Da una parte una disciplina di nicchia ma in costante e graduale crescita con esperti, amatori e beginner in cerca di un terreno di gioco innevato, tracciato e “sicuro”. Dall’altra scarse precipitazioni nevose, calo delle vendite dell’attrezzatura e del comparto race. Un mercato confuso che si domanda: ha senso puntare sullo skialp? Cerchiamo di dare una risposta.
di Karen Pozzi

Negli ultimi anni, il mercato dello scialpinismo è sotto la lente, molte aziende ma anche località e professionisti si interrogano sul suo potenziale e sui numeri che lo caratterizzano. Il trend post-pandemia confermava un boom legato principalmente alla chiusura degli impianti e alla voglia, dopo il lockdown, di entrare in contatto con una natura incontaminata. Una crescita esponenziale che, alla luce dei fatti, sembrerebbe rientrata, ma che, come mostra il report dell’Osservatorio Italiano del Turismo Montano di JFC, ha superato i 100 mila praticanti nel 2023/24.
L’analisi qualitativa
Per avere un quadro più preciso sullo stato di salute del settore, a fine gennaio 2025, a un buon punto della stagione per fare un bilancio credibile, abbiamo deciso di parlare con alcune aziende del settore e di fare delle considerazioni alla luce di quanto vissuto durante Skimofestival, il primo festival dello scialpinismo in Italia. Un’analisi qualitativa che ci ha permesso di scattare una fotografia che mostra sfide, criticità, ma anche opportunità del settore scialpinismo. Di seguito i punti emersi da questa analisi.
Uno scialpinista dalle mille facce: negli ultimi anni si sono delineate diverse inclinazioni di questa disciplina a seconda delle preferenze di ognuno. Accanto al race ci sono anche i “garisti” che ricercano tempo e prestazioni anche fuori dalle gare, o i “light tech”, che scelgono prodotti fast and light prediligendo la risalita alla discesa. Accanto a loro gli scialpinisti più classici, che ricercano vette importanti e tradizionali quando le condizioni meteo lo permettono; gli amatori, che preferiscono la vicinanza alle piste o tracciati più facili e sicuri, preferibilmente in gruppo e con amici. Chi predilige la discesa in backcountry a scapito dei prodotti molto leggeri. Poi ci sono i consumatori “misti” che dispongono di doppia attrezzatura in quanto praticanti di più versioni dello scialpinismo, dal freeride allo ski fitness.
Sell out influenzato dal meteo: le scarse precipitazioni nevose di inizio stagione non hanno certo favorito il sell out, come afferma Andriano Trabucchi, ceo di Ski Trab, ma ci sono varie aziende interpellate che ci confermano di essere in linea con le previsioni anche in vista di una migliore seconda parte dell’inverno. “Il sell-out della stagione in corso è molto volatile e variabile in base alla presenza di neve o meno. Essendo solo a fine gennaio è ancora presto per fare una valutazione, dato che lo scialpinismo si pratica fino a giugno e la vera stagione è la primavera”, afferma Marco Nicoli, sales manager Italia di Oberalp. A conferma anche la dichiarazione di Luca Salini, ceo di Crazy: “Storicamente la categoria dello scialpinismo si vende bene anche a stagione inoltrata, c’è in giro troppa ‘ansia da saldi’ che fa perdere un po’ di lucidità. Servirebbe avere più pazienza e lasciare fare alle stagioni il proprio corso, dobbiamo renderci conto che considerare chiuso l’inverno a fine gennaio non è una buona scelta”.
Crescita confermata: rispetto al trend di crescita è Marco Nicoli di Oberalp, a riassumere con parole chiare quanto emerso anche nel confronto con gli altri brand: “Da un punto di vista di volumi e valori possiamo dire che il comparto ha visto una forte evoluzione post-pandemia con un considerevole aumento di praticanti, che in parte sono rimasti. Oggi lo scialpinismo è in una fase crescente in termini di attrazione e amatori, sebbene in quantitativo minore rispetto all’anno post-Covid. Gli ultimi inverni non hanno facilitato la pratica per carenza di neve, ma possiamo confermare di trovarci in una situazione di crescita”.
Una nicchia di valore: che lo scialpinismo rimarrà per sempre una disciplina di nicchia come molti altri sport è un’inevitabile consapevolezza di tutti gli intervistati, ma per registrare numeri importanti dovrà essere il più accessibile possibile.

Race in calo e crescita del touring: se da un lato il mondo dello skialp race sta subendo un calo, anche a causa della mancata adesione di un numero consistente di iscritti oltre alle difficoltà di programmazione e organizzazione per via di condizioni nevose precarie, lo scialpinismo nella sua versione “touring” è sempre più in voga. E non stiamo parlando per forza di vallate, cime e itinerari immacolati, ma di percorsi facili e accessibili.
Il trend dello ski fitness: un’altra tendenza è quella dello ski fitness, un modo di risalire le piste senza impianti, con attrezzatura da skialp, e poi ridiscenderle come una normale pratica di sci alpino. Questo è molto apprezzato sia dagli appassionati alle prime armi, che spesso non hanno ancora le conoscenze necessarie per uscire in ambienti aperti e più tecnicamente complessi, sia dalle persone che desiderano tenersi in forma in una maniera alternativa, senza voler necessariamente ricorrere agli impianti di risalita, ma anche da chi non ha alternative per assenza di neve.
Ci scontriamo con il divieto della risalita in pista e l’assenza di condizioni favorevoli: come riassume bene Luca Salini, ceo di Crazy: “Il fatto che in Italia sia vietato pressoché ovunque risalire le piste blocca quello che viene definito ski fitness, anche se alcune località si stanno muovendo per agevolare gli sportivi in questa direzione. La vera essenza dello scialpinismo rimane quella della montagna, ma per frequentarla serve competenza e non sempre gli appassionati si sentono in comfort zone uscendo dai sentieri battuti”.
Bisogno di un terreno di gioco “tracciato e sicuro”: questo è il punto chiave dell’inchiesta. Se risalire le piste è vietato e chi deve praticare scialpinismo deve per forza avventurarsi fuoripista, siamo di fronte a un cane che si morde la coda: da una parte aumenta la domanda dove la fetta maggiore è composta da amatori e dall’altra non hanno le condizioni per praticare in sicurezza il loro sport. Da questo assunto nascono iniziative come Skimofestival, che mettono in sinergia istituzioni, territorio, brand e nuovi appassionati in contesti controllati con il supporto di guide ed esperti.
Conclusione
Per tornare alla domanda iniziale, ha senso investire sullo skialp? Alla luce di quanto emerso: oggi più che mai abbiamo ancora un grande potenziale e una base di praticanti che va alimentata offrendo loro le migliori condizioni possibili e un terreno di gioco. Oggi i dati numerici alla mano ci suggerirebbero un’inversione di marcia e, invece, analizzando nel dettaglio la situazione, questo è quel momento in cui investire, credere in qualcosa, lavorare in modo sinergico e porre le basi per un futuro favorevole. Chi ci crede (brand, eventi, località, operatori ed eventi come Skimofestival) raccoglierà i frutti.

Offrire le condizioni significa…
Finalmente diverse località stanno andando in questa direzione offrendo possibilità di risalita e sentieri già tracciati e mantenuti in collaborazione con le società di impianti. Un esempio è il progetto del territorio di Bormio degli Stelvio Natural Skimo Trails, che conta quattro itinerari tracciati, con risalita nel bosco e discesa in pista. Anche l’Aprica è un caso virtuoso in questo senso dal momento che il venerdì sera sulla Baradello, la pista illuminata più lunga d’Italia, è possibile risalire con le pelli. A questi esempi si aggiungono diversi comprensori italiani che offrono itinerari tracciati e possibilità di accesso in pista agli scialpinisti in orari predefiniti. Ma al momento sono solo casi isolati. Non ci addentreremo ora sulle questioni di sicurezza, ma se garantire uno spazio di movimento per lo scialpinismo diventasse la regola, verrebbe anche controllato e normato. Noi di Outdoor Magazine continueremo a sensibilizzare su questo tema e a monitorare la situazione.
Il caso race
Perché il comparto race è in crisi? Un tema già ampiamente affrontato a gennaio 2024 quando, in occasione dei Winter Business Days, avevamo organizzato una tavola rotonda sullo scialpinismo e in seguito da Maurizio Torri nella sua rubrica Inside The Race. Tra le motivazioni che hanno portato allo scarso appeal delle gare ci sarebbero purtroppo, oltre a tante altre, anche le Olimpiadi e i format scelti per questo evento, ovvero la sprint e la staffetta mista perché più “sicure” e molto più “televisive”. I campionati nazionali e internazionali si sarebbero adattati a questi format attraendo meno persone, soprattutto gli amatori affezionati alle gare tradizionali, che, secondo alcuni operatori del settore, non trovano alternativa in quanto la Coppa Italia e i Campionati Regionali sarebbero stati trascurati dalla FISI.
La soluzione risiede, secondo Torri appunto o Luca Salini, ceo di Crazy, in un ritorno al passato caratterizzato da eventi più amatoriali, raduni o notturne per esempio, dove, come nelle gare di corsa, i primi 10 sono i veri atleti e il resto amatori che alimentano il movimento. Le garette non federali infrasettimanali sono state per molti anni fucina di talenti. Il format era tanto semplice quanto vincente: una salita cronometrata post lavoro con premiazione e festa in rifugio. Quelle proposte in questo avvio di stagione hanno riscosso incoraggianti responsi che confermano la riflessione: bisogna ripartire da qui. Ma anche ripensare le gare al passo con i tempi e andare incontro alle esigenze dei partecipanti con nuovi format che risultino meno impegnativi e onerosi anche sotto l’aspetto.
Trovo piuttosto triste parlare di programmazione di mercato in un forum in cui il focus è sulla montagna.
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Le aziende hanno bisogno di vendite , di testimonials , di turnover di attrezzature , di “infilare discorsi” tecnico-prestazionali ovunque…
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Il mio scialpinismo è diverso : non guarda ai tempi ed alle serigrafie , ma alla giornata passata in ambiente , al punto che se ci sono troppe persone sul mio itinerario , mi rompo le balle.
Ovvio che le attrezzature e l’offerta sul mercato migliorino , ma l’insistenza con cui si spinge per iscriversi nel novero dei “racers” , dei “radicals” , dei “freeriders” , o dei “tourers” , toglie il respiro ad altri aspetti che sono più importanti nelle mie giornate sulla neve.