Un antologia letteraria in 11 sezioni per i 100 anni della Dolomite: la neve raccontata dalle penne celebri.
Chissà se, oggi, su Ebay si trovano copie “usate” di questa pubblicazione fuori commercio che, una ventina di anni fa, celebrò l’incontro fra sci e letteratura? Non sono un frequentatore delle piattaforme internet e non so rispondere. A distanza di anni sarebbe carino procurarsi questo libro sia per i propri scaffali che per fare una strenna natalizia all’amico di tante gite comuni. Per gli altri, resta il piacere di leggere (o ri-leggere) le accattivanti righe di Petrus (come è chiamato Crivellaro dagli amici), che, da innumerevoli decenni, sa miscelare sapientemente l’odore sudaticcio dell’andar in montagna con l’inebriante profumo delle pagine stampate. Un’arte non da tutti che giustifica la lettura dei suoi testi (Carlo Crovella).
Lo sci degli scrittori
di Pietro Crivellaro
(pubblicato su Rivista della Montagna–Dimensione Sci n. 219, dicembre 1998)
Più o meno mentre lo sci in Italia compiva cent’anni, anche la nota fabbrica di scarponi Dolomite SpA ha celebrato nel 1997 il record di un secolo di vita. Per la verità un secolo fa ci fu solo il diciassettenne Bepi Garbuio che apriva una bottega di ciabattino a Volpago del Montello, provincia di Treviso. Il marchio La Dolomite spunta nel nostro dopoguerra, come pure il trasferimento a Montebelluna, che si avviava a diventare la capitale mondiale degli scarponi da sci. Ma a differenza dello sci nazionale che ha lasciato passare il centenario sotto rigoroso silenzio, come le signore che gli anni li nascondono, la ditta di Montebelluna per festeggiarsi ha pubblicato una sorprendente antologia letteraria dello sci che insegnerà qualcosa un po’ a tutti perché è il primo tentativo organico di sistemare una materia fino a oggi vaga e frammentaria, coltivata da pochi intenditori.
La raccolta curata da Luigi Borgo, maestro di sci con una laurea in lettere a Padova, si intitola Scritture di neve. Cent’anni di sci, di letteratura e di Dolomite. Per quanto raccomandabile il libro non è – ahimè – accessibile, perché è una strenna aziendale e non circola nelle librerie. Allora perché parlarne, accendendo un inutile desiderio? Di solito le recensioni si scrivono per informare e orientare i lettori a comprare o meno. Questa volta scrivo soltanto per illustrare un po’ che cosa contiene, come promemoria da mettere agli atti.
L’autore ha scritto limpide e piacevoli note introduttive a ciascun brano, col proposito riuscito di non essere barboso come le antologie scolastiche. Ha messo in coda per ciascun autore una pratica scheda bio-bibliografica che svela fonti e materiali consultati. Ha corredato l’edizione di un’appendice di foto d’archivio un po’ eterogenea. Ma la cosa che più conta salvare su un libro desiderabile ma non disponibile sul mercato è la lista degli autori e dei rispettivi testi in sommario, che sono undici. Cerco di elencarli con qualche commento perché possiate prenderne nota: autori come Hemingway, Hesse. Buzzati, Rigoni Stern e se vogliamo anche Thomas Mann, erano già comparsi su queste pagine: il musicologo Massimo Mila, che fu certo strenuo scialpinista. non c’entra granché con i narratori, per quanto fosse gustosa la sua prosa giornalistica: i rimanenti, Scipio Slataper, Guido Gozzano, Vladimir Nabokov, Mario Soldati e Goffredo Parise, sono invece quasi una scoperta.
La serie in ordine cronologico è aperta da Lettera d’inverno di Hermann Hesse (1877-1962), nato in Germania e vissuto soprattutto in Svizzera. Nel testo, scritto nel febbraio 1911, immagina di raccontare a un amico la sua esperienza di neofita dello sci. Ne aveva già riferito Mario Frascione su Dimensione Sci del 1995, presentando un ventaglio di altri testi sciatorii di Hesse. Questo, se volete, si trova nella raccolta Piccole gioie, Rizzoli, 1985. Del triestino Scipio Slataper (1888-1915), caduto a 27 anni sul Podgora all’inizio della grande guerra, si presenta un brano tratto da Il mio Carso, meditazione autobiografica sul conflitto tra la vita cittadina e il richiamo del selvatico paesaggio rupestre della terra natale. Sul Secchieta – questo il titolo redazionale del breve estratto – narra nella prosa intensa, accidentata ed ellittica del giovane irredentista studente a Firenze, una breve evasione dallo studio per salire a pestare neve sull’Appennino presso Vallombrosa. Sarebbe già una forzatura schierare questo libro illustre genericamente fra i titoli di montagna, ma lo sci qui è proprio tirato per i capelli. L’unico cenno è contenuto nella seguente frase: «… dove sono i giovani italiani? Aspettano che si bandiscano domenicate invernali con schi e pattini e signorine». La prima vera scoperta è dunque Le gemelle del crepuscolare torinese Guido Gozzano (1883-1916). È un racconto compiuto, uscito postumo nel 1919 nella raccolta L’ultima traccia, ma databile ai primi anni Dieci. Siamo in un albergo di montagna con la neve: potrebbe essere Fiery in fondo alla Val d’Ayas, dov’è rimasta un’autocaricatura disegnata nel 1910 su un’imposta a pianterreno. Fiorenzo Vigo è un caricaturista che durante il soggiorno a 2000 metri, fuori del mondo reale, si innamora allegramente di due gemelle sciatrici: al ritorno in città, messo di fronte alla scelta, non sa decidersi e scampa al matrimonio. Che stupido, mi sono detto: perché non averci pensato prima? Non mi stupirei se saltasse fuori che Gozzano era legato alla cerchia dello Ski club Torino, la culla dello sci in Italia: assolutamente da approfondire.
Nabokov e Mann
Un colpo d’ala di Vladimir Nabokov (1899-1977) è il racconto più bello della raccolta, in una scrittura minuziosa e incalzante, per noi una piccola rivelazione. Scritto in russo nel 1923, pare suggerito da una vacanza a Saint-Moritz di due anni prima, con un compagno d’università. Nato a Pietroburgo da famiglia aristocratica, esule nel 1917 allo scoppio della rivoluzione, Nabokov studiò a Cambridge, tra le due guerre lavorò a Berlino e poi in Francia; all’inizio della seconda guerra mondiale riparò negli Stati Uniti, dove insegnò in varie università. Dal 1958 si stabilì in Svizzera, a Montreux, dove visse fino alla morte. La scena del racconto è a Zermatt, nel dorato isolamento dell’hotel cosmopolita, dove Kern è salito per riaversi dal suicidio della bella moglie. Anche lui è incline al progetto di togliersi la vita, ma ne viene momentaneamente dissuaso dal fascino di una sciatrice inglese che lo lusinga, ma al dunque lo respinge. Finale di raccapriccio: prima che lui si spari, lei si sfracella in una gara di salto con gli sci. Pare ci fosse una continuazione, perduta. È tratto da La veneziana e altri racconti, Adelphi, Milano 1992. Di Thomas Mann sono riportati due brani tratti da La montagna incantata, un classico vagamente noto anche agli alpinisti che si limitano a venerare il titolo senza aver mai aperto il libro dalla mole intimidatoria. Dal capitolo Neve sono ripresi due brani, intitolati dal curatore L’ordine violato e Con gli sci alla scoperta dell’uomo: dapprima il protagonista Hans Castorp acquista un paio di sci per immergersi nella solitudine della natura, poi durante una passeggiata con gli sci viene sorpreso dalla bufera e nel delirio del dormiveglia intuisce l’essenza della vita. Può essere un buon trailer per indurre qualcuno ad affrontare finalmente la lettura di uno dei classici del Novecento. Anche di Ernest Hemingway (1899-1961) sapevamo che nella sua insaziabile vitalità di combattente, boxeur, tennista, cacciatore da safari, pescatore d’altura e appassionalo di corride, va inclusa anche una fase sciatoria vissuta a metà degli anni Venti, in Austria. Ne parlò Dimensione Sci del 1993, riproducendo il racconto Idillio alpino, un macabro aneddoto raccolto in un’osteria alpina, durante una sosta dopo una sciata nella Paznauntal in Silvretta: lo sci in quel racconto stava fuori. Invece in questo Monti sotto la neve, riprodotto nell’antologia della Dolomite, lo sci è in primo piano, almeno nella prima parte, quando Nick e George salgono in quota con la funicolare in una stazione svizzera sopra il Lago di Ginevra e compiono una bella discesa; giunti in fondo sostano in una locanda di boscaioli a bere vino, a discorrere e a far progetti; la seconda parte del racconto è un dialogo casuale, minimalista, nello stile asciutto che ha reso famoso lo scrittore americano. Trovate questo testo in Tutti i racconti, Mondadori, 1990.
Segue Invito allo sci fuori pista del torinese Massimo Mila (1910-1988), un articolo del 1960 contenuto negli Scritti di montagna, pubblicati da Einaudi nel 1992. La promozione di Mila a narratore è stata forse suggerita al curatore dalla sorpresa del volume einaudiano e probabilmente incoraggiata dall’equivoco di un “Premio Viareggio” (ma per la saggistica), vinto dal musicologo nel 1950 con L’esperienza musicale e l’estetica.
Trascurato Buzzati
Anche Dino Buzzati (1906-1972) è per noi un nome domestico, come è ben noto il breve elzeviro simpaticamente propagandistico Il canalone, dedicato nel 1965 allo spettacolare imbuto che scende dal Groppera sopra Madesimo: mi capitò di sperimentarlo anni fa, sotto una tardiva nevicata, quand’era chiuso per la massa di neve fresca e pesante. Ma quest’unico testo è piuttosto riduttivo per rappresentare adeguatamente il peso del grande narratore bellunese e la sua passione per lo sci. Il curatore della Dolomite non conosce ahimè gli altri cinque scritti buzzatiani di sci raccolti da Enrico Camanni nel volume Montagne di vetro, pubblicato da Vivalda nel 1989 e tradotto anche in francese. Una bella novità è il racconto di Mario Soldati (1900- vivente) (Mario Soldati morirà nel 1999, NdR) Capricci d’inverno, comparso in Storie di spettri, Mondadori 1962: narra il casuale incontro dell’autore alla stazione di Bardonecchia con Tanino, un vecchio compagno di studi in viaggio verso Megève per una settimana bianca. Nella breve sosta prima di ripartire Tanino fa in tempo a innamorarsi di una cameriera che somiglia a un’inglesina che lo respinse, unico amore della sua vita. Ma anche la cameriera non lo prende sul serio e l’amico rassegnato riparte per la sua vacanza.
Una piccola scoperta è anche il racconto Amicizia di Goffredo Parise (1929-1986) tratto da Sillabario n. 1, Einaudi 1972. È la descrizione di una discesa di un gruppo di dieci amici, una giornata felice per rappresentare il sentimento della felicità possibile. Chiude la raccolta il capitolo 16 di Le stagioni di Giacomo, di Mario Rigoni Stern, che racconta le giovanili esperienze con le gare di sci dei due compagni di giochi Mario e Giacomo, che partiranno insieme per la Russia. Come l’intera narrativa dello scrittore di Asiago, il romanzo è uscito da Einaudi nel 1995. Il curatore riserva giustamente la definizione di «scrittore sciatore» per Rigoni Slern, anche se non fu l’unico buon sciatore della raccolta. Questa specie di primato nello sci è connaturato alla vita stessa dello scrittore, l’unico autentico montanaro che nell’opera letteraria ha sempre trasposto esperienze della sua vita, a cominciare dal Sergente nella neve, il capolavoro d’esordio nel 1953, fino all’ultimo libro di racconti Sentieri sotto la neve di cui parleremo a parte.