di Elena Lolli* (testo e foto)
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com l’11 settembre 2021. Il post rientra nella rubrica “Il movimento delle donne solitarie”, curata da Emanuela Provera. Qui il link alla rubrica per coloro che fossero interessati a leggere ulteriori contributi)
“Devo trovare qualcuno con cui fare cose. Da sole è da “sfigate”.
Mi fermai all’improvviso, si stava passeggiando, con una amica. Quell’affermazione mi stupì. Io abituata un po’ dalla vita e un po’ da come la vita mi aveva formata a “fare cose” in solitudine, trovai terribilmente fuori luogo quell’affermazione, quella richiesta esasperata di compagnia.
Amo da sempre la montagna: è la mia dimensione. Per me è stata madre e padre, per quei diversi insegnamenti e diversi approcci che hanno, le madri e i padri, alla vita.
Mi ha temprato, insegnato l’accoglienza della fatica, la concentrazione all’obiettivo. Mi ha regalato emozioni incredibili.
Molti dicono che la felicità non è piena se non viene condivisa. Io dico che le mie impressioni le condivido anche con me stessa, che sono una persona che amo. Proprio così come sono. Partire all’ultimo, con il buio, esplorare…
Ed infine mi dico, mi ripeto, che vivere avventure in solitudine non rimane mai fine a sé stesso: migliora e rende felice me, e di conseguenza le persone che mi avvicinano. E c’è sempre un momento di condivisione, con qualche scarpone incontrato lungo il percorso: incontri magici, scambi di frammenti di vita, di esperienze. Occhi che magari non si rivedranno mai più, ma che ci regalano storie.
Si è mai soli, quando si va all’avventura da soli? No, mai, se si è contenitori. Se si è disposti e capaci di accogliere.
Amo lasciare uno spazio nel mio “zaino” per riempirlo dei profumi, dei suoni, dei silenzi, delle parole di incontri inaspettati. Chi non ha provato ad ascoltare il suo respiro, il suono dei suoi passi, si è perso molta vita. E diamine, è solo martedì!
Ci sono tantissimi posti da visitare, ma ce n’è uno che ho nel cuore: ci sono stata decine e decine di volte, fin dalla mia più tenera età. Quello per me è il rifugio delle confidenze, dei pensieri da depositare, dalle parole da consegnare, delle lacrime da lasciare congiungere alla potenza del torrente che sgorga dal ghiacciaio. Mi piace scappare lì in maniera del tutto improvvisata, partendo nel cuore della notte, senza averlo programmato. E sentire il battito del mio cuore, e il fiato, le marmotte, l’irruenza dei corsi d’acqua.
A sei mesi ho trascorso la mia prima vacanza in Valmalenco e lì ci sono stata tutte le mie estati ed inverni fino ai 17 anni. Successivamente sono tornata con i miei figli: per me è un vincolo irrinunciabile.
Ecco, il rifugio Bignami, ma anche tutto d’intorno, (tre ore di viaggio per arrivare a Campo Moro da casa mia, una per arrivare al rifugio) per me è un luogo magico, soprattutto fuori stagione, in completa solitudine. È bello poi salire al Ghiacciaio Fellaria, e tornare facendo il giro del lago. Una passeggiata facile e rapida, nulla in confronto ad altre escursioni fatte molto più impegnative e lunghe. Ma per me lì, è magia pura.
Bel racconto, intriso di poesia e sudore.
Però si parla di solitudine per scelta, desiderata e poi “condivisa” con chi si ritrova a casa, quando si apre l’uscio.
La vera solitudine, non sempre facile da vivere, è quando, dopo una seppur bellissima giornata tra i monti, si torna a casa dove non ti aspetta nessuno.
Bell articolo complimenti
Avendo una bella famiglia numerosa mi capita di rado stare solo ma quando capita sento un senso di pace tranquillita stare bene con se stessi
In effetti è ancora raro riscontrare questo approccio alla montagna in una donna. Finora avevo sentito queste cose dette da maschi. È certamente espressione di determinazione e convinzione. Amplio lo spettro di osservazione ben oltre la protagonista di questo testo: si tratta di reale alpinismo femminile o di replica femminile di cliché maschili? Ai posteri l’ardua sentenza. Cmq in bocca al lupo per l’attività personale di questa Elena.
Le donne solitarie sono tutt’altro che solitudini. Mi viene facile pensare che Elena, proprio perché capace di stare con sé stessa, sia aperta alle relazioni umane più di chi trascorre il proprio tempo frastornato dal caos e dalla gente.
Interessante la domanda di Carlo Crovella: ‘si tratta di reale alpinismo femminile o di replica femminile di cliché maschili?’.
Non ho una risposta certa ma stupisce (e posso comprenderlo) che la prima chiave di lettura di un comportamento libero femminile sia il modello maschile.
D’altra parte è vero che tra gli errori grossolani di una donna ci sia – negli ambiti dell’emancipazione – la replica di modelli maschili. Di donne falliche non ne abbiamo bisogno.