L’enorme laguna salata nel sud della Spagna è infestata dai fertilizzanti: «Anche un eco-sistema ha i propri diritti».
Spagna, la battaglia per salvare il Mar Menor
di Stefano Liberti
(pubblicato su lastampa.it il 14 maggio 2024)
La laguna è deserta. Il silenzio è rotto solo dai garriti dei gabbiani. Isabel Rubio indica la spiaggia piena di alghe e si porta la mano destra alla fronte in segno di sconforto. «Questo una volta era un paradiso, l’acqua era cristallina. Ora è tutto degradato», dice quest’insegnante in pensione, attivista per il ripristino ecologico e la salvaguardia del Mar Menor, una delle più vaste lagune salate d’Europa.
Siamo nel sud della Spagna, nella regione di Murcia: questo specchio d’acqua di 135 chilometri quadrati, diviso dal Mare Mediterraneo da una striscia di terra lunga e stretta chiamata significativamente la manga (la manica), vanta due primati, uno negativo e uno positivo. Quello negativo: è il primo eco-sistema marino europeo ad aver conosciuto un vero e proprio collasso. Nel 2016, la proliferazione della caulerpa taxifolia, un’alga invasiva, ha trasformato l’acqua in una sopa verde (zuppa verde), una specie di minestrone putrescente in cui i pesci facevano fatica a respirare. Successivamente, nel 2019 e nel 2021, lo sviluppo dell’alga ha consumato tutto l’ossigeno provocando la morte per asfissia di migliaia di pesci e crostacei. «Da allora, la laguna vive in uno stato di permanente agonia», dice Rubio sconsolata.
C’è poi il primato positivo: proprio in reazione al disastro, è partito un movimento dal basso che ha dato rilevanza nazionale al caso e, su stimolo di un’iniziativa di legge popolare, ha conferito al Mar Menor personalità giuridica, primo e per il momento unico caso in Europa di un eco-sistema che diventa un soggetto attivo capace di rivendicare i propri diritti.
Rubio, che ha una settantina d’anni, è cresciuta da queste parti. Originaria di Murcia, la capitale della regione a poco più di mezz’ora di macchina, ha passato tutte le estati della sua vita qui. E ha visto la laguna e l’ambiente intorno trasformarsi gradualmente ma inesorabilmente. Nulla resta qui del paesaggio incontaminato che fa da sfondo al videoclip della canzone “Chiquilla” di Julio Iglesias. Nel filmato, girato nel 1969, si vede il solista spagnolo giovanissimo mentre canta in cima a una duna le pene d’amore di una ragazza abbandonata dal fidanzato. Oggi quella duna è scomparsa, spianata dalle costruzioni: la manga è una distesa senza soluzioni di continuità di ristoranti e alberghi-grattacielo. «Noi potevamo scegliere tra fare il bagno nel Mar Menor, o nel Mayor, ossia nel Mediterraneo», dice Rubio. «Bastava attraversare una striscia di sabbia». Che ora non c’è più, sostituita dall’asfalto e dal cemento.
Se oggi il turismo sopravvive in estate è solo grazie all’instancabile lavoro di operatori che eliminano i residui della caulerpa taxifolia dalle rive. Già di prima mattina sono attivi sulla spiaggia di Los Nietos, uno dei villaggi a bordo della laguna. In piedi sulla battigia armati di stivali di gomma e di pale raccolgono l’alga in grandi secchi, che riversano poi su un camion diretto in discarica. «Devono farlo ogni giorno per evitare il peggio. E pensare che fino a pochi anni fa, non c’era traccia di quest’alga», sottolinea Rubio.
Cosa ha provocato questa crisi spaventosa? «Il Mar Menor ha subito l’impatto di un’urbanizzazione massiccia e dello sviluppo senza controlli dell’agricoltura intensiva. È stata la pressione antropica a provocare il collasso», spiega Francisca Giménez Casalduero, biologa marina all’università di Alicante e responsabile di diversi progetti di monitoraggio della fauna e della flora della laguna. «Le crisi degli ultimi anni sono dovuti a tipici fenomeni di eutrofizzazione, ossia di eccesso di nutrienti in acqua».
La regione di Murcia è da anni l’orto d’Europa. È qui che su migliaia di ettari vengono coltivati gli ortaggi che sono poi esportati massicciamente in tutto il continente. Secondo i biologi, è stata proprio l’enorme quantità di fertilizzanti finiti nella laguna a produrre la proliferazione dell’alga invasiva. Giménez porta un esempio concreto: «Se tu butti sulla terra dei semi di lattuga, cresceranno alcuni cespi. Ma se tu, insieme ai semi, inondi la terra di nutrienti chimici, le piante cresceranno tutte. Questo è accaduto anche nelle acque del Mar Menor». Insomma, l’apporto delle acque reflue dell’agricoltura ricche di nitrati e fosfati ha fatto esplodere la caulerpa, che a un certo punto non è più stata in grado di assorbire i nutrienti. Si sono così sviluppati i fitoplancton, che hanno consumato tutto l’ossigeno e prodotto quelle morie di pesci. «È stato uno shock collettivo», continua Giménez. «Murcia è forse l’unico posto al mondo in cui se chiedi in strada cosa vuol dire eutrofizzazione, tutti ti sanno rispondere».
Lo shock ha avuto come effetto collaterale quello di produrre un movimento di popolo. Già prima del collasso, insieme ad altri attivisti, biologi, residenti del posto Isabel Rubio aveva costituito un’associazione chiamata “Pacto por el Mar Menor”, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione della laguna. All’inizio erano un manipolo di militanti. Poi, a partire dalla crisi del 2016, le manifestazioni sono diventate sempre più partecipate e il caso ha assunto rilevanza nazionale.
È proprio a partire da quelle mobilitazioni che una giurista ha avuto l’idea di trasformare il Mar Menor in soggetto giuridico. «L’ecocidio a cui abbiamo assistito ci ha spinto ad agire», racconta nel suo ufficio all’università di Murcia Teresa Vicente, professoressa di diritti umani e diritti della natura. «Bisognava fare qualcosa di rilevante: cambiare il paradigma. Io non capivo perché, se le multinazionali e le banche potevano avere personalità giuridica, non si poteva fare lo stesso per gli ecosistemi». Così ha scritto una legge di iniziativa popolare e, insieme ai suoi collaboratori, è riuscita a raccogliere le firme necessarie perché fosse sottoposta al Parlamento. «Era l’ottobre del 2020, eravamo in pieno periodo Covid. Siamo riusciti a raccogliere a mano 640mila firme. È stato un miracolo, ma anche un segno di quanto la questione fosse sentita». Recepita la proposta, nel settembre 2022 il Congresso spagnolo ha approvato la legge quasi all’unanimità, con il solo voto contrario di tre parlamentari di Vox, il partito di estrema destra. Il Mar Menor è diventato così un soggetto giuridico a tutti gli effetti, che può chiedere il rispetto dei propri diritti. Casi simili esistono in America Latina e in Nuova Zelanda, ma questo è il primo in Europa. «A cui ne seguiranno molti altri, noi abbiamo solo tracciato la strada», afferma sicura Vicente, che due settimane fa è stata insignita del premio Goldman, un riconoscimento internazionale che celebra gli eroi della tutela ambientale ed è considerato una sorta di Premio Nobel verde.
Cosa implica nel concreto il conferimento di personalità giuridica? In seguito all’approvazione della legge, sono stati costituiti tre comitati a rappresentare il Mar Menor, che includono scienziati, cittadini, membri dell’amministrazione pubblica e vari portatori di interessi. «Di certo si è stabilito un principio: che un eco-sistema ha i propri diritti e che non può essere sfruttato in modo indiscriminato dall’essere umano per meri interessi economici», sottolinea Vicente.
Nel frattempo già l’anno scorso sono partiti i primi processi, in cui vari soggetti sono stati citati in giudizio per aver pregiudicato l’equilibro dell’ecosistema, in particolare aziende agroalimentari accusate di aver condotto sversamenti illegali nelle acque lagunari. Con un’unica speranza: che non sia troppo tardi e che, ora che ha assunto lo status di persona giuridica, il Mar Menor possa tornare ai suoi antichi splendori.