Questo grande avvoltoio gregario arriva sulle nostre montagne a inizio giugno, principalmente dall’area del Verdon nel sud della Francia, al seguito delle greggi di pecore che vengono portate a pascolare in alpeggio. Questo perché si nutre delle carcasse di ungulati selvatici e domestici, ovvero delle pecore che muoiono per varie ragioni. Conosciamo meglio le abitudini di questo enorme planatore, a rischio estinzione, facilmente ammirabile in estate in particolare nell’alta Valle Stura.
Grifone, il turista estivo delle Alpi
di Franco Borgogno
(pubblicato su piemonteparchi.it il 6 luglio 2022)
Nelle giornate estive è piuttosto frequente, soprattutto in alcune vallate delle Alpi occidentali, venire prima sorpresi e poi ammaliati dalla visione di un gruppo di uccelli molto, molto grandi. Appaiono arrivando dall’orizzonte lontano, planano possenti e placidi sopra la nostra testa o volteggiano nella cosiddetta ‘termica’, quella corrente ascensionale di aria calda che sale dal suolo verso le quote elevate più fresche e che viene utilizzata dai rapaci per prendere quota risparmiando energie. Se siamo fortunati, possiamo ammirarne anche qualche decina, fino a cinquanta o sessanta tutti insieme. Oppure, osservando con attenzione il territorio in cui stiamo effettuando l’escursione, ci può capitare di poterli guardare mentre in gruppo sono intenti a mangiare la carcassa di qualche animale morto: una pecora, un cervo o qualche altro ungulato selvatico… Sono i grifoni, avvoltoi maestosi che destano nell’uomo stupore e ammirazione ma che risvegliano anche un leggero brivido, reflusso di leggende ancestrali o del pensiero legato al fatto che questi animali si nutrano di cadaveri.
Un avvoltoio imponente
Sono imponenti: il loro corpo è lungo circa un metro, l’apertura alare supera abbondantemente i due metri e mezzo, fino a due metri e ottanta. In età adulta il grifone può arrivare a dieci chili di peso. Testa e collo sono chiari, apparentemente ‘pelati’ come gran parte degli avvoltoi: il piumaggio è scarso per rendere più facile l’ingresso del capo nelle carcasse degli animali di cui si nutrono; alla base del collo c’è una specie di ‘collarino’ di piume, più consistente, che impedisce alla parte retrostante di sporcarsi di cibo. Il becco è molto robusto, per strappare la carne. Il grifone in natura vive fino a 20 anni, in cattività può arrivare a 40.
Nel 2021 sono stati diverse centinaia i soggetti segnalati in Piemonte agli Enti Parco che si occupano del monitoraggio di questi animali, in grandissima parte nella parte occidentale delle nostre Alpi: dalle Marittime, alle Cozie e alle Graie, con alcune osservazioni anche nell’estremo nord delle Alpi piemontesi, nelle Aree protette dell’Ossola e della Val Grande. Un dato complessivo di osservazioni in crescita, che è frutto della presenza di gruppi di grifoni erratici o in transito, perché al momento sulle nostre montagne non esistono grifoni stanziali, provenienti soprattutto dalla Francia ma anche dalla Spagna – dove risiede e prospera circa il novanta per cento della popolazione europea di questa specie – e in alcuni casi addirittura dalla Croazia. Trascorrono qui l’estate perché seguono le folte greggi di pecore in alpeggio: non per predarle, ma per nutrirsi dei capi che, per le più svariate ragioni, muoiono.
Ruolo ecologico fondamentale
Tutto questo ribadisce e sottolinea il rilevante ruolo ecologico che ricoprono questi animali: in tempi rapidi individuano le carcasse, anche su aree molto vaste ed esclusivamente grazie alla loro eccezionale vista, e in meno di un’ora ‘puliscono’ la carcassa dalle parti molli degli animali morti (il gipeto si occuperà delle ossa), evitando il proliferare di patogeni e la diffusione di malattie pericolose sul territorio, un’insidia importante sia per gli altri animali selvatici che per i domestici in alpeggio.
Non mangiando tutti i giorni, il grifone può restare fino a tre settimane senza ingurgitare nulla. Per questo, ogni individuo può arrivare a divorare fino a due chili di carne nel singolo pasto, ma la media è di circa mezzo chilo al giorno.
Una specie monogama
Il Gypus fulvus, questo il nome scientifico del grifone, è assolutamente monogamo. La maturità sessuale arriva dopo i 5 anni. I compagni si scelgono vicendevolmente e dopo il rituale volo nuziale individuano il luogo per la nidificazione, nelle cavità o sulle cenge delle pareti rocciose. Durante l’inverno viene deposto un solo uovo per coppia. Questo verrà accudito da entrambi i genitori, che si occuperanno assiduamente anche del piccolo che alla nascita – tre mesi dopo la deposizione dell’uovo – dovrà affrontare condizioni ambientali ancora impegnative e dovrà imparare a volare in maniera efficace.
In Italia il grifone è considerato in ‘pericolo critico’, ossia a serissimo rischio di estinzione. In circa un secolo, il numero di individui presenti sul territorio italiano è crollato di oltre l’80 per cento e quello delle coppie di circa il 90. Tutte le popolazioni italiane della specie si sono estinte tra Ottocento e Novecento, ad eccezione della popolazione sarda, che possiamo ancora osservare soprattutto nella zona di Bosa e nella Sardegna nord-occidentale. Fino agli Anni Trenta del ‘900 i grifoni sardi occupavano quasi tutti i rilievi montuosi dell’isola, con una popolazione stimata superiore alle mille unità. Oggi ne sono rimasti meno di cento.
I motivi del suo declino
Le cause di questo declino sono varie: dall’utilizzo, ancora oggi, di bocconi avvelenati, alla caccia diretta (nel passato), alla scomparsa di habitat adatti e alla trasformazione dell’agricoltura e pastorizia o alla presenza di infrastrutture come elettrodotti o impianti eolici (quando non realizzati con criteri realmente attenti).
Alcuni progetti di reintroduzione hanno riportato la specie a occupare una parte dell’antico areale, tra Alpi orientali (Friuli Venezia Giulia) e Appennino centrale, ma queste popolazioni vivono grazie alla alimentazione artificiale, ovvero i cosiddetti ‘carnai‘: in questi luoghi vengono lasciati animali morti, di cui i grifoni si nutrono in sicurezza. Questa è stata la via perseguita anche in Francia, dove oggi il numero di individui è importante, e alcuni tentativi sono in corso anche nella nostra regione. Occorreranno tempi lunghi, ma speriamo che un giorno, come è accaduto per il gipeto, si possano nuovamente contare grifoni residenti in Piemonte.
Per ora è possibile osservarli sulle creste e le vette di confine, dal Colle di Tenda alla Valle Stura, dalla Val Troncea alle Valli di Lanzo. Ed è uno spettacolo che emoziona, come sempre quando siamo al cospetto di specie simbolo e che sappiamo essere a forte rischio.