Fino in fondo, che più in là non si può

Dopo due anni passati tra complicazioni neurologiche tali da perdere il senso dell’equilibrio, Mauro Battistin ha trovato nella bici il mezzo per riprendere in mano la propria vita. L’ha fatto con una Brompton, un viaggio dal Veneto alla Puglia, il piacere della costa adriatica attraversata dalle ciclabili

di Benedetta Bruni

Sono tante le storie fatte di costanza, ma non quella autoimposta, bensì quella necessaria per recuperare parti di sé che altrimenti andrebbero perse. Quella di Mauro Battistin è una di queste: due anni passati per riabilitazioni dopo un’emorragia cerebrale e le conseguenze di una polmonite che l’hanno portato a non poter più camminare e correre come prima. Ed è qui che nella vita di un ex runner si è inserita la bici: come modo per riacquistare l’uso delle gambe e a riprova che la propria condizione – in certi casi, con i tempi e modi di ognuno, senza necessità di dare dimostrazioni alcune – è superabile. Per cui è diventato “trisabile”, “disabile con un plus”, con la promessa di diventare ogni giorno la versione migliore di quella di ieri. Nel suo caso in sella a una Brompton lungo le coste dell’Adriatico, dalla città natale di suo padre in Veneto fino a Santa Maria di Leuca, il punto oltre cui non si può più andare – metaforicamente, geograficamente. La sua storia è diventata anche un libro, “Preso per i capelli” (Jona Editore), ma noi non volevamo lasciarci sfuggire l’occasione di un’intervista.

L’intervista a Mauro Battistin, consulente sportivo
Ci vuoi raccontare brevemente la tua storia?
Circa tre anni fa, dopo una call di lavoro, ho sentito mal di testa e mi sono messo a letto: ho avuto un’emorragia cerebrale. Sono stato portato subito in ospedale, ma in rianimazione ho preso una polmonite che ha complicato ancora di più la situazione. Sono stato in coma indotto per due mesi, e quando mi sono risvegliato ho iniziato a dover fare i conti con altri problemi. Ad esempio, ne ho risentito a livello neurologico nell’equilibrio e nei nervi dei piedi, quelli che mi permettono di sollevare il piede quando si cammina, e il periodo passato fermo ha portato alla calcificazione delle anche (risolta poi due anni dopo). In sette mesi di riabilitazione ho recuperato la voce, la deglutizione, ho ripreso a respirare bene, è sparita ogni traccia di polmonite. Da lì, ho provato a recuperare al meglio anche il resto. Pian piano ho ripreso a camminare, passando dalla sedia a rotelle al girello e infine alle stampelle, sebbene sia stato chiaro sin da subito che non avrei più ripreso a deambulare come prima.

Perché ti definisci “trisabile”?
Per cercare di andare oltre la mia disabilità: è il tentativo di superare la condizione attuale per raggiungerne una che mi consenta di fare di più. Trovo che sia una condizione comune a tutti: ognuno di noi non è quello che era ieri né quello che sarà domani. E passare oltre include anche un riconsiderare le proprie scale di valori, gustarsi di più le cose, non cedere ai limiti.

Come hai deciso di salire in sella a una Brompton per attraversare la costa adriatica? La destinazione ha un motivo specifico?
Tra le cose che mi hanno detto che avrebbero aiutato a recuperare il moto c’era pedalare. Purtroppo le biciclette classiche mi creavano non poche difficoltà: i nervi dei piedi sono tutt’ora compromessi, pertanto non riesco a stare sulle punte. Inoltre, la calcificazione alle anche mi rendeva difficile scavallare il telaio. Inizialmente ho provato un triciclo, ma per me era troppo pesante. Poi ho trovato una bicicletta a tre ruote basculante e infine sono giunto alla Brompton. Trovato il mezzo, ho deciso di fare un viaggio di riabilitazione per superare i miei limiti fisici e mentali e dimostrarmi che potevo farcela, tranquillamente, con i miei tempi e modi. Sono partito da Vittorio Veneto, città natale di mio padre, scendendo da Venezia fino alla Puglia, a Santa Maria di Leuca, costeggiando l’Adriatico su tre tappe divise tra giugno, luglio e agosto. La scelta della Puglia non è stata casuale: volevo arrivare fin dove era possibile, fin dove bisognava fermarsi per forza perché oltre non c’è più niente. Volevo, inoltre, che il viaggio stesso fosse un piacere, non solo nel superamento delle difficoltà ma anche perché volevo che il mare mi accompagnasse per tutta la traversata.

Quindi prima non hai mai pedalato per periodi così lunghi. Che sensazione hai provato?
Esatto. Io non sono un ciclista, per cui le mie tappe erano calibrate in base a quanto riuscivo a fare, arrivando al massimo a 60 km. Prima ero per lo più runner, per cui ho notato subito come correre e andare in bici siano due sensazioni molto diverse. La seconda è il mezzo ideale per i viaggi di questo genere: ti puoi fermare, guardare intorno, parlare con le persone, infilare in viottole che altrimenti non avresti considerato. A piedi diventa molto più lungo e l’orizzonte cambia molto meno velocemente. In bici invece ho potuto vedere tutta l’Italia con la giusta andatura. Che trovo sia proprio il nocciolo del viaggio.

Quali caratteristiche hanno le Brompton per le tue esigenze?
Avevo bisogno di un mezzo che mi consentisse di mettere giù tutta la pianta del piede in sosta, nonché di uno che avesse ruote e pedivelle piccole e sella bassa. E la Brompton risponde a tutte queste caratteristiche. Inoltre, si può piegare e trasportare comodamente. Avendo spezzato i miei viaggi in tre tappe su tre mesi diversi, tornando ogni volta a casa, è stato utilissimo avere un mezzo ripiegabile con me e adattabile a treni e bus.

Hai in programma altri viaggi per il futuro?
Visto che questa modalità di viaggio lento dove poter gustare ogni tappa mi è piaciuta molto, vorrei riproporre un viaggio simile in compagnia. Questo viaggio è stato fatto da solo, per testare la mia resilienza; sarei curioso di sapere come sarebbe se fatto con altre persone.

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