Un successo l’iniziativa di un gruppo di volontari nel luogo simbolo dell’overtourism. Fabio Maffione: «Noi siamo per la montagna frequentata, ma sempre con il dovuto rispetto».
Pulito il sentiero del Lago del Sorapìss
di Gianluca De Rosa
(pubblicato su corrierealpi.gelocal.it il 1 ottobre 2024)
I sacchi neri, pieni di rifiuti, hanno confermato ancora una volta che iniziative come quella denominata Re talee Sorapìss rappresentano e rappresenteranno sempre «la cosa giusta per la salute della montagna».
Eventi che si ripetono con cadenza periodica, ovunque, Cortina compresa, ma che evidentemente, alla luce della gran mole di materiale dannoso per l’ambiente recuperato domenica 29 settembre 2024 lungo il sentiero che dal Passo Tre Croci conduce al Lago del Sorapìss da un gruppo di volontari, continuano a non bastare. Soprattutto quando la stagione turistica estiva entra nella fase più critica.
Non a caso, il gruppo di ragazzi guidati da Fabio Maffione e Aron Lazzaro, supportati dalle Regole di Cortina e da alcune organizzazioni operanti sul territorio, compresa la cliccatissima pagina social Dolomiti da Sogno, ha scelto l’area del Lago del Sorapìss per concentrare le proprie attenzioni. Simbolo indiscusso dell’overtourism estivo nella pur vasta area della conca ampezzana, ha ricevuto in eredità cartacce sparse ovunque, come “fili di Arianna”, lasciati a terra dopo il passaggio.
«L’idea ai fare questa giornata green ad alta quota è nata guardandoci semplicemente attorno», ha raccontato Aron Lazzaro, esperta guida naturalistica, che a un certo punto sul suo percorso ha incrociato il cammino di Fabio Maffione, frequentatore e amante della montagna nella sua purezza. «Un giorno, una volta giunto alle Tre Cime di Lavaredo, mi sono reso conto che i servizi igienici a disposizione delle migliaia di turisti presenti quotidianamente in uno dei luoghi storicamente più frequentati delle nostre Dolomiti, erano particolarmente esigui. Un dettaglio peraltro che stona con il costo esoso che dev’essere sborsato per raggiungere quei luoghi. Questo induceva gli escursionisti ad affidarsi alla natura per i propri bisogni, di ogni tipo».
Uno dei fattori presi in esame dal gruppo che si è mosso alla volta del Lago del Sorapìss era concentrato attorno al fenomeno delle deiezioni. Tanto canine (altro tema ampiamente dibattuto) quanto umane. «Perché tutto questo significa lasciare poi a terra carte, cartacce e salviette. E se per i bisogni poi è la natura a fare il suo corso, per la carta il tema è ben diverso».
Fabio Maffione non è alla prima uscita “salva ambiente”. «In passato però abbiamo puntato su eventi più ristretti, in grado di accogliere un numero contenuto di partecipanti. Stavolta abbiamo voluto fare le cose un po’ più in grande, coinvolgendo anche le istituzioni del territorio. L’obiettivo è mantenere alta l’attenzione su una montagna pura, pulita. Sì frequentata, ma sempre e comunque con il dovuto rispetto. Giornate dedicate alla pulizia dei sentieri se ne sono sempre organizzate e se ne continueranno ad organizzare. Molto bene. È altrettanto vero che non spetta a volontari intervenire laddove altri non si comportano come dovrebbero».
La giornata del 29 settembre 2024 si è conclusa con un rendez-vous dei partecipanti – trenta in totale (numero massimo ammesso) provenienti da diversi angoli della provincia bellunese ma non solo – al rifugio Vandelli dove i volontari sono stati accolti a braccia aperte dai gestori. Una volta chiusi i sacchi contenenti immondizia di ogni tipo («evitiamo di scendere nei particolari per decoro», hanno sottolineato alcuni dei partecipanti alla raccolta dei rifiuti), questi ultimi sono stati portati subito a valle per lo smaltimento che avverrà con la supervisione delle Regole ampezzane.
A dispetto di quanto possa apparire in prima istanza, a chi legge superficialmente le mie prese di posizione, in prima battuta sono anche io favorevole a una montagna “frequentata”. Certo frequentata nei modi giusti e con il massimo rispetto. di fronte però all’orda di cannibali che, da alcuni decenni, scorrazzano per le montagne, sono giunto alla conclusione che sia meglio una rarefazione della presenza umana, sulla base del famoso “più montagna per pochi”. Iniziative come quella qui descritta sono ENCOMIABILI e meritano il massimo apprezzamento, ma mi chiedo: perché dei volontari devono investire il loro tempo libero per ripulire i luoghi? Non potrebbero pensarci all’origine i frequentatori della montagna, portando ciascuno a casa la sua immondizia? e ancora: adesso lì è tutto pulito, bene e ancora complimenti a chi ha pulito. Ma per quanto resterà “pulito”? Fra quanti mesi/anni torneremo alla situazione di degrado precedente a questo intervento? Se non saniamo il problema alla radice, cioè nella testa dei frequentatori della montagna, questi interventi di pulizia non comporteranno soluzioni strutturali dei problemi. La soluzione è “e-ducare” (cioè tirare fuori dall’ignoranza e dai comportamenti incivili) i frequentatori della montagna. Questo obiettivo è infinitamente più importante dell’insegnare loro il nodino X o la manovra Y. Ecco perché il mondo della didattica è il contesto ideale in cui portare avanti questa particolare “educazione”. Sta a noi alpinisti seri e consapevoli educare i cannibali, ma sta anche ai cannibali capire l’importanza del farsi educare. Senza la loro disponibilità in merito, non si va da nessuna parte.
Crovella, non è solo un problema di educazione, ma di intelligenza. Alcuni puoi educarli, altri no, mai. Non ci vuole molto a capire che le tue immondizie non devi abbandonarle nell’ambiente, questi proprio non ci arrivano, credono di essere furbi ma sono solo imbecilli. Del resto è sufficiente leggere certi interventi sui social per capire che una certa parte di individui non ce la farà mai!
Se è così, cioè se ci sono degli “ineducabili” (alisas imbecilli), allora non c’è alternativa al tassativo divieto a loro carico: se non mettono più piede in montagna, non potranno lasciare i loro rifiuti
A mio parere, già chiamare “green” una giornata all’insegna della raccolta dei rifiuti sparsi in una data area la dice lunga sul fatto che la luce non viene per nulla puntata su questo tema critico, ma su chi ha preso parte alle attività.
Da sempre mantengo puliti i sentieri e le zone che frequento e l’area in cui abito, senza fare pubblicità né rumore.
Pensare che in un luogo naturale debbano esserci bagni pubblici significa che é troppo antropizzato, dunque trovo necessario ridurre le presenze. Magari anche le “guide esperte” possono darsi da fare per proporre diversi itinerari itinerari, per esempio, evitando di alimentare il turismo di massa?
Da guida faccio il possibile per non condurre i miei ospiti in luoghi troppo frequentati, promuovendo le aree naturali. Quando ci si ferma per una pausa con il gruppo chiedo la gentilezza di non lasciare rifiuti senza tema di offendere e mostrando rispetto.
Grazia, le guide in questo caso non c’entrano nulla. Qui il problema nasce dai social e dall’urgenza di molti individui di sentirsi parte di un mondo dove ciò che conta è fare un selfie e mostrare agli altri che ci sei anche tu, che fai parte di “quel” mondo, anche se molti non hanno la cognizione di dove si trovino esattamente in quel momento. Non ce l’hanno perchè non gli interessa, la priorità è un’altra, quella di essere lì, ovunque sia quel luogo. Un pò come il turismo dell’orrore, di quelli che vanno sul luogo del delitto a farsi il selfie con la casa che hanno visto nel servizio da Vespa. Conosco bene il cortinese, e ti assicuro che al parcheggio per il sentiero del lago ci sono km di auto parcheggiate sul bordo della strada. Se volessero veramente ridurre l’affollamento basterebbe un semplice divieto di sosta e dare le multe a chi trasgredisce. Ma non c’è proprio la volontà evidentemente.
Ero su al Vandelli i giorni prima di questa iniziativa. Erano le 16 passate ed ormai il rifugio era chiuso al pernottamento, mentere chiacchiero coi gestori arrivano due ragazzi giovani, agghindati di tutto punto, sicuramente un capitale (di denaro) speso.
Siccome la cucina ormai era chiusa hanno preso due bevande calde, hanno aperto lo zaino e si sono mangiati dei panini che si sono fatti sul momento, con l’affettato che si erano portati da casa. Nel rifugio cala il silenzio.
Consumato il pasto il giovanotto si alza e mi chiede se può lasciar li la spazzatura e dove poterla buttare. Alzo le mani, non lavoro li. I gestori danno l’ok. Arrivederci.
Mi sono parsi ragazzi educati nei modi.
Essendo venuti a piedi però immagino si siano resi conto che non si perviene lì in macchina. Non ci sono bidoni. Allora ogni volta mi chiedo “le persone come pensano si risolva la questione dei rifiuti in montagna?” . C’è chi ha teleferiche, chi sfrutta l’elicottero, i fortunati magari la jeep. Ma pensare di RIportare il rifiuto, che NOI abbiamo portato lì, a valle? Non è un problema lasciarlo in rifugio , è poca roba, ma al lago del S. vanno anche migliaia di persone al giorno in alta stagione. Se ognuno lasciasse li le proprie cose (portate da valle) quanta spazzatura si accumulerebbe? Certamente era bassa stagione , ma se oltre al Capitale in vestiario ci fosse un minimo di Capitale intellettuale in più, ciò non guasterebbe.
Condivido il primo commento, è questione di educazione, sono sicuro che questi due giovani avrebbero avuto la capacità di imparare. Forse ho sbagliato io a non farlo notare.
Sono stata al Sorapis alcuni anni fa in ferrata sulla Vandelli. Un’esperienza indimenticabile. La vista del Lago mi ha suscitato un’emozione così forte da farmi venire lacrime di gioia e meraviglia.
È un luogo da tutelare ad ogni costo.
Solo coloro che si guadagnano l’ammirazione della bellezza passo dopo passo, con sudore, sforzo fisico e soprattutto rispetto per la natura possono comprendere questa necessità.
Le Dolomiti sono da consegnare alle nuove generazioni. La massa deve essere tenuta lontano.
Questo è l’obiettivo che tutti coloro che amano profondamente la montagna debbono perseguire.