Oggetto ICS

Cristina Ruffoni, artista attiva a Milano racconta la nuova opera realizzata a quattro mani (più due); una pratica che le è congeniale fin dagli esordi, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Un’opera che parla di natura, sostenibilità, luce e viaggio.

Oggetto ICS
di Giovanna Pierini

La boîte en valise, di Duchamp, le scatole dei Fluxus e quelle di Joseph Cornell, ma soprattutto le opere da viaggio da mettere in valigia di Munari, pensate perché il commesso viaggiatore potesse creare un micro angolo di bellezza nelle squallide stanze d’albergo, sono gli antenati illustri dell’Oggetto ICS, una valigia luminosa con opere trasportabili e sostituibili.

L’hanno ideata l’architetto e artista Ippolita Fraschini e la poetessa visiva Cristina Ruffoni, con l’intervento di Sara Mantero, professoressa di ingegneria biomedica del Politecnico di Milano che lavora su sperimentazioni botaniche per realizzare sostituti della plastica. Proprio il micelio è uno dei supporti pittorici utilizzati da Ruffoni in alcune tele.

La valigia è illuminata da piccole luci a led intermittenti, che pulsano dall’interno, alimentate da un pannello: l’opera è anche ecologica.

Cristina Ruffoni

L’idea è un po’ quella della wunderkammer in una sintesi mobile e luminosa, un po’ magica, come le lucine nei teatrini notturni per i bambini che si proiettano sul soffitto”.

Cristina Ruffoni è inarrestabile mentre mostra i due prototipi dell’Oggetto ICS, esposti negli spazi della Pollice Luxury Light Gallery, in occasione della Design Week 2025, a Milano in via Guido d’Arezzo. Pollice è un’azienda che storicamente ha una vocazione nello sviluppo dell’illuminazione, da quella urbana a quella dei piccoli ambienti.

Marco Pollice collabora spesso con gli artisti e il suo spazio sembrava ideale per il nostro Oggetto. In più lui ha questa passione totale per la luce, il suo studio, la sua progettazione e utilizzo. Un colore e un’intensità giuste per ogni spazio hanno effetti reali sul benessere. Una luce sbagliata non è sana, non è solo un fatto estetico”.

Le tele (35×35 cm) sono le facce della valigia e possono essere sostituite sfilandole dalla struttura. Quelle di Fraschini partono dagli scatti che lei stessa fa, sono foto di paesaggi, natura, animali. In seguito, come in una riflessione sull’esperienza vissuta, monta e rielabora le immagini; infine interviene con un segno che rende l’opera quasi astratta.

Nelle tele di Ruffoni la scrittura è protagonista, ma mai didascalia, piuttosto nucleo essenziale che viaggia con l’immagine. In queste opere la luce è il filo conduttore, luce come presenza ma anche come suo opposto: luce ombra, pieno e vuoto.

Il primo prototipo realizzato dal duo Fraschini-Ruffoni è un omaggio all’ex voto di Ives Klein a Santa Rita da Cascia, quella scatola di plexiglass divisa in comparti è ripresa dalle artiste nei tre piccoli box laterali, che racchiudono il meccanismo, decorati con i pigmenti di Klein (il suo blu, il magenta e la foglia oro).

Al primo prototipo, con struttura metallica, ne è seguito un secondo, ligneo, e con il meccanismo nascosto.

Il progetto della valigia è di Ippolita Fraschini che è architetto, e così tutti i successivi interventi e variazioni; io non ne sarei stata capace. Ma non è un lavoro condiviso solo per distribuire le competenze, a me piace lavorare con gli altri l’ho sempre fatto. L’oggetto ICS è la fine di un nostro percorso iniziato cinque anni fa con il progetto delle gabbie (tubi innocenti donati da un riciclaggio) con i quadri di Ippolita e le mie paraboliche”.

Le antenne recuperate e dipinte da Ruffoni sono un riuso poetico di oggetti dismessi e diventano la superficie pittorica di opere ispirate dall’autobiografia di James Graham Ballard, visionario scrittore inglese che negli anni Sessanta parlava di crisi climatica.

Ruffoni è un’artista erudita, curiosa e sempre aggiornata, ha un bagaglio di letture ponderose, una solida passione cinefila, amore per la fotografia e una conoscenza approfondita dell’arte. Non è così scontato.

Nel percorso delle gabbie, con Ippolita ci siamo ispirate alla Piccola cosmogonia portatile di Raymond Queneau, una riscrittura moderna del De rerum natura di Lucrezio.
Il viaggio ci ha portato a Parma, Milano, Brescia, Mantova e alla Biennale di Venezia; la valigia è un po’ la sintesi di questo itinerario, opere dialoganti legate al concetto di mobilità
”.

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2 Comments

  1. says: bruno telleschi

    Elegante. Ma non è chiaro se l’oggetto di Cristina Ruffoni sia una valigia da utilizzare in viaggio oppure una scultura da esporre in qualche museo. Nel primo caso sarebbe un vantaggio, se l’arte si impadronisse della vita quotidiana, ma nel secondo sarebbe inutile.

  2. says: Cristina Ruffoni

    Gentile Bruno Telleschi, come è raccontato da Giovanna Pierini, una delle fonti d’ispirazione per la creazione di questa valigia, sono le sculture trasportabili di Bruno Munari, quindi certo che questa valigia la puoi portare con te in viaggio oltre che spostarla in casa da un angolo all’altro! In più è un prototipo che potrebbe essere prodotto in una edizione limitata ma le sue tele/opere inserite e interscambiabili ai lati, la rendono anche unica e chi la sceglie può partecipare a cambiarne l’aspetto, partecipando così alla sua realizzazione. Non si tratta di un oggetto dada che non serve a nulla ma le sue funzioni sono molteplici, non illumina per vedere meglio ma per meravigliare e creare un effetto scenografico, non è una scultura tradizionale ma diventa un oggetto personale e intimo che non è statico ma interagisce con la quotidianità con la vita stessa appunto. C’è la scrittura ma anche delle impronte fotografiche che segnano dei passaggi, sono le orme di una presenza/assenza. L’oggetto ICS misterioso nell’epoca dove tutto è esposto, catalogato e definito….

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