Gli incredibili sei mesi di “Iddu”

Il 28 dicembre 2002 cominciava sull’isola siciliana un’eruzione che sarebbe durata mesi. Un’importante esperienza di gestione di una crisi vulcanica raccontata da uno dei protagonisti, Piergiorgio Scarlato: “Si dormiva pochissimo, l’adrenalina era sempre al massimo”.

Gli incredibili sei mesi di Iddu
(venti anni fa la furia di Stromboli)
di Giuseppe Marinaro
(pubblicato su agi.it il 28 dicembre 2022)

Venti anni fa cominciava a Stromboli un’eruzione che sarebbe durata mesi, un’importante esperienza di gestione di una crisi vulcanica. Sul blog Ingv vulcani il racconto di uno dei protagonisti, Piergiorgio Scarlato. “Sapete quale è il mio primo ricordo di quella esperienza incancellabile di venti anni fa? Cuba”, esordisce, “sì, Cuba. Nel 2002 era lì che mi trovavo a trascorrere il capodanno con mia moglie. Ricordo la telefonata di mio padre il 28 dicembre 2002 in cui mi annunciava l’inizio dell’eruzione a Stromboli”, chiamato ‘Iddù, tra timore e affetto, dagli abitanti dell’isola eoliana.

Parossismo dello Stromboli del 5 aprile 2003 ripreso dall’elicottero. Foto: Sonia Calvari, Ingv

Una bocca effusiva si era aperta sulla Sciara del fuoco. A seguire una seconda telefonata due giorni dopo, il 30 dicembre 2002, nella quale sempre il padre del vulcanologo riferiva che un settore del vulcano era franato in mare e aveva generato un maremoto che aveva raggiunto le altre isole Eolie e la costa tirrenica dell’Italia meridionale. Ben 25-30 milioni di metri cubi di roccia avevano generato un’onda che in 30 secondi aveva raggiunto le spiagge e le abitazioni sulla costa di Stromboli con un’altezza di oltre 12 metri e, nei minuti successivi, le altre isole. Secondo i testimoni il mare si ritirò di 30-40 metri. Ci furono danni al porto di Panarea.

Colata di lava sulla Sciara del Fuoco, Stromboli. Foto: Ingv.

Il racconto del vulcanologo: a Stromboli regnava l’isolamento 
“Sbarcai a Stromboli immediatamente dopo la Befana dove trovai – ricorda il vulcanologo – la nave della Marina militare San Giorgio e un reparto di corpi speciali che facevano prove di evacuazione con i mezzi anfibi e i gommoni. Una scena surreale… sembrava un set cinematografico. Rimasi fino a meta luglio a coordinare le attivita del mio istituto sull’isola. Oltre sei mesi incredibili, 130 unità di personale alternatesi in turni massacranti sull’isola praticamente evacuata, almeno durante i primi tre mesi. Era come vivere in un reality, dove regnava l’isolamento e il silenzio rotto solo dai brontolii del vulcano”.

Reti di monitoraggio da costruire, una sala di controllo da realizzare da zero, dati da raccogliere e interpretare in tempo reale, una organizzazione del lavoro da coordinare con colleghi che solo in parte si conoscevano. Ricercatori e tecnici provenienti dalle sedi Ingv di Catania, Palermo, Roma, Napoli, Pisa, Milano, Bologna si diedero il cambio con turni settimanali lavorando spesso in condizioni ambientali proibitive.

“Si dormiva pochissimo, l’adrenalina era sempre al massimo. Il rosso delle colate – continua Scarlato – illuminava il cielo nelle buie notti dell’isola deserta. Ricordo il gruppo di sismologi dell’allora Cnt (oggi Ont) che per primi in pochi giorni installarono una rete sismica andando su e giù per il vulcano, lavorando in condizioni climatiche pessime. E quando i tecnici del gruppo di Geodesia di Catania andavano tutti i giorni sul vulcano a fare misure per verificare se ci fossero deformazioni del vulcano in atto”.

Visto che una delle domande più importanti che ci si poneva era se fosse possibile che altri settori di quel versante potevano franare in mare, a febbraio i colleghi di Catania provarono a installare sulla Sciara delle stazioni Gps realizzate ad hoc con strutture di cemento per provare a monitorare i movimenti del versante in tempo reale.

Campionamento della lava e misura della temperatura. Foto: Piergiorgio Scarlato, Ingv.

Il presidente Ciampi in visita a Stromboli dopo la terribile eruzione 
Per installarli arrivò quello che tutti chiamavamo “Cicalone”, un elicottero Erickson della Protezione civile capace di trasportare e sganciare pesi importanti in situazioni ambientali avverse. “I primi di marzo venne in visita il presidente della Repubblica Ciampi. Fu bello apprendere che il Paese ci seguiva. Noi sull’isola – dice ancora il ricercatore – non ce ne rendevamo molto conto. Non avevamo tempo per guardare la Tv o leggere i giornali. Sapevamo a malapena che c’era una nuova guerra in Iraq”. Le settimane passavano, le colate di lava continuavano a scendere sulla Sciara, l’attivita esplosiva tipica dello Stromboli era scomparsa da mesi.

Aveva un significato questo cambiamento nello stile eruttivo del vulcano? Nei primi giorni di aprile si cominciarono a registrare piccoli segnali di cambiamento in atto nello stato del vulcano. Il fondo dei crateri cominciava a scaldarsi, e piccole esplosioni avvennero il 3 aprile 2003. Il 5 aprile, poco dopo le 9 del mattino, lo Stromboli ci mostrò la prima grande esplosione. L’evento fu anticipato da un segnale sismico ben visibile della durata di alcuni minuti. Era il magma ricco in gas che inviava il suo segnale che stava risalendo velocemente dall’interno della Terra verso la superficie terrestre. Passarono pochi secondi quando una colonna rosso fuoco si innalzò sul vulcano per diversi chilometri di altezza. Seguì un boato e tutto tremò. “Rimanemmo paralizzati per qualche secondo davanti a quella visione infernale di bombe e pomici che volavano verso l’alto e ricadendo al suolo generavano piccoli incendi. Nubi alla base della colonna magmatica indicavano la formazione di flussi piroclastici”.

Campo lavico sulla Sciara del Fuoco. Foto: Piergiorgio Scarlato/ Ingv.

La crisi del 2002-2003 ha segnato l’Ingv 
Le settimane passarono e si osservò una progressiva riduzione della portata della colata di lava sulla Sciara. A giugno le prime timide esplosioni stromboliane annunciarono che forse ci si stava avviando verso il ritorno alla normalita. E in effetti fu così. Nel corso dei primi giorni di luglio la colata di lava si esaurì. “In questi 20 anni – conclude Piergiorgio Scarlato – abbiamo visto altri parossismi e abbiamo imparato molto sul comportamento di questo vulcano. Abbiamo sviluppato nuove tecnologie per lo studio del vulcanismo esplosivo e abbiamo formato nuove professionalità, trasferendo anche all’estero le nostre conoscenze e le nostre metodologie per lo studio del vulcanismo esplosivo basaltico. Credo che quella del 2002-2003 sia stata una crisi che ci ha segnato profondamente e ancora oggi l’organizzazione dell’Ingv per la gestione delle crisi vulcaniche è fondata su quella esperienza vissuta insieme”. 

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