di Paolo Crosa Lenz
(pubblicato su Lepontica n. 41, settembre 2024)
È mancato a Baceno Dino Vanini, storica guida alpina di Devero e protagonista della straordinaria stagione dell’alpinismo ossolano degli anni ’50 e ’60 del Novecento. Furono gli anni in cui un alpinismo “nuovo”, realizzato da operai che sognavano grandi salite e rubavano tempo a famiglia e lavoro per realizzare grandi cose in montagna, finalmente liberi dalla dipendenza da stranieri e cittadini. Un alpinismo che fu anche riscatto sociale. Con Tino Micotti, alpinista di Verbania e accademico del CAI, fu il protagonista di anni irripetibili di grandi realizzazioni. Fu uomo del Soccorso Alpino, fondatore negli anni ’50 della stazione di Baceno e protagonista di tanti interventi pionieristici sui monti di Antigorio e Formazza.
Con l’amico Armando Chiò realizzò nel 1965 la grande impresa della prima ascensione invernale della via dei Francesi alla punta Gnifetti sul versante orientale del Monte Rosa, il più lungo itinerario alpinistico delle Alpi (2500 m di dislivello). Sulla stessa via guidò nel 1971 Franca Zani, la “signora” dell’alpinismo ossolano, a realizzare la prima femminile della scalata. Scalò la parete nord del Cervino in anni pionieristici e, già “vecchietto” l’infinita cresta nord del Weisshorn. Non passeggiate nell’orto!
A settant’anni scalò, irriducibile, una via di roccia impegnativa sulla Punta Fizzi in Devero (montagne che conosceva come le sue tasche). Erano due cordate: con lui c’erano Tino Micotti (protagonista assoluto dell’alpinismo italiano del secondo Novecento) e le “giovani” guide Paolo Stoppini e Massimo Caramello. Una via di mille metri aperta in memoria di Mario Ferrari (la via si chiama Amico Barba Bianca), storico albergatore di Crampiolo. Diventai amico di Dino Vanini, dopo gli anni giovanili in cui lui era, per noi “ragazzacci”, un mito, provando a raccontare la storia dell’alpinismo ossolano. Barba bianca, occhi sereni, voce sempre pacata, memoria lunga: un grande alpinista e un vero uomo di montagna.
Ricordo con affetto Dino Vanini, che ha insegnato molto sulle montagne del Devero a me e mia moglie Elvira all’inizio degli anni 60 del secolo scorso, quando frequentavamo le montagne ossolane. Ci rivedremo tutti nell’Infinito.