Una vecchia strada romana

(nelle Alpi Carniche)
di Leandro Mereu

Sono stato fin da giovane appassionato di archeologia, questo forse anche per i racconti di mio padre di ritorno dai lavori alla diga di Assuan (dove è stato spostato il tempio di Abu Simbel, di Ramesse II e tra l’altro scoperto dal padovano Giovanni Battista Belzoni).

L’interesse per questa strada è nato nel 1998 quando in località Sella di Rioda 1800 m (Alpi Carniche) ho notato che dalla strada militare, realizzata nella Prima Guerra Mondiale, ne dipartiva un’altra, abbandonata, che saliva e in altra direzione, diversa da quella militare per Sauris.

Pur passando vicina alle postazioni per artiglieria, attualmente ancora utilizzate, proseguiva verso l’alto sopra le enormi frane che si vedono tra il Colle di Pezzacucco e Monte Palon 2018 m.

In un primo momento avevo pensato a un collegamento tra malghe ma la costante larghezza per me inusuale di ben oltre i due metri, lungo tutto il tragitto, è quello che mi ha incuriosito.

Durante il tempo libero, dal lavoro o altro, mi sono così dedicato a camminare avanti e indietro per capire che cosa avessi di fronte. Praticamente partendo dai Tre Ponti per la Val Piova poi Casera Razzo e via via lungo i crinali per scendere poi fino ad Ovaro.

Non è stato facile riuscire a collegare insieme tutti i vari tratti che via via trovavo e, qualche volta, mi veniva voglia di abbandonare tutto…

Questo in special modo per esempio da Antoia a Ciampigotto, dove parti mancanti per frane o altro, deviazioni realizzate in tempi successivi o per lavori boschivi e per la strada attuale asfaltata che sale a tornanti, ecc. mi hanno rallentato di molto le ricerche. Fino a scoprire finalmente che in antico la strada saliva verso Casera Losco e poi arrivava alla Forcella di Ciampigotto 1797 m.

La fine ufficiale delle mie ricerche, a completamento di tutto il tracciato, è stata nell’autunno del 2000. Diciamo circa tre anni e nei periodi non innevati.

Ogni tanto cercavo di parlare a qualcuno di questa strada ma le obiezioni erano le più svariate: non è lastricata… non ha i solchi carrai… non ci sono i cippi miliari… serviva solo per le malghe… l’hanno fatta i militari durante la Prima Guerra, ecc.

Avevo subito considerata quella strada molto antica e non certamente realizzata dalla Serenissima in quanto i suoi traffici commerciali da e per il Friuli passavano per la Mauria. Se non commerciale a quel punto mi era venuta l’idea che fosse romana militare.

In quell’anno 2000 ho conosciuto Sergio De Bon ed anche lui è venuto a vedere e rilevare dei tratti di questo strano percorso. Nel 2002 con Sergio, la maestra Renza Fiori e Milo Mazzucco ho presentato, dopo le loro, anche questa mia ricerca, ricevendo qualche timido consenso.

Nel 2007 viene ristampato anastaticamente a cura della Comunità Montana Centro Cadore il libro di Venanzio Donà Guida storica geografica Alpina del Cadore in origine pubblicato a Venezia nel 1888.

Chi fosse interessato ai particolari della ricerca su questa strada romana può leggere il mio resoconto Per strade antiche.
In più, riporto qui l’articolo apparso sul Corriere delle Alpi del 26 ottobre 2007.

Da Ovaro a Tre Ponti sulle antiche strade
di Eugenio Padovan
(pubblicato sul Corriere delle Alpi del 26 ottobre 2007)

Sui collegamenti antichi è oramai arrivato l’autunno con i suoi colori. Ma non si tratta, solamente, dell’inesorabile trascorrere del tempo ma pure dell’autunno della ragione e della cecità burocratica, degli assurdi poteri d’entità estranee alla cultura della relazione, degli studi, delle passioni rivolte alla conoscenza del proprio antico passato. Di tutto questo parlavamo io e il mio amico Leandro Mereu quando l’estate scorsa calcavamo, sudando e faticando pesantemente, antichi percorsi tra il Cadore e il Friuli posti ad altitudini tra i 1800 e i 2000 metri.

Non ci siamo scoraggiati, non abbiamo avuto tentennamenti nonostante le innumerevoli difficoltà. Il capitolo della ricerca della viabilità, soprattutto romana, infatti, ha incontrato da sempre grandi ostacoli e incredulità.

Tuttavia ci sarebbe voluto ben altro per bloccare la perlustrazione di un affascinante territorio come quello che si estende tra il Cadore e l’alto Friuli.

Così ne è scaturito un piccolo diario che ha l’intento di descrivere situazioni impressioni e convinzioni e soprattutto amore per la storia antica.

Mentre cammini lungo una direttrice quasi sicuramente antica lasci libera di espandersi la tua fantasia, dimentichi anche le amarezze quotidiane, sei convinto che l’intuizione avuta sia quella azzeccata. Se poi giungono pure le conferme anche dalla ristampa anastatica di un volume, di Venanzio Donà, risalente al 1888 hai la gran soddisfazione di aver impiegato bene il tuo tempo a salire e ridiscendere i versanti.

Là sopra vi sono tracce che solcano i declivi che bisogna saper individuare e leggere. Infatti, ogni tanto “spariscono” o perché portate via dalle frane, oppure coperte da tratti stradali moderni, o cancellate dalla Prima guerra mondiale. In tal caso ti danni e ricerchi, finché ritrovi, le congiunzioni, il filo smarrito.

I tracciatori e costruttori romani di circa duemila anni addietro ci sapevano fare e consideravano quali erano le uniche possibilità di spostarsi da un luogo all’altro, ossia a piedi, a cavallo o con i carri.

Si deve capire tutto ciò e tenere in considerazione di essere dentro la catena dolomitica dove nevica o, per meglio dire, nevicava copiosamente.

Assurdo, se proprio non obbligati, realizzare strade sul lato nord di una catena montuosa. Privilegiato, pertanto, quello sud dove insisteva il sole e la neve poteva sciogliersi velocemente. Precise logiche ed obiettivi che attenevano i collegamenti a breve e lungo raggio ma, insieme, le faccende militari, civili ed economiche.

Dal Cadore ad Ovaro e Zuglio (la Julium Carnicum municipio romano che comprendeva i territori cadorini). Si tratta di una direttrice necessaria per spostare le truppe da un capo all’altro della giurisdizione. Da non tralasciare la via commerciale che solcava il Passo della Mauria della quale si sono visti alcuni tratti basolati.

Ti rendi conto di come, piuttosto che tracciare percorsi sulle carte topografiche o rielaborare idee altrui senza verifiche sul campo, sia un esercizio inutile e dannoso perché non apporta alcun contributo alla conoscenza, all’effettiva individuazione della viabilità antica.

C’è sicuramente chi preferisce rimanere sul già visto e conosciuto bloccando così nuove possibilità di ricerca e conoscenza da spendere nella situazione creata dalle nuove provvidenze europee interregionali 2007- 2013.

Per camminare, faticare, salire e ridiscendere gli impervi versanti non sono necessari i permessi di nessuna autorità: ma diviene, sempre più, un imperativo per capire cose che non si possono vedere ed analizzare da nessun’altra parte.

Il barone austriaco Von Zach con la sua “Kreigscarte”, pubblicata di recente dalla Fondazione Benetton, frutto di accurate perlustrazioni effettuate sui vari territori, ci ha tramandato un utile mezzo di comparazione. Uno strumento che bisogna possedere od avere la pazienza e la capacità di consultare.

Al tempo della sua redazione 1798 – 1805 parte del Veneto e del Friuli, erano parte integrante dell’Impero austriaco e pertanto i topografi ed esperti militari potevano muoversi, controllare ed annotare tutto scrupolosamente.

Qualche decennio più tardi il giornalista cadorino Venanzio Donà scriveva, nel volume Cadore. Guida storica geografica alpina, “Casera Razzo 1751 m, in antico Ennarassum, bell’estensione di pascoli inclinata a levante e alla valle del Friso, d’erbe eccellenti, proprietà del comune di Vigo, sta in capo di cinque passaggi che mettono in comunicazione con Sauris, coi Forni, colla Valle di Piova, col Comelico e colla Valle di Pasariis. Strade antiche giravano da queste parti. Una ascendeva la valle di Pesariis, e destra dell’acqua, altra da Mion (Ovaro) per le pendici a mattina (Morgendleit) di Sauris e per Pezzo Cucco alto giungeva qui. I Sauriani dicono che quest’ultima (quella che abbiamo analizzato io e Leandro Mereu) serviva di comunicazione fra Giulio Carnico (Zuglio, NdR) ed Agonia (Cimagogna) a Treponti“.

Nulla d’inventato, campato per aria se già nel 1888 il Donà ne rendeva nota l’esistenza, ma si può fare molto di più attivando ciò che è sottotraccia per un progetto Interreg con Friuli e Carinzia. Dipende solo da noi, dalla nostra capacità di recuperare la memoria e capacità poter progettare in collaborazione con tutte le entità coinvolte ma senza cadere vittima di veti incomprensibili.

Tuttora, il topografo calaltino Alessio De Bon il “rabdomante delle strade antiche”, è il solo che si prese la briga di percorrere e sondare segmenti di quella che lui definì la via Claudia Augusta Altinate da Altino al Passo di Monte Croce Comelico e oltre camminando lungamente nel suo Cadore. Adesso esiste questa nuova opportunità, sarebbe grave non coglierla.

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