CAI Comelico: “Basta no allo sviluppo turistico”

Riportiamo qui l’assai controverso parere espresso dal CAI Comelico sul tanto discusso e progettato collegamento Comelico-Val Pusteria. Dispiace che questa sezione del CAI si inchini acriticamente ai voleri dei poteri forti, limitandosi a raccomandare moderazione nella realizzazione di un progetto che nei suoi scopi ha tutto meno che il rispetto per l’ambiente e una visione lungimirante sulla geestione del territorio.

CAI Comelico: «Basta no allo sviluppo turistico»
Dopo il parere favorevole al progetto Stacco dato dalla Soprintendenza, con un dossier di 23 pagine il CAI Comelico schiaccia l’acceleratore sul progetto stesso, cioè la strategia per l’accessibilità del Sito Unesco e per uno sviluppo “equilibrato” del Comelico, che non si traduce solo ed esclusivamente con il collegamento sciistico tra il Comelico e l’Alta Pusteria, ma “in ampie iniziative integrate per un progresso secondo principi di sostenibilità e rispetto ambientale dell’intero territorio”. E l’esempio di buone pratiche cui guardare è quello della Pusteria. Il cui sistema, come quelli nelle Alpi svizzere o austriache, ha curato molto l’impatto ambientale e paesaggistico. Del resto le due piste e due impianti di risalita occuperanno “soltanto” l’1,5 per cento della superficie boschiva comeliana, pari complessivamente a 18.000 ettari.

«Il CAI è favorevole all’utilizzo mirato e ben gestito di boschi e pascoli per scopi turistici a beneficio collettivo e non speculativo, atto ad uno sviluppo equilibrato del territorio, come in questo caso, purché attuato solo alle quote inferiori ai duemila metri già antropizzate», si legge nel documento, «qui troviamo boschi, pascoli, malghe e casere. È il territorio lavorato dai montanari in passato e mantenuto anche oggi, spesso rimediando alle sciagure provocate dagli eventi naturali. Sopra quota duemila occorre invece evitare nuove infrastrutture; lì la montagna deve restare montagna».

«Siamo soddisfatti per come sta procedendo il progetto Stacco – afferma Gianluigi Topran d’Agata, presidente della sezione CAI comeliana – È quindi finita la stagione del “sì” o del “no”. D’ora in poi si tratta di ragionare sul “come”».

Ed è qui che si apre il dibattito. Perché le prime reazioni alla posizione espressa dalla sezione non sono tardate ad arrivare. E sono di contestazione nei confronti di una presa di posizione ritenuta “poco allineata ai principi di un’associazione come il CAI che dovrebbe spingere per altre forme di turismo alternativo“.

Per il presidente nella stesura del progetto comprensoriale “occorre raccogliere tutti i suggerimenti e vagliare le diverse proposte che, dopo un sereno e competente discernimento, dovranno essere messe insieme per innescane le migliori iniziative possibili”.

È questo il modus operandi per frenare lo spopolamento – continua Gianluigi Topran d’Agata – E’ il momento di sostenere le istituzioni, il comune di Comelico Superiore con il proprio sindaco e tutti i comuni del Comelico per raggiungere insieme gli stessi obiettivi. Stacco è un progetto necessario a consentire l’avvio e lo sviluppo delle diverse progettualità contenute in esso. L’economia locale è già diversificata ma debole. Il coinvolgimento della filiera turistica, agricola e artigianale nella tutela e cura dei territorio, è possibile solo mantenendo gli abitanti stabili qui in montagna». Insomma non solo collegamento sciistico per rilanciare il comprensorio, perché oltre allo sci il Comelico può esplorare tutte le opportunità di valorizzazione a basso impatto ambientale, senza limitare quelle della conoscenza e del saper fare».

«Un progetto che prima non esisteva e che ha preso la direzione giusta – continua – è un punto di partenza per riprendere e sviluppare una progettualità comprensoriale che comprenda tutte le tematiche atte allo sviluppo turistico del territorio e alla valorizzazione e tutela delle specificità esistenti. Esso consentirà l’aggancio del Comdico al “sistema turistico” integrato e ben funzionante dell’Alta Pusteria, che ha prodotto incremento della popolazione e non spopolamento, opportunità di lavoro, quindi di reddito, servizi e non disoccupazione».

Stacco passa dunque per la carta da giocare per trasformare in una risorsa economica quello che oggi viene svolto spesso dal volontariato. L'”innovativo” progetto coinvolgerà tutti i settori comeliani: natura, sport, cultura. Regole, artigianato, agricoltura, turismo, commercio, lingua ladina. Solo per citare alcuni esempi.

«Stacco mira – spiega Gianluigi Topran d’Agata – ad una filiera socioeconomica che qui oggi si vede solo a sprazzi. In cui tutte le componenti territoriali si sostengono tramite una sinergia collettiva consapevole, con la necessità imprescindibile della doppia stagionalità ed anche oltre. A ragion veduta anche le due piste progettate sono un sacrificio tollerabile perché necessario, ben studialo e mitigato dal punto di vista ambientale». Purtroppo per il CAI non ci sono dubbi: il progetto complessivo consentirà al Comelico di invertire la rotta dello spopolamento ed avere un futuro socioeconomico positivo e rispettoso del territorio. Purché la programmazione sia ben gestita e continuativa.

«La necessità degli impianti da sci è anche il limite degli impianti stessi», conclude la nota, «oltre allo sci, il territorio può esplorare tutte le opportunità di valorizzazione a basso impatto ambientale. Con un solo impianto, molte attività sono sopravvissute per decenni. Oggi solo con un comprensorio sarà possibile sostenere investimenti turistici, privati e diffusi, inclusi in un sistema collettivo che punti sulla qualità nella semplicità. Con il mantenimento dell’accoglienza spontanea e autentica della cultura e tradizione ladina. L’economia locale è già diversificata ma debole, il coinvolgimento della filiera turistica, agricola e artigianale, nella tutela e cura del territorio, è possibile solo mantenendo gli abitanti stabili in montagna».

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1 Comments

  1. says: GIANFRANCO VALAGUSSA Nonno

    L’operazione Stacco è stata costruita magistralmente, una grande operazione di marketing che ha sicuramente alle spalle un buon coordinamento di interessi. L’obiettivo di avere tutti d’accordo credo sia stato raggiunto. Ci sono i motivi sociali “fermiamo lo spopolamento” e “vogliamo continuare a vivere in montagna” obiettivi raggiungibili solo con una espansione dell’occupazione che dovrebbe arrivare dallo sviluppo turistico, quindi rimuoviamo tutti gli ostacoli. Per primo il “partito del no” assimilabile a “i soliti verdi” e se qualcuno ha qualche dubbio basta estendere le possibilità economiche magari aggiungendo i termini, magari mutuati da ambientalisti/verdi, come sostenibile e rispettoso del territorio. Si tratta di un ulteriore tentativo iniziato, anche se in modo diverso, più di venti anni fa e che prevedeva un villaggio di bungalov, lo stabilimento termale con un albergo, piste ciclabili, guide naturalistiche e il collegamento. In quel caso l’impianto serviva al Comelico per andare verso la Pusteria mentre oggi sembra il contrario, cioè un prolungamento della Pusteria verso il Veneto nuova terra di conquista (quanti pusteresi stanno puntando ad operazioni in Cadore?). Se l’affermazione fosse solo “vogliamo decidere noi montanari del nostro territorio” si potrebbe sottoscrivere tanto più che il territorio di Comelico Superiore è quasi tutto regoliero e quindi di proprietà collettiva, in questo caso “padroni a casa nostra” potrebbe anche avere un senso. E’ su tutto il resto che nascono i dubbi. Siamo sicuri che l’allargamento della Pusteria sul territorio veneto avrà un effetto positivo sullo sviluppo economico e quindi bloccare lo spopolamento? Siamo sicuri che si faranno più figli a fronte del nuovo assetto economico? I pendolari potranno rimanere a lavorare in Comelico invece di attraversare giornalmente (o quasi) il Passo Montecroce? Tralascio i temi prettamente naturalistici perchè evidentemente non sono all’ordine del giorno del capitale finanziario immobiliare (che produce denaro a mezzo di denaro) e industrialista (da non confondere con industriale che ha una valenza economica produttiva). Al “Partito del no” forse appartengono solo quelli che si fanno delle domande, mentre al partito dei “90°”, sembrano aderire tutti quelli che hanno le risposte prima ancora che arrivino le domande. C’é di che meditare soprattutto all’interno del CAI.

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