaggio e in cosa era diverso rispetto a quelli che hai fatto finora?
Questa era un’avventura che ho creato per consentire a chiunque volesse di partecipare. Ed è stato molto più difficile da gestire che non farlo in solitaria. Viaggiare in gruppo è diverso: è bello sapere di poter condividere esperienze con altri, si instaurano amicizie che poi portano ad altre avventure, ma c’è anche la responsabilità di 15 persone. E questo comprende sia la parte più pratica dell’aggiustare le bici, sia la parte psicologica. Spesso si parte con un’idea, ma strada facendo si capisce che è più impegnativa di quanto si pensava, per cui a quel punto bisogna capire i propri compagni e cercare di alleggerire un po’ la situazione per portare tutti alla fine. E nei miei 30 anni di viaggi organizzati non ho mai abbandonato nessuno. Anche quest’anno siamo partiti in 16, ma: uno era malato ed è dovuto rimanere a casa, due avevano concordato di tornare prima per mancanza di tempo, Ersilio (un viaggiatore disabile, ndr) è arrivato a metà e l’ha riaccompagnato indietro, un altro che era caduto e non se la sentiva di proseguire. È stata una bellissima esperienza, questa di vivere quasi un mese fuori dal mondo.
In effetti un mese fuori dall’Europa, oltre che passato in bicicletta, deve essere un’esperienza che distacca dalla propria realtà.
Per chi non è abituato, è un’esperienza che ti cambia. In bici hai tanti momenti in cui sei in gruppo ma anche da solo. Non sei sempre affiancato ad altri a chiacchierare, ti sganci per pensare. E serve. Quando sei a casa sei preso dall’abitudine e non riesci a riflettere abbastanza. E magari non fai neanche sport perché senti che ti potrebbe distrarre dai problemi che devi risolvere, quando in realtà è utile fare attività perché ti regala del tempo da solo per pensare.
Quali consigli puoi dare a chi si avvicina per la prima volta a un’esperienza di questo tipo? Serve un certo livello di allenamento?
No, a parte un minimo di allenamento per non soffrire troppo all’inizio. Quello che è essenziale avere è lo spirito di adattamento, come in tutto nella vita. Trovo che sia inutile accanirsi su soluzioni che non esistono, mentre se mi adeguo prima alla situazione potrei anche trovarci del positivo e divertirmi. Quindi sì, per un viaggio come questo è sufficiente un allenamento medio, ma un alto spirito di adattamento e il desiderio di voler compiere questa esperienza per sé, non solo per raccontarla agli altri. Anche perché poi si rischia di diventare un problema per chi, questo viaggio, lo fa per passione.
Ci racconti qualche aneddoto del viaggio, anche legato ai vostri incontri?
Mi ricordo di un episodio vissuto con Josef, in Marocco: era già buio e ci ho messo un’ora buona a convincerlo di ospitarci a casa sua. Poi era felicissimo, ci ha fatto da mangiare di tutto, la moglie ha tirato fuori i vestiti da festa e li ha fatti provare alle due ragazze con noi. Eppure la metà del gruppo era restia a entrare, ma a parti alterne aveva più ragione lui ad avere timore, dato che si è vista entrare in casa, di notte, un gruppo di 15 persone straniere. Un altro episodio è stato il treno di ferro che abbiamo preso in Mauritania: un’esperienza pazzesca per tutti, sebbene fossero un po’ spaventati perché in effetti non sapevamo dove saremmo finiti ed eravamo nel mezzo del deserto del Sahara. In realtà, credo che questo Paese sia uno dei più ospitali dove sono stato. Le poche macchine che passavano ci offrivano sempre acqua e se ce l’avevano anche del cibo. Una si era fermata per gonfiarmi le gomme dopo avermi visto cambiare la camera d’aria, e nel frattempo mi ha offerto latte e biscotti. In questi luoghi sono abituati ad aiutare il prossimo, perché sono tutti nella stessa situazione precaria. Vederci in bici e sporchi per loro significava che “non avevamo le possibilità”, perché se le avessimo avute, saremmo stati in macchina.
Quali partner hai avuto al tuo fianco in questo progetto?
In questo progetto ci ha supportato Cinelli con la comunicazione, mentre economicamente un’azienda di zona, Metallurgica Cusiana, che è un amico e appassionato di bici e viaggi, Carlo Poletti che fa valvole per l’acqua e Rizoma che fa i pezzi delle moto customizzati.
Sappiamo che questo viaggio verrà replicato a gennaio 2025. Ci saranno delle differenze rispetto a quello di quest’anno?
E hai anche altri viaggi in programma per il futuro? Sì, ora ci stiamo strutturando anche con Ersilio nel ricreare Bike Adventure, dove inseriremo tutti i viaggi. Noi vorremmo che fossero abbordabili per tutti, specialmente a livello economico. Inoltre, il nostro obiettivo sarà quello di organizzare viaggi per disabili o per chi esce da situazioni difficili e ha bisogno di “una scrollata”. Per adesso abbiamo in programma un viaggio in Portogallo a settembre, poi in Andalusia nelle zone desertiche a fine mese. E poi la seconda Marrakech-Dakar dal 1° gennaio, che quest’anno sarà seguita con un mezzo di supporto.