Neve record sul Ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso)


Neve record sul Ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso)
(nella stagione 2023-24, innevamento straordinario grazie alle ingenti precipitazioni di febbraio-maggio 2024)
di Daniele Cat Berro
(pubblicato su nimbus.it 10 giugno 2024)
Operatori coinvolti nelle misure: Daniele Cat Berro (SMI), Alessio Golzio (SMI – Arpa Piemonte), Raffaella Miravalle e Vittorio Saccoletto (PNGP)
Foto di Daniele Cat Berro, Raffaella Miravalle e Alessio Golzio, salvo diversa indicazione
Grafici di Alessio Golzio
 

Sintesi dei risultati

Dopo l’eccezionale carenza di neve di inizio Anni Duemilaventi, e una prima metà dell’inverno 2023-24 parimenti scarsa, il ritorno di precipitazioni frequenti
e abbondanti ha determinato un sorprendente recupero dell’innevamento sul ghiacciaio tra febbraio e maggio 2024.
Il 5 giugno 2024 sono stati misurati spessori nevosi compresi tra 385 e 610 cm (media dei siti di misura: 498 cm). Nella serie dal 1992, solo nel 2001 lo spessore medio fu superiore (510 cm il 26 maggio); a seguire, il 2009 (466 cm).

La concomitanza con densità del manto nevoso notevolmente elevate (700 e 660 kg/m3 nei due punti di carotaggio del manto) ha dato luogo a un accumulo specifico di ben 3150 mm di acqua equivalente, massimo della serie.

Saranno la radiazione solare e le temperature dell’estate 2024 (nonché l’effetto della riduzione di albedo dovuta alle deposizioni di polvere sahariana) a determinare
quanta di questa copiosa neve stagionale eventualmente sopravviverà fino a settembre, ma in ogni caso è altamente probabile che per lo meno le perdite
di massa glaciale siano assai meno negative che negli anni recenti
.

5 giugno 2024, Colle Ciardoney 3119 m. La giornata di monitoraggio comincia con la misura dello spessore del manto nevoso accumulatosi dall’autunno 2023 alla primavera 2024 nel punto più elevato del ghiacciaio. Il valore è sorprendente anche per il gruppo di lavoro già pronto a trovare quantità di neve fuori dal comune:
ben 610 cm, massimo puntuale rilevato sul ghiacciaio in 33 anni di osservazioni, pari merito con la misura del 26 maggio 1993 presso il sito di misura n. 2,
appena più a valle del Colle.
Ore 8.00, veduta dal Colle Ciardoney in direzione Sud: favorite dall’elevata umidità relativa nei bassi strati atmosferici, nubi cumuliformi si affollano sui rilievi delle medie-basse valli Orco e di Lanzo; sopra i 2500 m il cielo è perfettamente sereno grazie al temporaneo apporto di aria più asciutta da Ovest-Nord-Ovest e al rinforzo di un promontorio che garantisce una relativa stabilità e inibisce lo sviluppo di rovesci in un periodo frequentemente perturbato e temporalesco.
Lo spettacolare innevamento presente a metà marzo 2024 a Ceresole Reale (Valle Orco, Gran Paradiso): 160 cm di neve al suolo alla diga IREN sia il 4 sia il 10 marzo, valore che non era più stato misurato dal febbraio 2014. Foto: Pierluigi Cullino.
Andamenti giornalieri dell’altezza della neve al suolo all’asta nivometrica presso la stazione meteorologica al Ghiacciaio Ciardoney (teleosservazioni da webcam) nelle stagioni dalla 2012-13 in poi: la linea spessa color prugna del 2023-24 nella prima parte della stagione di accumulo si è collocata in prossimità o sotto i minimi osservati nel precedente periodo undecennale (la serie di osservazione è breve, ma si può comunque definire tale situazione come molto rara, sulla base di altre serie di misura alpine più longeve). Dopodiché da febbraio 2024 l’incalzante susseguirsi di copiose nevicate ha determinato un sorprendente incremento di spessore del manto nevoso fino ai 375 cm del 2 maggio, massimo della serie. Passato il culmine della stagione di accumulo, l’assenza di rilevanti ondate di calore si traduce per ora in una perdita relativamente lenta di spessore della neve, che si mantiene intorno ai massimi del periodo osservato, situazione simile al caso del 2013.
Curiosamente, in meno di tre mesi si è passati da un estremo (minimo) a quello opposto (massimo) di spessore nevoso nella serie dal 2012.
Confronto tra le altezze della neve al suolo teleosservate da webcam (asta nivometrica) e quelle rilevate automaticamente dal nivometro a ultrasuoni Campbell operativo dal 2023. L’accordo tra le due serie è ottimo (r2 = 0,996) e la tendenza del sensore automatico a rilevare valori inferiori rispetto all’asta (media settembre 2023-maggio 2024: -13%) va interpretata non tanto come una vera e propria sottostima, ma in prevalenza come l’effetto della morfologia locale del substrato sull’accumulo nevoso.
5 giugno 2024, Colle Ciardoney 3119 m: il rilievo con sonda da valanga evidenzia un notevolissimo spessore nevoso di 610 cm, in parte – come di consueto in prossimità della sella – dovuto all’azione di accumulo dovuta al vento. Molto localmente si è misurato perfino un valore di 690 cm, ritenuto tuttavia poco rappresentativo.
Nell’immagine, la lunghezza dell’asta utilizzata per le misure (7,5 metri), ottenuta avvitando gli elementi di più sonde, dà un’idea dell’imponenza della coltre nevosa.
Misure di spessore nevoso al Colle Ciardoney, punto più elevato del ghiacciaio e spartiacque Soana-Orco. Sullo sfondo, al centro, la piramide della Rosa dei Banchi 3164 m, sovrastante Campiglia Soana e Piamprato.
Serie degli spessori medi del manto nevoso rilevati sul ghiacciaio durante il sopralluogo di fine primavera (medie dei siti di misura, variabili in numero tra 5 e 7 negli anni). Attenzione: la data è mobile, poiché – a causa di fattori meteorologici e logistici – non è possibile organizzare la missione sempre nello stesso giorno dell’anno. La data mediana di rilevamento è l’8 giugno, e nel 54% dei casi ricade nella prima decade del mese. Gli estremi del periodo di calendario sono il 26 maggio (1993, sopralluogo più precoce) e il 23 giugno (2008, sopralluogo più tardivo).
Per quanto affetta da questa disomogeneità, la serie dà comunque un’idea della situazione nivometrica al termine della stagione di accumulo. Gli anni con gli spessori medi rispettivamente più elevato e più scarso, peraltro in date molto vicine, sono il 2001 (510 cm) e il 2022 (104 cm). Il 2024 è secondo tra quelli con gli spessori maggiori (498 cm), ma in data un po’ più tardiva rispetto al 2001, per cui le due annate si possono considerare grosso modo equivalenti.
 
Scavo della “trincea” per la misura di densità del manto nevoso al Colle Ciardoney. Volendo campionare tutto lo spessore della neve (610 cm) fino a incontrare il livello di ghiaccio rimasto scoperto a settembre 2023, ed essendo il carotiere Valtecne lungo tre metri, occorre scavare fino a 310 cm dalla superficie.

Serie degli accumuli invernali specifici sul ghiacciaio Ciardoney, espressi in mm di lama d’acqua equivalente, nelle stagioni idrologiche dal 1991-92:
il valore di 3150 mm del 2023-24 è più che doppio rispetto alla media del periodo 2012-2023. L’utilizzo nel tempo di tubi carotieri con caratteristiche diverse potrebbe aver introdotto disomogeneità nella serie degli accumuli invernali, con possibili sottostime in alcune annate antecedenti il 2012 (anno di adozione dell’ottimo carotiere “Valtecne“). Eventuali disomogeneità nella valutazione degli accumuli invernali in ogni caso non inficiano peraltro la stima del bilancio complessivo, che dipende dalla misura della sporgenza dal ghiaccio delle paline ablatometriche a metà settembre.
Il dato di accumulo ottenuto è pari a 2,6 volte le precipitazioni raccolte tra il 1° ottobre 2023 e il 31 maggio 2024 dai pluviometri IREN Energia e ARPA Piemonte nei fondovalle limitrofi (Rosone, Sparone, Piamprato): è normale che in alta quota gli apporti siano superiori che a fondovalle (media stagioni da 2011-12 a 2022-23: accumulo 1,7 volte superiore sul Ciardoney), ma stavolta il divario è stato di gran lunga accentuato probabilmente dalle marcate situazioni di sbarramento da Sud con notevole incentivazione delle precipitazioni con la quota. Il precedente massimo era stato di 2,4 volte nel 2013-14, altra stagione di ricorrenti precipitazioni sciroccali.
Alessio Golzio (socio SMI e meteorologo Arpa Piemonte), Raffaella Miravalle e Vittorio Saccoletto (guardaparco PNGP e rilevatori AINEVA) provvedono al faticoso scavo della trincea nivometrica al Colle Ciardoney.

Inserimento del tubo carotiere Valtecne nel manto nevoso.
Estrazione dei campioni di neve per la pesatura.
Alessio Golzio (SMI, Arpa Piemonte) pesa un campione di neve con il dinamometro.
Raffaella Miravalle (guardaparco PNGP e rilevatrice AINEVA) durante le operazioni di carotaggio del manto nevoso.
Altre immagini delle lunghe operazioni di scavo della trincea e carotaggio del manto nevoso.
Lungo il profilo del manto nevoso sono stati riscontrati tre principali livelli con deposizione di polvere sahariana, il più evidente e spesso dei quali, tra 232 e 244 cm di profondità rispetto alla superficie, riconducibile all’episodio del 30 marzo 2024 (sabato di Pasqua). Per ora questi strati colorati di giallo-ocra sul ghiacciaio sono ancora coperti da circa un metro di neve bianca e “pulita” caduta in seguito, ma quando – più avanti nell’estate – affioreranno, abbasseranno l’albedo della superficie nevosa facendola diventare meno riflettente e accelerando la fusione della neve.
A onor del vero, dopo la missione del 5 giugno, la caduta di pioggia carica di polvere sahariana ha un po’ “sporcato” la superficie della neve nel pomeriggio-sera del giorno 8, ma non ai livelli degli episodi nevosi primaverili.
Nel corso della mattinata del 5 giugno 2024 i cumuli risalgono dalla Val Soana, ma il rinforzo dell’anticiclone e una lieve ventilazione di aria più asciutta da Ovest-Nord-Ovest in quota ne limita lo sviluppo, relegandoli alle porzioni medio-basse dei valloni limitrofi, così il ghiacciaio rimane sempre al sereno.
Ore 11.30, terminati i lavori al Colle Ciardoney, la squadra si avvia lungo il ghiacciaio per compiere un successivo rilievo di densità e l’ordinario controllo della stazione meteorologica.
Anche nell’inverno 2023-24 la stazione automatica Campbell ha funzionato perfettamente, e nessuna registrazione dei dati (intervallo 10 minuti) è andata perduta. Il download locale delle immagini della webcam e dei dati meteo ha permesso di ovviare alla mancata trasmissione a valle avvenuta per temporanei problemi di rete tra il 3 e il 14 maggio.
Ghiacciaio Ciardoney, andamento della radiazione solare globale e della temperatura alla stazione meteorologica (2850 m) dal 1° settembre 2023 al 5 giugno 2024. Dopo la chiusura del bilancio di massa 2023 il 14 settembre, uno straordinario caldo fuori stagione è proseguito fino a inizio ottobre (Tmax 15,8 °C il 1° ottobre 2023). L’inverno è trascorso senza importanti ondate di freddo, e non è stata oltrepassata la soglia dei -20 °C (Tmin stagionale di -18,9 °C il 20 gennaio 2024). Più appariscente, in proporzione, la fase fredda della seconda metà di aprile 2024 (-15,6 °C il 25 aprile).
Velocità medie e massime del vento (in alto nella figura) e direzioni di provenienza (in basso) dal 1° settembre 2023 al 5 giugno 2024 (registrazioni ogni 10 minuti).
Si noti l’elevata frequenza di tempeste di vento da Ovest tra novembre e dicembre 2023, culminate nel notevolissimo episodio del 22 dicembre (raffica di 195 km/h, a cui il traliccio della stazione meteorologica e i sensori hanno egregiamente resistito).
L’anemometro “a ventola” Young ha mostrato ottime performance, bloccandosi a causa della formazione di croste di ghiaccio solo nel 2% del tempo durante l’inverno, un valore molto basso in relazione alle severe condizioni dell’alta quota.
La rosa dei venti elaborata sullo stesso intervallo 1° settembre 2023 – 5 giugno 2024 mostra la consueta canalizzazione Ovest-Est delle correnti lungo l’asse dell’alto Vallone di Ciardoney. Le direzioni di provenienza tra W-SW, W e W-NW (venti da Ponente a grande scala, o brezze locali in discesa dal vicino ghiacciaio) caratterizzano circa un terzo delle osservazioni.
5 giugno 2024: l’asta nivometrica indica 290 cm di neve al suolo.
Considerando la data del 1° giugno, inizio convenzionale dell’estate meteorologica, i 295 cm di neve al suolo presenti nel 2024 si pongono ai massimi della breve serie di tele-osservazione da webcam, insieme al caso del 2013. La variabilità interannuale è molto elevata: due anni fa, a seguito di una misera stagione di accumulo e di un maggio dai caratteri già estivi, la neve eccezionalmente era ormai scomparsa, e iniziavano le fioriture delle piante pioniere a breve distanza dalla fronte glaciale.
5 giugno 2024: il vallone di Ciardoney a valle della stazione meteorologica. Al centro il dosso su cui si trova il Bivacco Revelli (2604 m), in basso a destra il rock-glacier di Geri, i cui cordoni rocciosi sono ancora completamente sepolti dalla neve. Sullo sfondo i piani della Valletta e delle Mule (2400 m circa), dove ormai affiorano in superficie i livelli di polvere sahariana delle nevicate primaverili. La copertura nevosa, per la stagione, è più estesa di quanto usuale negli ultimi decenni, e si spinge fino a 2200-2300 m sui versanti esposti a oriente.

Il notevole innevamento attuale è il risultato non di un periodo più freddo del solito (salvo una temporanea anomalia fresca tra metà aprile e fine maggio 2024, localizzata in Europa centro-occidentale ove insiste tuttora una situazione di blocco atmosferico con ricorrenti depressioni), ma di precipitazioni primaverili particolarmente frequenti e abbondanti, talora ai massimi storici per quantità al Nord Italia e molto sopra media anche sul versante piemontese del Gran Paradiso.

Precipitazioni giornaliere (istogrammi blu) e cumulate (linea verde scuro) nel 2024 in Piemonte (media regionalizzata), confrontate con la cumulata normale 1991-2020 (linea verde più chiara). Sulla regione in poco più di cinque mesi è caduto il doppio della precipitazione normalmente attesa (+94%), pari a quanto si dovrebbe rilevare da gennaio a ottobre (fonte: Arpa Piemonte).
Temperature medie giornaliere nel 2024 in Piemonte (media regionalizzata, pianura e montagna), confrontate con la norma 1991-2020. In rosso i periodi più caldi del normale, in blu quelli più freddi. Fino a metà aprile hanno prevalso le anomalie termiche positive, e solo nella seconda metà della primavera si sono susseguite fasi più fresche del solito, specie nella terza decade di aprile. Queste stanno certamente facilitando un avvio relativamente lento della fusione nivale sul ghiacciaio, ma non hanno avuto un ruolo determinante nella formazione del cospicuo manto nevoso della primavera 2024, poiché gran parte delle copiose nevicate, associate a flussi miti marittimi, sono avvenute già tra fine febbraio e marzo con temperature vicine alla norma o perfino superiori (fonte: Arpa Piemonte).
Anomalie termiche del periodo gennaio-maggio 2024 in Europa al livello isobarico di 700 hPa, corrispondente a circa 3000 m, quota a cui si trova il Ghiacciaio Ciardoney. Le temperature sono ovunque sopra media, soprattutto tra Africa NW e Spagna e sul Centro-Est europeo. Sulle Alpi occidentali le anomalie sono comprese tra +1,2 °C e +1,5 °C, secondo le reanalisi NCEP/NCAR. Più blanda l’anomalia calda tra isole britanniche e Francia, dove maggiormente ha pesato il periodo più fresco della tarda primavera (fonte: PSL-NOAA).
Restringendo l’analisi alla seconda metà della primavera (15 aprile-31 maggio 2024) emerge in effetti l’anomalia fredda centrata tra Francia e Alpi occidentali, a causa di una situazione di blocco che propone il continuo rinnovarsi di depressioni e “gocce fredde” in quota. Questa è stata sicuramente favorevole a una maggiore conservazione della neve caduta in gran copia in alta montagna, ma non così determinante nella formazione dello stesso manto nevoso, già assai consistente in marzo con temperature complessivamente superiori al normale, in una stagione in cui la caduta di neve a 3000 m è comunque pressoché garantita anche in assenza di anomalie fredde (fonte: PSL-NOAA).


Nonostante particolari episodi secchi come quelli del 2021-2023, le analisi climatiche di lungo periodo indicano che mediamente gli inverni alpini, come peraltro atteso anche in futuro, stanno diventando più ricchi di precipitazioni, le quali – quando e dove le temperature lo permettano ancora – possono tradursi in copiose nevicate (vedi Frei et al., 2018, per gli scenari futuri che confermano la tendenza degli inverni alpini a divenire più umidi, potenzialmente con nevicate più abbondanti, ma solo ad alta quota; in netta diminuzione a valle). La maggiore disponibilità di vapore acqueo nell’aria a causa dell’atmosfera e degli oceani più caldi, nonché variazioni nella circolazione atmosferica, possono concorrere a precipitazioni più estreme.
L’aumento delle precipitazioni medie invernali al Nord Italia atteso nei prossimi decenni è ben delineato anche negli scenari climatici proposti dal CMCC, Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (carte qui sotto).

Mappe di variazione delle precipitazioni medie stagionali in Italia, ottenute dal modello di ensemble EURO-CORDEX secondo gli scenari RCP4.5 e RCP8.5 per il periodo 2021-50 rispetto al trentennio di riferimento 1981-2010. Nei prossimi decenni, in entrambi gli scenari, sono previsti aumenti degli apporti medi in inverno al Nord e in autunno sul versante adriatico; diminuzioni al Sud eccetto in autunno, estese a tutta la penisola in estate, marginali al Nord.


Proprio per questo (e non certo per condizioni più fredde) dalle analisi di Matiu et al. (2021) si nota come, pur in un quadro di netta riduzione degli spessori medi del manto nevoso sulle Alpi nel periodo 1971-2019, alcune località sopra i 2000 m mostrano tendenze all’aumento dell’altezza media della neve al suolo nei mesi centrali dell’inverno.
Tuttavia le stagioni primaverili ed estive sempre più calde determinano, ovunque e a tutte le quote, una più rapida scomparsa del manto nevoso, che nell’ultimo ventennio ha toccato un minimo di durata in almeno sei secoli sulle Alpi, secondo uno studio di Carrer et al. (2023) basato sulla dendrocronologia dei ginepri.

In poche parole: i ghiacciai si ritirano non per minori nevicate in alta montagna, ma per l’accelerata fusione ed esaurimento della neve che espone le superfici glaciali alla radiazione solare e alle ondate di calore per periodi più lunghi durante l’estate.
 

Scenari per l’estate 2024: pressoché certe perdite di massa inferiori agli anni recenti, meno probabile un bilancio positivo 

Senza lanciarci in azzardate previsioni, data la generosa situazione nivometrica attuale – e considerato che all’orizzonte, almeno fino al 20 giugno, non sono in vista significative ondate di caldo – è ragionevole immaginare che il Ghiacciaio Ciardoney così come molti altri delle Alpi occidentali rimarrà coperto di neve ancora a lungo, fino alle settimane centrali dell’estate 2024.
Nel loro aggiornamento di giugno, gli scenari stagionali di temperatura del trimestre luglio-settembre 2024 (previsione multi-modello C3S – Copernicus Climate Change Service) indicano il ritorno di temperature sopra media al livello di 850 hPa (circa 1500 m), con elevata probabilità (>70%) che le medie trimestrali ricadano nel terzile superiore della distribuzione statistica, dunque un’estate-inizio autunno decisamente caldi.

Se così fosse, peraltro con la concomitanza di una riduzione dell’albedo dovuta alla presenza di polveri sahariane sulla neve, il manto nevoso attualmente presente potrebbe esaurirsi piuttosto rapidamente nella seconda metà dell’estate almeno su parte del ghiacciaio, ma in ogni caso – salvo situazioni eccezionali a oggi non prevedibili – le eventuali perdite di massa glaciale saranno inferiori a quelle (drammatiche) di molti anni recenti.
Meno probabile invece il verificarsi di un bilancio di massa positivo, come avvenuto – in 32 anni di misure – solo nell’anno idrologico 2000-01.
Staremo a vedere, e ne riparleremo a settembre.
 

Secondo l’emissione di giugno delle previsioni stagionali multi-modello C3S, le probabilità che le temperature medie del trimestre luglio-settembre 2024 ricadano nel terzile superiore della distribuzione statistica, delineando un’estate molto calda, sono superiori al 70% in Europa meridionale.

Il gruppo di lavoro impegnato nelle misure del 5 giugno 2024 al Ghiacciaio Ciardoney: da sinistra, Vittorio Saccoletto e Raffaella Miravalle (guardaparco PNGP e rilevatori AINEVA), Alessio Golzio (socio SMI e meteorologo Arpa Piemonte) e Daniele Cat Berro
(SMI/Redazione Nimbus e Comitato Glaciologico Italiano).

Grazie a…
IREN Energia per il consueto e fondamentale supporto logistico alla missione, all’Ente Parco nazionale Gran Paradiso per la collaborazione tramite il proprio corpo di sorveglianza; al prof. Michele Freppaz (docente di pedologia e nivologia all’Università di Torino), nonché a Riccardo Scotti e Davide Colombarolli (Servizio Glaciologico Lombardo) per la condivisione di informazioni, dati e riflessioni sulle densità del manto nevoso.
 
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7 Comments

  1. says: Fabio Bertoncelli

    Innevamento da primato sul Ghiacciaio di Ciardoney?
    Mi sovviene un paffutello profeta di sventure che gira col farfallino al collo e che ha previsto tra pochi anni 50 °C (dicesi cinquanta) nella Pianura Padana: si starà rodendo il fegato.

    Beninteso, il riscaldamento globale esiste. Ma farne del terrorismo è scellerato.

  2. says: Fabio Bertoncelli

    Sí, Luciano, ti ringrazio del consiglio. Però il testo lo avevo letto: cosí mi hanno insegnato alle scuole elementari.

    … … …
    Invece di fare polemiche inconsistenti, dovresti porti un paio di domande:

    1) È vero o non è vero che Mercalli ha previsto, nell’arco di pochi anni, temperature di 50 °C nella Pianura Padana?

    2) È vero o non è vero che, sul riscaldamento globale, si fa anche terrorismo mediatico?
    Vedi, per esempio, le dichiarazioni da barzelletta di quel buontempone del Segretario Generale dell’ONU.
    Secondo costui, non si tratta piú di riscaldamento globale, ma siamo addirittura entrati nell’ERA DELL’EBOLLIZIONE GLOBALE (sic).
    Sono dichiarazioni degne di Ridolini, se non si trattasse appunto di terrorismo mediatico.

    Ed è questo il punto sul quale ho voluto impostare il mio intervento, il che però tu non hai afferrato.

  3. says: Luciano Regattin

    1. Non è vero. Parlava della Sicilia dove sono già stati toccati i 48 gradi. Ma se tu hai notizie diverse dalle mie e mi metti un link, non avrò problemi a darti ragione. Detto ciò non vedo dove sia il clamore, quando i 50° sono già stati superati in varie ampie zone di diversi Stati.
    2. Una frase detta da un individuo non è terrorismo mediatico, il resto lo vedi con i tuoi occhi. O i disastri che stanno accadendo sono terrorismo?

    Risposto alle tue domande, te ne faccio una io: ma hai capito che una primavera nevosa sulle Alpi (dopo che in aprile avevamo avuto 29° ma pochi se ne ricordano) non cambia di una virgola il clima del mondo? Parrebbe di no, considerato il confronto neve/Mercalli che hai voluto evidenziare.

  4. says: Fabio Bertoncelli

    Luciano, io frequento le Alpi dal 1970. Ero un bimbo. Ho visto il Ghiacciaio dei Forni per la prima volta nel 1977, quando era in fase di avanzata, con la fronte turgida: scenario stupendo! Quella volta feci la traversata delle Tredici Cime.

    Da giovane ho salito tantissime pareti nord e canaloni di ghiaccio, dalle Alpi Marittime alle Alpi Bernesi, dal Bernina alle Dolomiti (per esempio, la parete N della Marmolada in invernale, quando ancora esisteva).

    Conosco quel che ne è rimasto. Mi figuro ciò che ne sarà.

    Pertanto ti rassicuro: so perfettamente che una primavera nevosa non cambia di una virgola il clima. Non l’ho mai scritto, né pensato.
    Sei tu che sospetti che io la pensi cosí. E perché lo sospetti? Mah!

    L’unica cosa che emerge da quanto ho scritto è la seguente: detesto chi approfitta della sua posizione (per es. Guterres e numerosi altri) per fare terrorismo mediatico, specialmente su un tema tanto importante.

  5. says: Carlo Crovella

    Mercalli prevede ipotesi di condizioni di “invivibilità” (inetsta come di piacevole esistere) in Pianura Padana e in particolare di temperature intorno ai 45-50 gradi (per lunghi periodi), ma non nell’immediato, bensì nel medio termine (non ricordo più se a cavallo del 2040 o 2050).

    In ogni caso gli effetti deleteri del cosiddetta riscaldamento globale NON si limitano al riscaldamento in senso stretto, cioè alla registrazione di elevate temperature e basta, ma allo sconvolgimento del quadro meteo e climatologico. In altri termini: alternanza imprevedibile di fenomeni intensi e contrapposti. Da questo punto di vista le cospicue precepitazioni della primavera 2024 non sono altro che la contrapposizione a precedenti-prossimi periodi di corposa siccità: entrambe “fanno” male a tutti, Sapiens compresi, ma più in generale l’intera Natura, che ha invece bisogno dell’alternanza naturale dei fenomeni (inverni con precipitazioni – dimensionati nelle medie storiche – ed estati calde, ma con calura nei limiti storici).

    Quest’anno i ghiacciai possono tirare un sospiro di sollievo: interrompono – probabilmente in modo inusuale – il recente trend di direzione della massa glaciale. Ma in pianura le abbondanti precipitazioni della primavera 2024 sono state dannose quanto la siccità della primavera 2023. un esempio? Nella zona del vercellese, ricca di risaie, la prima semina della primavera 2023 è andata completamente distrutta per troppo caldo e troppa poco acqua. Ebbene nella primavera 2024 la prima semina è andata completamente distrutta per TROPPA acqua e poco sole. Ergo: condizioni diametralmente opposte, ma risultato identico.

    I danni del riscaldamento globale NON si manifestano solo in termini di aumento delle temperatura, ma soprattutto in termini di alternanza di condizione contrapposte ed entrambe “estreme” nell’intensità. avremo sempre più “sbalzi” da un capo all’altro dell’orizzonte statistico ed è ciò che “fa male” all’ambiente e, in ultimo, anche ai Sapiens. A titolo di esempio, fra i fenomeni estremi si annovereranno sempre più frequenti inondazioni – figlie di improvvise precipitazioni molto concentrate – con tutto quello che esse comportano in termini di danni alla popolazione e all’agricoltura. Lo stesso dicasi per incontenibili incendi, siccità e moria di fauna sia selvatica che allevata, diffusione di epidemie varie…

  6. says: Carlo Crovella

    Leggere: Mercalli prevede ipotesi di condizioni di “invivibilità” (intesa come di NON piacevole esistenza) in Pianura Padana…

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