Un incontro fortuito

Cara redazione,
mi chiamo Andrea, sono originario di Vicenza, classe 1967, e sono un vostro assiduo lettore.
Ho cominciato ad arrampicare molto giovane a Lumignano e nelle Piccole Dolomiti. All’età di 25 anni mi sono trasferito in Olanda dove vivo tutt’ora.
In Olanda avevo smesso di scalare, ma circa 15 anni fa ho ripreso, ed è una delle cose più sensate che ho fatto ultimamente.
Tutto indoor ovviamente, ma quando posso faccio una scappata con gli amici a Fontainebleau, nella foresta incantata.
In questi giorni di quarantena e noia ho ripreso un raccontino che avevo iniziato un paio di anni fa e l’ho finito.
E’ un breve resoconto di una vacanza a Finale tanti anni fa insieme a bella gente.
Se vi piace lo potreste pubblicare, altrimenti va bene lo stesso.
Un saluto cordiale da Amsterdam.
Andrea Brunello

Miriam García Pascual

Un incontro fortuito
di Andrea Brunello

Venerdì sera: festa sui colli. È luglio e siamo tutti seduti su un prato abbastanza ubriachi, soprattutto Miguel, ma anche io ho una buona dose. Il clima è mite e il vino dolce. Arriva Lella, piuttosto andata anche lei, ma meno di noi.

Con Lella ci facciamo sempre delle belle arrampicate a Lumignano. Ci troviamo per caso a Lumi e andiamo a fare quattro tiri. Come con tanti altri in quei tempi: Miguel, Fero, Carlo, René, Fiorenzo, Pietro, Lucio, Cicchetea, ecc.

Lumignano era una piccola famiglia allora: odio, amore, invidia, amicizia, liti, pettegolezzi.

Lella ed io comunque siamo seduti sotto un albero e chiacchieriamo nella notte. Si parla di Finale. Lei ha vacanza, mi dice, ed io sono praticamente in vacanza permanente da quando ho dato l’esame di maturità.

Sono gli ultimi giorni di libertà per me. A fine agosto parto per Viterbo (VAM) a fare la naja.

Complice il vino, decidiamo di andare ad arrampicare a Finale il lunedì successivo. Lella ha la macchina (Fiat Uno bianca) ed io ho un po’ di soldi messi da parte scaricando camion nei magazzini polverosi nella periferia industriale del nord-est.

Detto fatto. Miguel mi presterà la corda (viola) e i rinvii, visto che la mia attrezzatura è ridotta male. La Lella si informa la sera stessa da Luca se io sono un tipo affidabile. Luca conferma (?).

Lunedi mattina lasciamo Vicenza e prendiamo l’autostrada. Giornata calda e secca di luglio. Arriviamo a Finale nel primo pomeriggio, senza guida o indicazioni. Parcheggiamo la macchina sul bordo della strada curvosa e ci incamminiamo con zaini e tenda su una mulattiera sassosa che sale tra i boschi, in cerca di un bel posticino all’ombra dove accamparci.

É già pomeriggio inoltrato quando finalmente ci siamo sistemati e partiamo per fare un giro di ricognizione.

Per noi di Lumignano, penso, arrampicare a Finale è un po’ come essere a casa. Stessi buchi, le goccette invisibili dove infilare la punta delle scarpette.

Lella indossa un abitino succinto bianco immacolato e tacchi alti. Mi sento a disagio a camminare con lei su questi sentieri. Ma così è la Lella: prendere o lasciare. Ogni tanto incrociamo qualcuno che scende. Ci guardano come se fossimo degli alieni.

Faccio finta di niente, mentre lei mi racconta una delle sue lunghe storie senza capo né coda. Arriviamo alla base di una parete e ci guardiamo intorno.  Un po’ più avanti ci sono due ragazze che guardano Lella e cominciano a ridere. Lei va da loro. Le vedo chiacchierare allegramente.

Miriam García Pascual

Io guardo la parete e ho voglia di arrampicare. Casso! Magari avessimo portato la corda e l’imbrago!

Dopo un po’ vengono da me e si presentano. Sono due spagnole in climbing tour, Miriam e Monica. Monica ha un paio di occhiali da sole cui manca una stanghetta. Miriam è grande e atletica. “Ha la faccia da buona”, penso immediatamente. Sorridono amichevoli.

Anche loro sono appena giunte a Finale e, come noi, stavano facendo un giro di perlustrazione. “Dove avete la tenda?” ci chiedono mezzo in spagnolo mezzo in italiano. “Ah! vicino a noi”. Scendiamo insieme, Lella davanti ovviamente con i tacchi alti a segnare il passo.

Vicino alla nostra tenda un piccolo accampamento di svizzeri. Tra loro un ragazzo di colore. É la prima volta che vedo una persona che non sia bianca arrampicare.

Apriamo una bottiglia di rosso e facciamo piani per i giorni successivi. Fortunatamente per noi Miriam e Monica hanno una guida (fotocopiata) di Finale.

Sono giorni molto caldi, quindi decidiamo unanimemente che si andrà ad arrampicare la mattina presto, poi pausa mare e spiaggia e quindi, verso le cinque del pomeriggio, di nuovo in falesia.

Passiamo così un paio di giorni. Arrampicando in diverse falesie di Finale. Giocando e abbronzandoci sulle spiagge. La sera un panino, un paio di birre e in tenda.

A metà settimana arriva il fidanzato di Miriam, un alpinista sloveno di cui purtroppo non ricordo il nome. E’ arrivato in autostop, chissà da dove, per incontrare Miriam. Magro con la barba e pochi soldi.

Non ha scarpette né imbrago. Gli presto le Mariacher e l’imbragatura. Arrampichiamo insieme i giorni successivi. E’ un tipo silenzioso e amichevole, parla qualche parola di italiano, ma è chiaro che l’unica cosa che gli interessa è stare con Miriam.

Una mattina ci svegliamo presto per andare ad arrampicare. Scendiamo verso le macchine e scopriamo che ci hanno tagliato i copertoni (tutti e quattro, di tutte le macchine che erano parcheggiate nella zona).

Ora, io non so esattamente perché questa gente ha fatto questo, non conosco la situazione di quei tempi a Finale. So che ci è costato un sacco di soldi. Fortunatamente eravamo ricchi e famosi…

Tramonto su Rocca di Perti (Finale Ligure).

Comunque nessuno di noi si arrabbiò. La prendemmo come una sfiga che può capitare e non ne facemmo un dramma. Trovammo un tipo che ci diede un passaggio in paese, cambiammo i pneumatici e i giorni successivi ci demmo il cambio a dormire in macchina per fare la guardia.

La settimana passò in un lampo. L’ultimo giorno Miriam e Monica mi dissero: “Adesso noi andiamo in Verdon. Vieni con noi?”
“Non posso”, risposi. Avevo un appuntamento pochi giorni dopo a Barcellona con amici cari che erano in vacanza in Catalogna.

Demmo un passaggio allo sloveno fino a Vicenza. Lui poi prese il treno verso casa.

Miriam morì pochi anni dopo sul Meru. Non ho più sentito Lella o Monica. Con Miguel ci siamo ubriacati spesso e volentieri.

Miriam García Pascual:
https://es.wikipedia.org/wiki/Miriam_Garc%C3%ADa_Pascual
https://www.desnivel.com/tag/miriam-garcia-pascual/
http://www.edicionesdesnivel.com/autores/miriam-garcia-pascual/130/#

 

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