Una versione di Marta

Una versione di Marta
di Marta Fossati
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 22 luglio 2023. Il post rientra nella rubrica “Il movimento delle donne solitarie”, curata da Emanuela Provera. Qui il link alla rubrica per coloro che fossero interessati a leggere ulteriori contributi)
Foto di Alessandro Perduca

Stando da sola ho imparato ad ascoltare, fuori e dentro di me. Ho 40 anni, 200 capre, 60 pecore, 9 cani (di cui 4 anti-lupo), 2 gatti.
Il primo animale che ho avuto e allevato è stata una pecora, da piccola infatti odiavo le capre, perché mi facevano correre e non mi ascoltavano.

Pascolo a Gravière, prato vicino al fiume

Ma a 27 anni ho deciso che avrei fatto la pastora, l’allevatrice di pecore merinos e capre a Sambuco, un comune di ottanta abitanti in provincia di Cuneo, nell’Alta Valle Stura di Demonte, un luogo di confine posto tra le Alpi Marittime e le Alpi Cozie. La mia attività principale è la trasformazione del latte; le mie capre sono meticce.

Dopo aver viaggiato in Cile e in Argentina, nel 2008 ho visitato, sempre da sola, la Bolivia; tutto è cominciato qui, dove ho capito che la folla è solitudine e ricchi si diventa lasciandosi alle spalle quello che il mondo crede essere ricchezza.

Comune di Sambuco, 1184 m di quota, ai piedi del Monte Bersaio

La mia scelta è maturata nella memoria di un luogo impervio fatto di balzi e di rocce, che si colloca in un punto preciso del Monte Nebius; si chiama Bars Chabrier e si può correttamente tradurre come ‘cengia di capra’. Qui Adriano, mio padre, portava le pecore al pascolo quando io ero bambina, perché solo lì c’è un’erba che loro amano particolarmente, la Lupinella (Spersei in dialetto occitano); alcune si inerpicavano sulle rocce senza poi riuscire a scendere. “Bars Chabrier”, il nome che ho dato alla mia attività professionale, è la metafora di un lavoro che mi consente di raggiungere luoghi dell’anima difficili da attingere e da cui non scendo più.

E salgo, mi lascio il paese alle spalle e quando scompare alla mia vista sento che la solitudine apre l’orizzonte come una vertigine e vorrei stare lontana da tutto e sono felice. Nei boschi, in mezzo ai prati ritrovo la mia energia. Dove sono le cose del mondo? Rumore, auto, affari, chiacchiere. Lontano. Non ne ho bisogno perché da sola scelgo e sola ho scelto. Non mi sposerò e non avrò figli perché sono stata sposata e non ha funzionato. Non ero io. Perché io ho due anime, una resta, l’altra parte e sa che i confini sono linee della mente che ci rinchiudono. Il confine geografico, vicino al quale conduco la mia attività, lo vivo come possibilità. È il mio piano B. In Francia alcune donne, amiche, condividono la mia scelta e il mio lavoro. Un giorno potrei attraversare questa linea e vivere al di là. In Francia è diverso. Non mi manca un marito, dei figli, nemmeno le vetrine, mi manca il tempo di coltivare le amicizie.

Pascolo a Gravière, prato vicino al fiume

Il ritorno dei lupi
Amo svegliarmi in mezzo ai boschi dopo aver passato la notte a dormire fuori con il gregge. Non lo facevo dal 2014. Mi frenava l’aver costruito una grande stalla costosa, con sala mungitura e molte comodità. Ma a me piace stare qua, non rientrare in paese dopo una giornata di pascolo. Al momento sono senza gas e senza luce. Siccome di notte ho molta paura dei lupi, ho costruito due recinti che proteggono le capre e uno intorno alla mia dimora ambulante per paura che aggrediscano i miei cani conduttori. Prima del ritorno del lupo gli animali venivano lasciati liberi e si nutrivano meglio perché, per esempio, d’estate, pascolavano quando e dove volevano, scegliendo l’erba migliore; il pascolo gestito peggiora le loro e le nostre condizioni di vita. La libertà di stare dove non c’è nessuno è per me irrinunciabile.

Non sono persona dalle convinzioni assolute, anche nel caso dei lupi l’atteggiamento nei loro confronti cambia a seconda del punto di vista con cui li guardi. Dalle mie parti i lupi sono tanti. Lo scorso anno le mie capre hanno subito tre attacchi in pieno giorno; lì per lì non mi sono accorta, poi una volta a casa, ne mancava una. È successo per due giorni di fila, è un trauma e l’ansia è costante. Paura, stress, angoscia che assale; conosco questi stati d’animo. Eppure, se non fossi allevatrice e non conoscessi la loro smania predatoria, li avvicinerei. Quando i lupi si avvicinano i cani mi avvertono ma senza abbaiare, guaiscono, cambiano comportamento. Raccolgono, uniscono e difendono. Io, le mie capre, i cani, le montagne, il silenzio. No, non provo colpa per quello che è stato, la provo per quelle pecore che si sono perse e provo sgomento solo per non essere quella che sono. 

Conosco tutte le mie capre, ho iniziato con loro la mia attività quando un’amica me ne ha donata una. Mi spiaceva rimanesse da sola così ne ho prese altre. Anche se le pecore sono state il mio primo amore, perché da bambina le adoravo, ne ho una che non si sente pecora, quindi, non vuole stare con le pecore. Qualcuno mi chiede se utilizzo la lana come materia prima. No, non posso venderla perché la filiera della sua trasformazione in prodotto finale è lunga e troppo costosa. I filati sintetici sono più pratici. Ma il mio materasso è fatto anche di lana, l’ho voluto così perché rispecchia anche la mia personalità; non amo l’usa e getta ma il ‘riutilizzo’. Mungo a mano, quando viene la sera e il mio tempo è tutto in questo scorrere di albe e tramonti. Mi lascia stanca e senza altro tempo, ma tempo per cosa? Fare altro non mi interessa.

Sara ed Enrico mi aiutano nell’attività, condividendo questa vita che è una scelta. Abbiamo un passato diverso, provengono da studi di filosofia e di economia, ma forse sono la dimostrazione che questa vita dona un senso altro, lontano da quello che sembra così sensato a tutti. Nessuno conosce il futuro, ma io so che non voglio altro. Il tempo è denaro, dicono, ma col denaro non si compra alcun tempo che possiamo dire nostro. È tempo di salire, di lasciare le parole e il loro eco. Qui fra le montagne uno sguardo acuto di cane fa la guardia, alle capre, al silenzio, a me e forse al mondo che non sa essere sé stesso.

Marta Fossati
Ha i capelli lunghi e rasta perché vive di stelle e sogni, e cerca sempre la direzione che le consente di realizzarli, anche a costo di perdite o separazioni. E’ nata a Sambuco da Isabella e Adriano, e seppure abbia frequentato le scuole fino a 16 anni, è cresciuta soprattutto osservandoli. In un periodo della vita in cui aveva più tempo leggeva libri e traduceva le vite degli altri. Le mancano i libri così come le manca il tempo. Del gioco sociale di luoghi antropizzati o di creme antirughe, tutto sommato, le interessa poco. Ma qualche settimana fa, entrando in farmacia, ne ha acquistata una, per la prima volta.

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