O per un motivo o per l’altro, altre croci stanno per essere erette sulle cime delle nostre montagne. Qui riportiamo il caso “Cima della Crocetta”. A ognuno di voi giudicare la bontà o l’inopportunità della scelta della giunta comunale di Groscavallo (TO).
Una croce per ricordare morti avvolti nella leggenda…
a cura di Groscavallo Domani
(dalla pagina fb di Groscavallo Domani, 7 novembre 2023)
Firma la petizione per fermare questa iniziativa.
L’amministrazione comunale di Groscavallo ha deciso di installare una croce in legno, alta quattro metri, alla quota di 2828 metri della Punta Crocetta, sullo spartiacque tra Groscavallo e Ceresole Reale, per ricordare i caduti dei due comuni che, secondo una leggenda molto popolare (quella del “Pian dei Morti”), sarebbero rimasti uccisi a seguito di un violento scontro. Sempre secondo la leggenda, le due popolazioni se ne sono date di santa ragione in una lotta tra paesi confinanti.
Morti che, ovviamente, non ci sono mai stati, in quanto si tratta, appunto, di una leggenda. Una leggenda che conosciamo tutti benissimo, a Groscavallo, e che trattiamo come tale.
Il nostro Gruppo Consiliare di minoranza, Groscavallo Domani, non crede che una nuova croce su una vetta sia una reale esigenza prioritaria del paese (anche perché non ci è ancora chiaro chi pagherà le spese vive per l’elicottero che la porterà in quota, pensiamo ormai la prossima primavera/estate), ma volendo essere comunque collaborativi con la maggioranza abbiamo chiesto formalmente in consiglio comunale di cambiare la delibera con la quale si parla di “ricordo a caduti” inesistenti.
Abbiamo infatti proposto di sostituire la motivazione con il ricordo di tutti coloro che, nei secoli, sono morti in montagna. Per esempio gli agricoltori e gli allevatori, nello svolgere il loro lavoro negli alpeggi, le vittime di fulmini e di intemperie, gli alpinisti.
Non c’è stato verso. Anzi, la stessa motivazione della leggenda è stata vergata come motivazione dell’incipit per siglare un “Patto di amicizia” tra i due comuni.
Curioso, peraltro, che si inizi un “gemellaggio” partendo da morti e dissidi occorsi in passato tra i due stessi comuni. Non ci sembra il modo migliore di cominciare, forse sarebbe stato meglio partire da cosa ci unisce (cultura, lingua, tradizioni, agricoltura, turismo alpino), non da cosa ci divide.
Fortunatamente, è stato possibile eliminare, su nostra proposta, la parola “politica” dal testo del Patto, che ora passerà, per l’approvazione, al Consiglio Comunale di Ceresole Reale. Se non altro perché ci sembra che in un’azione di questo tipo tutto ci può essere, ma non ragioni politiche.
Vogliamo essere molto chiari: siamo assolutamente favorevoli a un “gemellaggio” con Ceresole Reale, ma non sulla base di una leggenda, molto utile da riportare sugli opuscoli turistici, ma non motivazione per issare il simbolo cristiano per eccellenza.
Abbiamo chiesto che venisse corretto con le motivazioni più consone elencate. Hanno risposto di no.
Nello stesso consiglio abbiamo chiesto da dove arrivi la croce. Il sindaco ci ha raccontato di come, con le sue stesse mani, abbia lavorato e levigato per giorni un vecchio trave di larice prelevato dal colmo di un tetto in rifacimento. Di questo gesto personale lo ringraziamo, un atto sicuramente onorevole per aver fatto almeno risparmiare il costo vivo della croce alla comunità (per l’elicottero, vedremo).
P.S. per poter collocare la croce manca ancora il parere vincolante della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Torino.
In altre occasioni, a latere del libro di Ines Millesimi, mi sono espresso chiaramente: sono a favore del mantenimento delle croci (e altri simboli religiosi) installati da tempo sulle nostre montagne, perché storicamente ne fanno parte (immaginate la vetta del Cervino senza la storica croce a suo tempo abbracciata da Bonatti in uscita dalla Nord: quella croce di vetta prescinde dal senso religioso degli alpinisti che vi arrivano). Viceversa sono tendenzialmente contrario alla posa di nuovi simboli, per il concetto che le nostre montagne sono già molto antropizzate e non dobbiamo aumentare la presenza umana (quindi: no nuove croci, ma anche no nuovi bivacchi/rifugi, no nuovi impianti di risalita…ecc ecc ecc).
Tuttavia nel caso di specie, se la croce è davvero quella raffigurata nella foto, dalla forma esile e in materiale “naturale” (in legno e non con una colata di cementi…), non vedo tutta questa smania di protestare. Proprio pochi giorni fa ho detto che l’ambientalista “intelligente” è quello che sa distinguere situazione da situazione e non lancia le pietre a prescindere.
Considerando il toponimo, poi, non sembrerebbe nemmeno così fuori luogo…anche se non è proprio una crocetta!
Mi chiedo, perché c’è bisogno di un elicottero per portarla in situ? Non sarebbe meglio e più proficuo a spalla, in una giornata organizzata con residenti e turisti.
Potrebbe essere un segno di una montagna diversa, più lenta e condivisa
Peccato che su una cima dove attualmente è presente solo un ometto di pietre (a giudicare dalle immagini che si trovano in rete, una delle pochissime senza croce, ormai), si senta la necessità di piazzare una croce. Ma fa così schifo lasciare una cima ogni mille (numero a caso ma non credo di andare troppo lontano dal vero) senza croce?
Perchè questo desiderio di lasciare simboli artificiali su ogni luogo del pianeta?
Sull’Appennino Tosco-Emiliano esiste la Cima dell’Omo. Il nome trae origine dall’ometto di vetta, vecchio di tantissimi decenni. In piú c’è pure una pentola col coperchio che custodisce il registro delle salite.
Purtroppo qualche anno fa è stata innalzata la solita croce di metallo alta due metri e mezzo. La cima ha cosí perduto parte del suo fascino.
Io non sono tendenzialmente, ma radicalmente contrario alla posa di nuovi simboli…
La croce è di legno, magari la porteranno a spalle in amicizia, ecc, tutto meglio delle “cementate” e l’elicottero, ma è proprio l’idea di base che non sta in piedi oggi, 2023, quando le chiese sono in crisi, semivuote, sono sempre di meno quelli che credono in una religione che denuncia tutti i suoi limiti e si salva solo perché c’è un Francesco.
Io, non credente nel Dio di Roma ma in un Cristo grande uomo, maestro, rivoluzionario, finito male, mi sento rivoltare lo stomaco di fronte a questa inarrestabile moda. Sono solo meglio delle panchine giganti che finiranno su molte punte. Due facce della medaglia “segnare il territorio”. Meglio i cani, che poi tutto evapora.
In questo caso,se la crice è come quella ipotizzata ,può anche andare,ma non di più
I due comuni per gemellarsi potrebbero fare una bella grigliata utilizzando il legno di larice della croce, opportunamente fatta a pezzi.
E non dimenticate del vino buono.
Per amor di completezza sarebbe interessante una riflessione allargata sulle molte tipologie di “segni” che l’uomo contemporaneo lascia nella natura, a partire dalle paline di indicazione delle mete, ai bolli su alberi rocce per sengare i sentieri, ai sentieri come tracce artificiali che conducono in posti inutili (si perche una cosa sono sentieri storici legati alla vita in montagna. un altro quelli fatti appositamente per recarsi su una inutile vetta alpina). Includerei tutta una serie di figura scolpite in legno che cominciano ad abitare i boschi: gnomi, fauni, e quant’altro una specie di neopaganesimo fantasy produce.
Dico questo sapendo bene che l’equivalenza crcoce/manufatto è speciosa: la croce è un fastidio sempre presente nell’anima coinvolta nella nuova religione ecologista antiumanista.
Non andrò di certo a fare azioni di protesta contro una croce (oltretutto in legno) decisamente meno impattante di tante brutture con base in cemento armato. Per principio non mi oppongo al posizionamento di simboli religiosi, targhe a memoria, monumenti… Sono manufatti che possono entrare a far parte della storia dell’antropizzazione di un’area. Se “artistici” e non “impattanti” (scusate la ripetizione – voluta – del termine) , si possono non solo tollerare, è proprio possibile dar loro un benvenuto.
Nella fattispecie, però, traendo spunto da quella che a quanto leggo pare essere a metà tra storia e leggenda. Non sarebbe stato meglio piazzare una targa ricordo (o anche un piccolo capitello, perché no?) al Pian dei Morti? Il fatto sarebbe avvenuto lì, è sui passi e sulle zone definite “piani” che la gente storicamente si ritrova. Per qual motivo sulla vetta? In breve, mi sembra che la volontà sia quella di piazzare un’ennesima croce. A me non fa né caldo né freddo, sono un agnostico, rispetto il pensiero altrui, quindi se la maggioranza vuole vedere il proprio simboletto devo prenderne atto. Mi chiedo solo se le giustificazioni addotte a tale fine siano da ritenere sufficienti o non, semplicemente, una supercazzola per coprire, molto semplicemente, un atto reso molto più fattibile dalla attuale “aria che tira” (aria di restaurazione, per essere cortesi) e che permette di tornare ad usare l’oppio dei popoli nelle sue forme più becere, quelle dell’imposizione strisciante dei propri simboli berciando magari contro il disconoscimento dei “valori condivisi” da parte di chi, magari, ha sensibilità di tipo e di segno ispirantisi ad una qualche alterità. Non morirà nessuno e la montagna non sarà più bella o più brutta per questa croce, oltretutto di legno. Non sono i luoghi o i materiali ad essere in discussione, ma le azioni di alcuni uomini, eventuali imposizioni o presunte prevaricazioni e la risposta alle stesse da parte di altri uomini. Il tutto a spese dell’ambiente comune. Peccato che poi la maggior parte degli stessi risolva il tutto creando infami gazzarre a voce o per iscritto in cui le differenti correnti di pensiero si schierano e si esprimono con toni e raffinatezza degni di una qualche “curva” calcistica, mandando così tutta la discussione, a “curve” (richiamando stavolta il significato del termine “kurva” nelle principali lingue slave).
Seppur sia consapevole che l’attitudine umana a caricare di significato oggetti, non credo che trasportare una croce e posizionarla a quasi tremila metri possa essere, nel 2023, suggello a un patto di alleanza. Magari si potrebbe passare a fatti più concreti che riguardano la quotidianità e il tessuto sociale di entrambi i comuni.