La classificazione dei ghiacciai alpini secondo Ardito Desio – 1

di Giovanni Baccolo
(pubblicato su storieminerali.it il 9 novembre 2020)

Ghiacciaio e ghiacciaio…
I ghiacciai non sono tutti uguali, ce ne sono di tanti e diversi tipi. Dalle calotte polari che coprono interi continenti, al minuscolo ghiacciaio incassato in un canalone. È facile immaginare che apparati così diversi rispondano a dinamiche e processi difficilmente confrontabili. Proprio per questo e facilitarne lo studio, gli studiosi hanno sviluppato dei sistemi di classificazione per distinguere i ghiacciai.

In Italia una delle più celebri classificazioni dei ghiacciai è quella che Ardito Desio inserì nell’opera I Ghiacciai del Gruppo Ortles-Cevedale (1967), un testo scientifico e divulgativo di altri tempi. Viste le oltre mille pagine e la quantità di informazioni riportate, non è esagerato scomodare il termine monumentale per descriverlo. Nei due volumi che compongono l’opera vengono descritti i 132 ghiacciai presenti all’epoca nel gruppo: ogni scheda è corredata da fotografie, carte e grafici, rendendo il lavoro un condensato di cultura glaciologica che teme pochi confronti.

I ghiacciai del Gruppo Ortles-Cevedale, una della opere più importanti di Ardito Desio (1967). A destra un particolare della grande carta allegata al testo, in alto a destra si riconosce il Ghiacciaio dei Forni con la sua evidente lingua. Esso è il principale apparato del gruppo e uno dei maggiori ghiacciai italiani.

Per contestualizzare la varietà dei ghiacciai del gruppo Ortles-Cevedale, Desio inserì nel testo un capitolo dedicato alla classificazione dei ghiacciai alpini. A distanza di oltre 50 anni dalla pubblicazione vale la pena riprendere quelle pagine. Nonostante il tempo trascorso esse mantengono intatto il loro fascino e hanno il pregio di affrontare una materia affascinante in modo rigoroso e allo stesso tempo didattico.

Tipi di glaciazione e loro classificazione
Prima di descrivere i singoli ghiacciai Desio distinse quelle che egli chiamava glaciazioni. Esse non sono da confondersi con i periodi glaciali, ma vanno intese come “l’insieme dei ghiacciai di una regione, con le loro caratteristiche comuni“. Ecco le glaciazioni individuate da Desio:

antartica: i ghiacciai coprono un intero continente protendendosi in mare ove sono troncati da un alto gradino di ghiaccio (barriera polare)

groenlandese: manto glaciale quasi continuo che riveste vastissimi territori continentali e che si scompone in una serie di lingue immergentesi in mare

alaskiana: vasta rete di colate glaciali che si congiungono nella regione pedemontana formando una specie di enorme cono di ghiaccio

himalayana: ghiacciai che occupano il fondo di interi sistemi vallivi

scandinava: ghiacciai di altipiano dai quali si dipartono potenti colate di ghiaccio che si protendono sul fondo dei fiordi raggiungendo il mare

alpina: ghiacciai che occupano gli alvei vallivi più elevati e le cavità minori o i fianchi della montagna

pirenaica: piccoli ghiacciai contenuti per lo più sul fondo di circhi o di altre cavità minori della montagna

africana: calotte di ghiaccio che incappucciano le sommità dei rilievi da cui scendono brevi colate sui fianchi

turkestana: brevi ghiacciai racchiusi entro profonde gole montane, privi di bacino di raccolta delle nevi ed alimentati essenzialmente dalle valanghe

L’Antartide e la Groenlandia; le loro calotte sono i ghiacciai più estesi del pianeta.

 

Il ghiacciaio di Malaspina (al centro in basso, Alaska meridionale) nasce dall’unione di numerose colate ed è il più grande ghiacciaio pedemontano del pianeta. Questo sistema glaciale risponde perfettamente ai canoni della glaciazione alaskiana (Sentinel-2).

 

Parte del sistema glaciale del Baltoro nel Karakorum (Pakistan). Non sono solo le vallate più alte ad essere occupate dal ghiaccio (come succede nelle Alpi), ma gli interi reticoli vallivi. Questa è la caratteristica più importante che definisce le glaciazioni di tipo himalayano (Sentinel-2).

 

Lo Jostedalsbreen, il più grande ghiacciaio della Norvegia e della penisola scandinava Esso è costituito da un vasto pianoro glaciale da cui si irradiano numerose colate, molte delle quali dirette verso i fiordi che circondano l’altipiano (Sentinel-2).

 

Kilimangiaro, Kenya e Rwenzori: sono i tre poli glaciali d’Africa. Qui sopra i ghiacciai del Rwenzori (Monti della Luna, al confine tra Rep. Dem. del Congo e Uganda), i più estesi e importanti del continente (Sentinel-2).

 

Piccoli ghiacciai in Tajikistan (massiccio del Zamin Qaror, Sentinel-2).

Le immagini satellitari (satellite Sentinel-2) mostrate qui sopra sono state scaricate attraverso il portale Sentinel Hub.

La particolarità di questa prima classificazione è che essa non si basa sulle caratteristiche dei singoli ghiacciai che sono spesso determinate da tanti fattori sia climatici che non. Ciò che distingue le glaciazioni di Desio sono invece i fattori geografici, climatici e orografici nel loro insieme. Questa classificazione ha quindi il pregio di combinare geografia e glaciologia, dando la possibilità di cogliere in modo semplice la variegata manifestazione del glacialismo sul nostro pianeta.

Che il tempo sia passato da quando questo schema è stato elaborato, lo testimonia la scelta di alcuni nomi. Difatti chi sceglierebbe il termine pirenaico per indicare una regione dove i ghiacciai occupano i circhi in quota? Sui Pirenei i ghiacciai sono infatti quasi scomparsi. Discorso simile vale per le Alpi, dove i ghiacciai che esibiscono lingue vallive, la caratteristica che Desio sottolinea per le glaciazioni di tipo alpino, sono sempre più rari. Molti di essi, a causa del ritiro, si sono trasformati in ghiacciai di circo. Il glacialismo alpino sta insomma progressivamente diventando di tipo pirenaico.

Il ghiacciaio di Taillon, nei Pirenei, ormai praticamente scomparso (1924,  CC BY-SA 4.0). La fotografia è di Ludovic Gaurier (1875-1931), un sacerdote che studiò per tutta la vita i ghiacciai, la geografia e la speleologia dei Pirenei; una sorta di abate Stoppani dei Pirenei.

 

 

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