L’attimo fuggente del Pianeta

Il Rapporto IPCC pronuncia il “più cupo avvertimento di sempre”. Rischi chiave sono: siccità, inondazioni, calore. La possibilità di riduzione del danno è minima e le mezze misure non sono consigliabili.

L’attimo fuggente del Pianeta
di Alfredo De Girolamo
(pubblicato su huffingtonpost.it il 1 marzo 2022

Si stima che nel mondo ci siano tra 3 e 4 miliardi di persone che vivono in contesti altamente vulnerabili alla crisi climatica. L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel suo sesto e ultimo rapporto (oltre 3mila pagine ed approvato da 195 paesi dell’ONU) pronuncia il “più cupo avvertimento di sempre”. L’ennesima sirena d’allarme.

In sintesi, siamo al collasso completo. Il concetto di fondo del “Cambiamento climatico 2022: impatti, adattamento e vulnerabilità” è che le azioni dell’uomo stanno inevitabilmente causando pericolose alterazioni, e la finestra per garantire un futuro vivibile al Pianeta si sta progressivamente chiudendo. Questo documento, prodotto in tempo di guerra e in epoca pandemica da ricercatori di 60 paesi, si pone la domanda di quale sia la posta in gioco.

La risposta della scienza è ovviamente pessimista: il climate change è in una fase di accelerazione (sempre più persone nel mondo sono esposte ad una grave insicurezza alimentare ed idrica), purtroppo, gli effetti futuri saranno esponenzialmente più gravi del previsto. In tale, poco roseo, scenario la possibilità di riduzione del danno è minima. E le mezze misure non sono sicuramente consigliabili. La possibilità di intervenire riducendo le devastazioni che ci attendono è ridotta a un tenue lumicino. A essere minacciate sono intere aree del globo.

Le prove scientifiche elencate sono inequivocabili: il cambiamento climatico è un rischio totale per l’uomo e l’ambiente. Qualsiasi ulteriore ritardo negli interventi avrà delle ricadute negative e pesanti. “Rischi chiave” sono: siccità, inondazioni, calore. Rappresentano condizioni meteorologiche estreme diventate consuetudinarie. Mentre, i “rischi ritardati” hanno un diretto collegamento con le zone costiere, dove si registra un costante aumento del livello del mare, dovuto allo scioglimento delle calotte artiche.

Consentire alle temperature globali di superare di 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali, ovvero non frenare la crescente tendenza al rialzo delle emissioni di gas serra, comporterebbe l’irreversibilità dei processi in atto. Numeri alla mano se il riscaldamento arriva a 3°C ci sarà una popolazione (170 milioni di abitanti) colpita da siccità estrema. Contenendo il riscaldamento a 1,5°C, si scende a 120 milioni.

I rischi maggiori sono quindi causati a catena dall’aumento delle temperature. Lo scongelamento del permafrost rilascerà enormi quantità di carbonio nell’aria, amplificando ulteriormente il riscaldamento globale. Le ondate di calore (disagio termico) sono condizione favorevole ad incendi ed impattano su agricoltura, pesca, ecosistemi e anche la stessa vivibilità delle nostre città (dove occorre attuare politiche di mitigazione attraverso accorgimenti nella pianificazione urbana e nell’edilizia).

A oggi, si legge nel report, i progressi sull’adattamento non sono uniformi ed è sempre più ampio il divario tra le azioni intraprese e ciò che è necessario fare. E questo divario è maggiormente accentuato nelle popolazioni a basso reddito. Tuttavia, sussistono soluzioni pratiche e un pizzico di speranza. Gli ecosistemi in salute sono maggiormente resilienti ai cambiamenti climatici. Ripristinando gli ecosistemi degradati e conservando efficacemente gli altri habitat terrestri possiamo ottenere dei notevoli benefici.

Accelerare il progresso verso uno sviluppo sostenibile ha un costo finanziario (ad esempio nel caso dell’Italia misure adeguate di adattamento produrrebbero un dimezzamento delle perdite, stimato al momento in 5,4 miliardi con +3°C). Sfide che coinvolgono ciascuno di noi, dai governi al settore privato, dalla società civile ai comportamenti del singolo individuo. La strategia è riposta nella cooperazione, nella sinergia, nello scambio di know how scientifico e tecnologico. Basterà?

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