Mulatero, casa editrice piemontese fondata nel 1984, arricchisce il suo ampio e variegato catalogo di libri di “montagna” (in tutte le sue espressioni, dallo scialpinismo all’alpinismo) con un “colpo editoriale” straordinario.
Winter 8000
(il libro sul Brutale Inverno in Alta Quota)
di Federico Bernardi
(pubblicato su montagnamagica.com il 16 dicembre 2020)
La pregevole edizione italiana del libro di BernadetteMcDonald , canadese, una delle più autorevoli scrittrici d’alpinismo estremo: Winter 8000 – Himalaya d’inverno: gli alpinisti che hanno sfidato la montagna nella stagione impossibile (pagg. 335, € 23)
Il volume rappresenta la “sintesi” di un monumentale lavoro di ricerca della scrittrice canadese sull’alpinismo invernale d’alta quota; si concentra sui quattordici Ottomila e la sua struttura è articolata nella storia dei 13 successi e dell’unico, ad ora, fallimento – il K2 è ancora inviolato nella stagione invernale, non a caso stiamo per assistere al tentativo di ben cinque spedizioni, per un totale di quasi 100 persone – tra alpinisti, sherpa, personale al Campo Base – di risolvere l’ultimo grande problema invernale.
Come scrive nella premessa la McDonald, affrontare la vastità della storia di duecento spedizioni invernali, per un totale di circa 1500 alpinisti negli ultimi quarant’anni, è stato un compito assai difficile. La scelta è stata quella di raccontare i successi invernali sugli Ottomila in ordine cronologico. La sua ispirazione per questo argomento nacque in un incontro col leggendario alpinista polacco Andrzej Zawada – il primo uomo al mondo a superare quota 8000 in inverno, sul Lhotse e capo spedizione della primissima invernale sugli Ottomila, quella dell’Everest.
Bernadette, nella premessa, riassume mirabilmente cosa significa arrampicare in alta quota d’inverno, in Himalaya e nel Karakorum, e il perché ha voluto scriverne:
“In inverno le temperature sugli Ottomila sfidano l’umana comprensione.
Fa così freddo che si ha la sensazione di avere i polmoni in fiamme. Le ciglia si cospargono di ghiaccio e si attaccano. La pelle esposta si congela in pochi minuti. Le estremità diventano terribilmente fragili; se stanno troppo ferme o costrette in una qualche posizione, si ghiacciano fino a diventare dure come il legno. Dita di mani e piedi perdono completamente sensibilità, diventano nere e devono essere amputate. E’ un freddo tale da non mostrare nessuna pietà.
[…] Su quelle vette i furiosi venti invernali non smettono quasi mai di soffiare. […]
Inverno vuol dire buio. I giorni sono corti e le notti così lunghe da sembrare eterne. […] In un bivacco all’aperto a ottomila metri le emozioni che possono avere il sopravvento sono paura, paranoia e persino cattiveria.
In una parola, sofferenza. […]
Per riprendere le parole dello scalatore polacco Voytek Kurtyka, l’inverno sulle vette himalayane è l’arte di soffrire. […]
Ciononostante, non solo gli ottomila metri riscuotono l’entusiamo di decine di scalatori, ma c’è chi perfino ne fa un’ossessione. C’è chi freme dalla voglia di provare quel noiosissimo isolamento. […]
La danza che intrattengono con la sofferenza è una combinazione di istinto, conoscenza profonda delle montagne e formidabile desiderio di sopravvivere. Sono i guerrieri del ghiaccio […]
Conosco – e in certi casi, troppi, conoscevo – molti di quegli alpinisti invernali. […]
Questo libro è il testamento della loro sofferenza e delle loro battaglie, delle loro vittorie e sconfitte”.
Come accennato in precedenza, la struttura del libro segue cronologicamente gli Ottomila scalati in invernale; il contenuto non è meramente una fredda (sic!) cronaca delle imprese ma un viaggio profondo nel cuore e nel fisico dei personaggi, uno sguardo su amicizie, rotture di rapporti, emozioni e sofferenze narrate con lo stile coinvolgente e profondamente empatico della McDonald.
La lettura procede avvincente ed emozionante, dalle prime, estenuanti e lunghe spedizioni polacche alle spedizioni più veloci e tecniche, dallo stile più pesante a quello più leggero e in qualche caso, al puro stile alpino, senza ossigeno.
Dalla grande scuola polacca ai successi incredibili dell’italiano Simone Moro, assoluto “Winter Maestro” con le sue quattro prime invernali su tredici, passando dai giovani come il polacco Adam Bielecki, autore di due prime invernali in Karakorum. E purtroppo, passando per le grandi tragedie avvenute in queste sfide estreme contro il clima e l’alta quota.
L’edizione italiana è riuscita, a mio parere, a eguagliare se non superare l’edizione originale inglese (che ho letto per prima, straordinaria ovviamente per la bellezza dello stile di scrittura di Bernadette McDonald); sia per la grande cura editoriale, l’attenta ed esperta supervisione nell’editing e nell’adattamento – affidata da Mulatero al grande storico d’alpinismo Roberto Mantovani – sia per la traduzione efficace e fedele di Piernicola D’Ortona ed Elisabetta Palaia e infine per l’elegante Art Direction (studio Heartfelt.it).
Un libro avvincente, curatissimo in ogni dettaglio, assolutamente imperdibile per gli amanti dell’alpinismo e in generale agli appassionati di storie umane vissute al limite. Complimenti vivissimi a Davide Marta, attuale guida di Mulatero e a tutto il suo staff!
Voto: 10/10