L’insolita estate di uno studente tedesco a Gioia dei Marsi

di Davide Agazzi
(pubblicato su parksofitaly.com il 4 agosto 2022, aggiornato)

Parks of Italy è un magazine online indipendente, che si pone l’obiettivo di trovare e raccontare storie dai parchi naturali italiani. Grazie alla raccolta di interviste e approfondimenti, vuole offrire una maggiore e diversa informazione per aiutare a conoscere una delle più grandi risorse del territorio italiano. 

Ingo Zahlheimer è uno studente tedesco di 25 anni, originario di Passau – ai margini del Parco nazionale della Foresta Bavarese – laureatosi in Geografia presso l’Università di Monaco, che oggi frequenta un Master in “Nature Conservation and Landscape Planning” alla TUM (Technical University of Munich). Oltre a essere un appassionato di escursioni nella natura, ama quotidianamente cimentarsi nella fotografia; ed è proprio grazie ai sui scatti su Instagram che lo abbiamo conosciuto, scoprendo il suo inaspettato legame con l’Italia. Ingo ha infatti scelto di sostenere parte del suo Master all’estero, senza appoggiarsi a qualche rinomata università, ma decidendo di spendere i suoi 5 mesi da studente fuori sede nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Come volontario all’interno dell’associazione “Salviamo l’Orso”, realtà nata per la conservazione dell’orso bruno marsicano, spesso in collaborazione con il progetto “Rewilding Appennines”.

Foto: Ingo Zahlheimer

Dopo qualche telegrafico messaggio su Instagram, ci siamo sentiti (e visti) in una call su Zoom. Lui era seduto davanti a un bucolico rifugio sulle montagne d’Abruzzo, interrotto solo dal canto degli uccellini e immerso nella natura. Io invece ero in mutande nella mia camera a Torino, in una delle estati più calde di sempre, madido di sudore e spesso interrotto dai clacson del traffico e dalle sgommate sull’asfalto delle automobili.
È in quel momento che ho capito, nuovamente, di aver sbagliato qualcosa nella vita.
Nonostante le avversità quotidiane, siamo riusciti a chiacchiere agevolmente per una mezzora abbondante, durante la quale gli abbiamo chiesto dove è nata questa sua idea e cosa ne pensa dei parchi italiani, dopo i primi mesi trascorsi nel cuore verde d’Italia.

Ingo Zahlheimer. Foto: Tobias Köhler, 4 luglio 2019.

Ingo, come sei venuto a conoscenza del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise? E quando hai pensato di volerci spendere 5 mesi della tua vita da studente?
Effettivamente è una storia un po’ buffa. Anche in Germania amo trascorrere il mio tempo libero facendo scatti naturalistici e per puro caso mi sono imbattuto in un evento dove era presente Bruno D’Amicis, un fotografo naturalistico italiano. Le sue foto mi avevano particolarmente colpito. Ho iniziato a seguirlo su Instagram, ovviamente, e a un certo punto ho letto del parco e del progetto Salviamo l’Orso. Ho studiato il programma e ho pensato fosse un’idea fantastica, oltre che adatta al mio percorso di studi: mi sono detto, è l’occasione giusta.

Foto: Ingo Zahlheimer

E l’Università prevedeva questo tipo di collaborazione con enti esterni?
Sì, ed è stato uno dei motivi che mi ha spinto a studiare presso questa facoltà, la possibilità di viaggiare e scoprire altre realtà al di fuori della Germania. Però non esisteva nessuna collaborazione tra l’Università e l’associazione, quindi ho fatto da precursore e penso di essere il primo studente della TUM a essere qui. Tutto grazie a qualche foto su Instagram.

Invece ci sono altri studenti e volontari come te all’interno dell’associazione?
Sì, assolutamente. Ci sono volontari da tutta Europa, dall’Inghilterra, dall’Irlanda, dall’Olanda, dalla Germania, Francia, Belgio e anche italiani. Siamo divisi in tre diverse parti del parco, un gruppo ha sede a Pettorano sul Gizio, un altro a Ortona dei Marsi, mentre io sono a Casale d’Aschi, una frazione di Gioia dei Marsi. Nella mia casa siamo in cinque, tutti con diversi background.

Quali sono le vostre attività principali all’interno del parco?
Noi abbiamo un programma settimanale, che viene deciso ogni weekend. Le attività sono molto variegate, una delle mie preferite è tracciare i grifoni con il GPS. Quando osserviamo che un numero di grifoni è radunato in un certo punto, immaginiamo sia perchè in quella zona c’è la carcassa di un animale. Così ci dirigiamo in quel punto del parco per fare una verifica. Spesso si tratta di percorsi abbastanza impegnativi, perchè i grifoni di certo non seguono i sentieri e si ritrovano in quota. E per me si tratta di un’esperienza unica: in Germania – e penso in buona parte d’Europa – non è così facile poter osservare questi avvenimenti.
Un’altra attività è quella di rimuovere il filo spinato sparso per le montagne, che era stato utilizzato dagli anni 50 agli anni 90 per rimboschire queste zone e ora invece è abbandonato. È ovviamente un fattore di pericolo per gli animali, ma anche per noi che spesso rischiamo di tornare a casa pieni di graffi e tagli!
Infine, lavoriamo alla costruzione di recinzioni elettrificate a protezione degli animali da cortile, per evitare che gli orsi possano recare disturbo alla popolazione locale.

Foto: Ingo Zahlheimer

L’orso marsicano è l’animale simbolo del parco. Sei riuscito a fotografarne uno in questi mesi?
Purtroppo non ancora, è davvero difficile avvistare un orso. Ci sono circa una cinquantina di esemplari in tutto il parco, il livello di avvistamento è davvero difficile. In questi primi due mesi siamo riusciti a vedere un solo orso, in maniera del tutto casuale. Dopo una settimana di tentativi, una sera siamo andati a dormire in un rifugio nel parco in occasione del compleanno di una volontaria. Al tramonto siamo andati in un punto di osservazione e abbiamo visto un orso, dall’altra parte della montagna. È stata una grande emozione, purtroppo non avevo la fotocamera dietro per immortalare quel momento.

I parchi nazionali in Italia spesso hanno creato dei conflitti di interesse, tra chi vuole tutelare maggiormente la natura e chi gli interessi dell’uomo. Che riscontro hai avuto in questi mesi sul tema?
Le realtà con le quali collaboro mi stanno mostrando quanto sia importante non solo lavorare all’interno dei parchi nazionali, ma anche al di fuori, creando dei veri e propri corridoi riservati agli animali e alla natura. Se guardo in casa mia, al Parco nazionale della Foresta Bavarese, non vedo molte differenze con l’Italia da un punto di vista geografico: non sono spazi sconfinati, come in America o in Scandinavia, quindi l’ingerenza dell’uomo è inevitabile.

E quali possono essere invece le divergenze culturali, nella creazione di un parco nazionale?
In Germania oggi i parchi nazionali sono ben accolti dalla popolazione, ma ci è voluto tempo. Ancora oggi non mancano le proteste contro la presenza dei lupi da parte degli allevatori, ma le persone hanno iniziato a capire che i parchi erano una grande opportunità, sia culturale che economica.
Qui nel Parco d’Abruzzo penso che stia avvenendo la stessa cosa: quando andiamo a montare le recinzioni elettrificate, a protezione degli allevamenti, la maggior parte delle persone ci ringrazia. In fondo sono servizi gratuiti, finanziati dall’Unione Europea. Altre volte invece abbiamo ricevuto riscontri negativi: “Se vedo di nuovo un orso, giuro che gli sparo!”, ci è stato detto più volte.
Ad ogni modo in generale qui la presenza dell’orso marsicano è un fatto unico, attrae molti turisti che vengono con le migliori intenzioni, basta vedere quanti adesivi ci sono sulle auto che circolano nel parco con scritto “speed kills bears”.

Foto: Ingo Zahlheimer

Cosa porterai con te di questa esperienza?
Il 19 agosto 2022 ho presentato le mie foto durante un evento organizzato dall’associazione “Rewilding Appennines” a Pettorano sul Gizio, mentre il 22 l’ho fatto a Ortona dei Marsi. A fine ottobre invece, quando tornerò in Germania, parteciperò al GDT, il più importante festival europeo dedicato alla fotografia naturalistica. Lì avrò modo di raccontare la mia esperienza in Italia, per me si tratta di un traguardo molto importante.

Come hai scelto quali foto proporre durante questi eventi?
Di sicuro anche se avessi delle foto dell’orso marsicano non vorrei esporle al grande pubblico. Non mi sembrerebbe corretto. È sicuramente positivo che le persone abbiano a cuore questo animale, ma ne vedo davvero troppe che vengono al parco con l’idea di vedere un orso a tutti i costi e fotografarlo. Non voglio alimentare la curiosità della gente verso questo animale, non sarebbe il modo giusto per tutelarlo.

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