di Manuela Mimosa Ravasio
(pubblicato su migrazioniverticali.it l’11 maggio 2022)
La vetta del Monveso di Forzo, cima piramidale di 3322 m, si trova sul confine tra i versanti piemontese e valdostano del Parco Nazionale Gran Paradiso. La si vede dalla val Soana, alla testata del vallone di Forzo, dalla pianura canavesana, e sul versante destro del vallone de la Valeille (val di Cogne) nel gruppo di cime detto Le Arolle (per essere precisi Piccola Arolla, Punta di Forzo, Monveso di Forzo, Roccia Azzurra e Punta delle Séngie), visibile anche da Gimillan e, anche se in modo meno prominente, dall’abitato della stessa Cogne. Si tratta di una cima poco frequentata, e quindi perfetta per essere consacrata alla Natura, per essere insomma la Montagna Sacra.
Una vetta consacrata alla Natura
«Abbiamo scalato e conquistato cime, pareti, ghiacciai, siamo andati anche su Marte, esplorato e vinto ogni angolo del nostro pianeta. Forse la vera impresa, quella che ancora dobbiamo fare, è individuare un luogo in cui, per scelta consapevole, non si mette piede». Ecco la Montagna Sacra nelle parole di Toni Farina, uno dei promotori e membro del Consiglio Direttivo del PNGP. Un’iniziativa promossa da un gruppo di studiosi, alpinisti, amanti della montagna (qui i promotori) che, in occasione del centenario del Parco Nazionale Gran Paradiso, ha voluto dare un segno concreto al valore della conservazione ambientale. Montagna Sacra è un invito a escludere la vetta del Monveso di Forzo da ogni presenza umana, un passo indietro che segue la presa di coscienza degli effetti dell’invasività umana. «Si tratta di un progetto culturale» continua Farina. «Il centenario del Parco è l’occasione naturale, ma l’urgenza della crisi ambientale ci obbliga a confrontarci in modo serio con i temi che riguardano l’impatto della presenza dell’essere umano in natura. Lo scopo di un ente parco, al di là della tutela della natura e del paesaggio, è infatti anche quello di creare cultura e sensibilità ambientale».
Sostenibilità fa rima con responsabilità
L’urgenza sta forse in quello che i media raccontano ogni giorno. Un innamoramento diffuso, nel post pandemia, per tutto quello che è outdoor, green, natura. Già la stagione invernale in montagna è tornata a livelli pre-pandemia, e siamo contenti, mentre l’istituto Demoskopika ha appena presentato uno studio che dice che il 2022 segnerebbe un incremento dei flussi turistici in Italia del più 35 per cento rispetto all’anno precedente, con un italiano su quattro che opterebbe per la “vacanza natura” (10 per cento in montagna). Tutte buone notizie, ma bisogna pur essere consapevoli che questo successo della montagna, questa passione per escursionismo, ciclismo, corsa, arrampicata, sci alpinismo, hanno un impatto sull’ambiente che va gestito, soprattutto se le pensiamo, come dicono le previsioni, in costante crescita. La buona notizia è che nelle scelte della vacanza i turisti sembrano privilegiare quelle mete che realmente mostrano di rispettare paesaggio, comunità locali, equilibrio tra uomo e natura. E allora, perché non dare inizio a pratiche che vadano incontro a questo desiderio da parte dei visitatori? Perché non chiamare alla responsabilità della cura della nostra Terra, dell’ambiente (si legga qui anche l’ultimo studio del Club di Roma), del futuro anche servendosi di un gesto simbolico, ma altamente dirompente (disruptive si direbbe oggi)?
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La montagna che dobbiamo ancora scalare
Dichiariamo una Montagna Sacra, per scelta, non per obbligo, ci tiene a sottolineare Farina: «Il divieto è inopportuno. Si tratta scelta simbolica, culturale, per riflettere sul senso del limite e di non valicarlo, un po’ come succede con i tabernacoli delle chiese, che sono lì alla mercé di tutti, ma credenti o meno, nessuno li vìola. Questa non è una cosa “contro” ma è una cosa “per”», conclude. Un superamento quindi del “limite di conquista” che sarebbe l’anima stessa della cultura dell’alpinismo. Eppure, basti ascoltare i podcast realizzati per la 70esima edizione del Trento Film Festival (in particolare segnalo La montagna che cambia), per capire che l’unico futuro possibile della montagna è proprio qui: lontana, come dice Nives Meroi, dalla ormai vecchia retorica dell’alpinismo come sofferenza, sfida delle vette e del limite, conquista, e vicino a un Homo meno Sapiens (si dice giustamente nell’episodio che il termine Sapiens rivela la nostra caratteristica maggiore: la presunzione di sapere), finalmente più consapevole del suo stare al mondo. Del suo stare in montagna.
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Per una montagna del futuro, per il futuro della montagna
Dunque, siamo qui, alla parte più difficile. Quella della ricerca di adesioni. Tra i firmatari dell’appello ci sono gli alpinisti come Hervé Barmasse, Kurt Diemberger, Maurizio Zanolla detto Manolo, storici della montagna come Alessandro Gogna e antropologi come Duccio Canestrini (questi ultimi anche tra i promotori), l’Alpine Club inglese, il CAI, Luca Mercalli, Paolo Cognetti, Michele Serra… Ho fatto notare che scarseggiano in modo preoccupante i nomi di donne, bisognerà pur porvi rimedio, che sul “senso del limite”, sul significato di azioni come “cura” e “ascolto”, noi siamo certe le più esperte. E colpisce anche l’assenza, fra le adesioni, del Parco Nazionale Gran Paradiso. Leggerete, in calce, la dichiarazione che mi ha inviato il presidente Italo Cerise sul progetto Montagna Sacra*. Ma questo ci dice di quanto sia ancora difficile convincersi che su certi temi come l’ambiente sarebbe necessario uscire da logiche divisive. Intanto, si lavora affinché il 19 giugno si realizzi nella frazione di Forzo una passeggiata fino alle caratteristiche borgate di Boschetto e Boschettiera, per godere, mentre si fa una merenda, della vista del Monveso di Forzo, per poi tornare in paese e assistere al Concerto per la Montagna Sacra del Laboratorio Musicale del Graal. Il fine ultimo è quello di dichiarare, il 3 dicembre 2022, data della nascita del PNGP, il Monveso Montagna Sacra, dando inizio alla fase due del progetto, ovvero una serie di interventi culturali per riflettere sul futuro della montagna e su una sua diversa fruizione.
Come andrà a finire? Dipende da noi
Chi ci sarà quel giorno? Chi si prenderà l’onere di fare l’annuncio? Quali enti, operatori del turismo, cittadini, esponenti del mondo della cultura, sportivi, ci saranno? Credo che dipenderà da noi. Come è ben scritto nel documento del progetto: “Non tutto quello che siamo in grado di fare deve essere fatto. Non tutte le montagne che siamo in grado di salire, devono essere scalate (conquistate). Per una volta, in un luogo almeno, può prevalere l’idea dell’astensione. Astenersi non significa necessariamente privarsi. In questo caso, l’astensione, più che togliere, regala qualcosa”. La regala noi, e soprattutto la regala ai nostri figli, che rischiano di arrivare a un banchetto ormai consumato. Buona Montagna.
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*Dichiarazione del presidente Italo Cerise sul progetto Montagna Sacra
“Il Consiglio direttivo dell’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso ha deciso di non aderire alla proposta di istituire una “montagna sacra” nel territorio del Gran Paradiso in occasione del centenario del Parco ma di lasciare libero ogni consigliere di farlo a livello personale, trattandosi di una proposta culturale.
È necessario, infatti, distinguere la libera adesione personale a questa idea che ogni consigliere può prendere in totale autonomia, rispetto ad un atto formale del Consiglio dell’Ente che è chiamato a prendere delle decisioni sul suo territorio di competenza, imponendo o, come in questo caso, avallando comunque vincoli e limitazioni che non si relazionano con i suoi documenti di pianificazione.
l Regolamento del Parco prevede infatti che l’accesso al Parco è libero. Il Consiglio ha inoltre evidenziato come la proposta sia priva dell’assenso dei comuni interessati, senza il quale il Consiglio non può prendere nessuna decisione di merito e neppure di indirizzo”.