di Marco Toldo
(pubblicato su Alpinesketches in data 4 agosto 2018)
Ci sono vie che è come se ti mettessero le ali…
Vie che sali e neanche te ne accorgi, che arrivi al tanto atteso posto da bivacco e ti chiedi cosa fai già li, o forse, cosa ci fai tu li…
Salite che quando arrivi sulla cima ti accorgi che le tue emozioni giocano strano, che sei talmente contento ed appagato che è il silenzio a esultare.
Vie avvolte nel mistero da quasi quarant’anni, dove le poche storie che ne parlano dicono tutto e dicono niente, ed è la voglia di mettersi in gioco ma soprattutto la curiosità che ti spinge a provare a salirle.
Era passato più di un anno da quando quel diedro l’avevamo visto da vicino, ed era da qualche mese che aspettavamo il momento giusto per provare.
Così la mattina del 28 luglio ci incamminiamo su quel sentiero divenuto ormai quasi piacevole che ci porta alla base dello Spiz di Lagunàz.

Con noi cibo acqua, materiale da bivacco, solite cose e una buona varietà di aggeggi da artificiale, convinti che quel mistico gioco del traverso e la successiva prua avesse respinto tanti grandi solo perché sprovvisti della giusta attrezzatura.
E così ci troviamo dentro quel libro magico, color giallo intenso, dove la roccia non è delle migliori, ma l’entusiasmo ti fa volare verso l’alto e neanche te ne accorgi che già devi attraversare verso sinistra e che poi ti trovi a salire quel bordo del diedro che ti porta sulla cengia sospesa, che ci ospiterà per la notte.
Posto fantastico, piccolo ma comodo, con il nostro capitano a osservarci, il grande Agnèr, con 2/3 ore di luce per goderci il momento, mentre “fuori” piove ma li siamo al riparo; per sistemarci comodi e consumare una super cena tra chiacchiere e silenzi che parlano…
E poi la strana cosa di svegliarsi a mezzanotte e sentirmi come se avessi dormito 10 ore, pronto e carico per partire.
Ma è solo mezzanotte e così fumando una sigaretta ti rendi conto di quanto sei fortunato a poterti godere quel posto anche in piena notte, illuminato dalla luna, avvolto in un silenzio totale.
Nel dormiveglia arriva anche la mattina e cominciamo la seconda parte della via.

Troviamo qualche problema nell’individuare la linea di salita e perdiamo più di un’ora, ma poi tutto torna e la salita prosegue fino a trovarci sotto quella fessura, che in uno dei pochi racconti, il protagonista scriveva che valeva la pena fare un giro fin lì solo per percorrere quel tratto.
Fessura bella ma non banale, e poi un altro tiro difficile ma colorato da quel cordino blu lasciato dall’ultimo ripetitore nel 2012.
Arriviamo sui camini finali, facili e piacevoli e intorno a noi il solito silenzio sembra suonare una musica che ci accompagna.
Sulla cima, dove entrambi eravamo già stati, c’era un’atmosfera strana, come se non sapessimo esprimerci, come se ciò che avevamo appena fatto, per noi, non era divenuto ancora realtà. Come se niente avessimo fatto, perché l’alchimista che gioca con le nostre emozioni ancora non si era messo al lavoro.

Però le ali che ci avevano fatto volare verso l’alto non c’erano più perché non c’era più bisogno di averle. Perché per scendere bastano le nostre gambe, mentre per salire non basta contare solo sul proprio corpo, ma anche sulle motivazioni che lo fanno muovere!
E allora giù per quella discesa infinita, stanchi, appagati e forse un po’ increduli.
Accompagnati dai nostri pensieri e dalle nostre emozioni pian piano arriviamo giù nella magica valle dove tutto torna normale dopo due giorni vissuti in un altro mondo…
E allora grazie Diego per avermi ispirato in questa avventura, grazie Marco (Anghileri N.d.R.) per il romanticismo che mettevi nelle tue salite, l’emozione nel pensare che sei stato l’ultimo a passare di lì ci ha accompagnati per tutta la salita.
Grazie Diedro dei Bellunesi per averci fatto volare.
La Via dei Bellunesi è stata aperta nel luglio del ’79 da Franco Miotto, Riccardo Bee e Stefano Gava. Ci sono voluti 25 anni per la prima ripetizione per mano di Ivo Ferrari e Silvestro Stucchi. Fu poi la volta di Marco Anghileri che nel 2012 ne fece anche la prima solitaria invernale. Il resto è cronaca.
28-29 luglio 2018, 3° ripetizione del Diedro dei Bellunesi allo Spiz di Lagunàz, Diego Dellai e Marco Toldo