La durata del manto nevoso si è ridotta di oltre un mese.
Le Alpi mai così povere di neve negli ultimi 600 anni
di Leonardo De Cosmo
(pubblicato su ansa.it il 13 gennaio 2023
Il candido manto delle Alpi è sempre più effimero: nell’ultimo secolo la persistenza della neve si è ridotta di oltre un mese, arrivando a segnare il record negativo dai tempi di Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci.
Lo rivelano gli anelli di accrescimento delle piante di ginepro comune cresciute in quota, analizzate per uno studio senza precedenti dai ricercatori dell’Università di Padova e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Climate Change, fanno toccare con mano le allarmanti conseguenze del riscaldamento globale, che secondo la Nasa e l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha reso gli anni di quest’ultimo decennio (compreso il 2022) tra i più caldi mai registrati.
Condotta da Marco Carrer, Raffaella Dibona e Angela Luisa Prendin, dell’università di Padova, e da Michele Brunetti, dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isac – Cnr), la ricerca ha analizzato lo spessore degli anelli di accrescimento con una nuova tecnica ed è riuscita a determinare il numero dei giorni nei quali le piante hanno interrotto la loro crescita a causa della copertura nevosa.
“Per la prima volta siamo riusciti a ricostruire la durata del manto nevoso su quasi tutto l’arco alpino italiano degli ultimi 600 anni“, dice Carrer all’ANSA. “Ne emerge che tra un anno e l’altro ci sono fluttuazioni importanti, ed è normale che sia così, ci sono dei periodi un po’ più lunghi che si discostano dalla media ma il dato molto evidente è che tra il 1400 e il 1900 siamo stati su livelli più o meno stabili ora invece, da diversi decenni si assiste a una costante discesa“. Un calo ben visibile dai grafici e che può essere riassunto numericamente in meno 36 giorni di copertura nevosa (nelle quote tra 2.000 e 2.500 metri) e una riduzione del 5,6% negli ultimi 50 anni. Un declino senza precedenti che si ripercuote non solo sugli ecosistemi montani, ma anche su tutte le attività umane che dipendono dai bacini idrologici a valle: la secca del Po ne è stato un esempio.
E’ “come se le Alpi si fossero abbassate di quasi 300 metri“, osserva Brunetti . “A 2.000 metri la durata della neve oggi è come quella che si registrava qualche decennio fa a 1.700 metri“. Il nuovo dato, relativo alla persistenza della neve, è molto importante perché è un indicatore molto valido sulla reale consistenza degli accumuli di acqua sulle montagne, i ‘serbatoi’ che garantiscono acqua anche nei periodi caldi e senza piogge. Un problema destinato ad aggravarsi e che rende sempre più urgente la necessità di sviluppare strategie di adattamento per alcuni dei settori ambientali e socioeconomici più sensibili. “Il nostro lavoro analizza l’evoluzione storica – ha aggiunto Brunetti – ma è possibile immaginare, tenendo conto dei possibili scenari futuri e sulla base di altri studi, un’ulteriore riduzione da qui a fine secolo tra 26 e 76 giorni”.