Il Pianeta surriscaldato e i suoi destini

Il fumetto di Francesco Memo e Barbara Borlini, con la prefazione di Telmo Pievani: una storia aperta e rivolta al futuro che vuole scongiurare i toni inutilmente apocalittici.

Il Pianeta surriscaldato e i suoi destini
(un racconto-verità in una graphic novel)
di Mauro Garofalo
(pubblicato su lastampa.it/tuttoscienze il 2 ottobre 2024)


Fino a qualche anno fa le narrazioni sul futuro dell’umanità scomodavano la post-Apocalisse. Ora sappiamo che la “climate emergency” è un fatto, così il surriscaldamento globale e la siccità. Che cosa possiamo fare, affinché il genere umano possa avere un futuro sano e in equilibrio con le altre specie, quanto è importante oggi raccontare l’ambiente e come farlo?

Ne parliamo con Francesco Memo e Barbara Borlini, autori della graphic novel Il limite del mondo, pubblicato per Tunué edizioni, con la prefazione di Telmo Pievani. Un fumetto sull’Antropocene e la crisi climatica, con una modalità doppia: il formato prevede due storie, una doppia copertina e un doppio verso di lettura, che si incrociano al centro del libro.

Quando abbiamo iniziato a lavorare al libro – dicono Memo e Borlini – avevamo chiara che la rappresentazione catastrofista della crisi climatica non ci interessava. Mettere in scena i disastri crea un effetto di assuefazione e compiacimento. Un’estetica dell’apocalisse, o post-apocalisse, che finisce per rinforzare un’idea di distanziamento: è qualcosa di eccezionale, che riguarda altri. Al contrario, ci siamo chiesti: come possiamo rappresentare un mondo in cui gli effetti del riscaldamento globale sono diventati normalità? Come vivono i nostri personaggi, adolescenti, in questa nuova ‘anormale’ normalità? In città sempre più calde e diseguali, dove i ricchi vivono in ambienti cool con l’aria condizionata e i poveri subiscono le ondate di calore. O nelle montagne aride senz’acqua e neve, dove ci si dibatte nel ricatto tra lavoro e ambiente. Un mondo sempre più inospitale”.

Il momento storico che stiamo vivendo è denso di squilibri economici e ambientali. Il Tempo è un grande vettore narrativo: “Sono storie autonome (il lettore può iniziare da una parte o dall’altra), ma non indipendenti. Abbiamo costruito ponti fra il mondo montano di Yves e il mondo urbano di Eva, con alcuni personaggi che attraversano il confine (…) come due affluenti che sfociano in un unico lago, che lungo il percorso lasciano ciottoli e indizi che tocca a chi legge raccogliere. Oltre a essere una sfida sul piano narrativo mettere in scena ambienti apparentemente isolati, che si scoprono interrelati, assume un senso particolare in un fumetto sul cambiamento climatico”.
Da anni le narrazioni sull’ambiente puntano il dito su sistemi complessi, che si influenzano a vicenda, come scrisse per primo Amitav Ghosh. Per questo – aggiungono gli autori – “bisogna provare a pensare per interdipendenze, scrivere e disegnare storie che superino il piccolo mondo del romanzo chiuso in sé, in cui l’ambiente è uno sfondo inerte”. Non accade ne Il limite del mondo. “Le due storie collassano al centro del libro, non c’è un vero e proprio finale. Perché, nonostante il tempo per l’azione sia sempre meno, l’esito di crisi ecologiche e sociali che stiamo vivendo non è ancora scritto. Dipende dalle scelte che facciamo e che faremo, non solo a livello individuale”.

Uomini, animali, regno minerale, vegetale. Il linguaggio attraversa molte frontiere. “In questo fumetto abbiamo voluto confrontarci con la ‘narrativa di anticipazione’, immaginando una società tecnologicamente avanzata, ma ecologicamente fragile. Questo vale per la rappresentazione della città dove troviamo Eva, una ragazza che vive rinchiusa in una gabbia dorata, attratta dalla natura e dagli animali. Quando suo padre le regala un i-pet, un robot di ultima generazione simile a un pettirosso, cresce in lei un senso di vuoto e insoddisfazione. Ma anche immaginare la montagna è stato interessante – raccontano gli autori -. Una montagna diversa da quella che conosciamo. Pochi boschi di conifere, per l’aumento delle temperature, e la diffusione di parassiti. I grandi laghi artificiali svuotati e il paesaggio segnato da tracce inquietanti. Una montagna dove tutti abitano nel fondovalle, lavorano nelle serre verticali idroponiche e nell’impianto di geo-ingegneria per la cattura della CO2. Solo Yves e suo nonno sono rimasti in quota, ultimi contadini spaesati e isolati”.
L’arte, la bellezza possono essere basi per la transizione green di cui tanto si parla. “Abbiamo inserito un omaggio a Lynn Margulis, una grande scienziata che ha rivoluzionato le teorie sull’evoluzione. Come spiega Telmo Pievani nel suo contributo, Margulis ha proposto l’idea che la cooperazione e la simbiosi siano forze fondamentali della vita. L’evoluzione come trionfo della rete e della fusione e non della lotta del più forte sul più debole. Anche la famosa ipotesi Gaia, formulata sempre da Margulis e James Lovelock, si basa su un’intuizione simile: il pianeta Terra come grande sistema auto-organizzato, fatto di reti che legano tra loro tutti i viventi, dai batteri ai grandi organismi, con i complessi cicli chimico-fisici di regolazione”.

Per questo motivo – è una delle tesi – anche l’arte “dovrebbe essere vista come una rete di relazioni più ampie. E nel momento in cui il Pianeta di cui siamo parte viene sacrificato a un’economia predatoria, che lo considera come un pozzo senza fondo da sfruttare e deturpare, come artisti e narratori dobbiamo far sentire la nostra voce”.

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