Soldini: “Mi sta a cuore il mondo”

Il navigatore: “Non voglio etichette, colori. Io non sono niente, sono solo una persona sensibile ai problemi dei mari e dunque della terra”. I cambiamenti climatici: “La soluzione ci può venire dalla scienza, ma bisogna finanziarla”.

Soldini: “Mi sta a cuore il mondo
(ma non chiamatemi ambientalista)
di Fabio Pozzo
(pubblicato su lastampa.it/mare il 2 giugno 2023

Ci sono 3-4 punti nel Mediterraneo per misurare la Co2 e 350 nel mondo. Pochissimi, finanziati spesso da ricercatori che si dannano l’anima per cercare fondi, che poi immancabilmente scadono. Incredibile. Siamo di fronte a una sfida epocale e gli Stati non hanno ancora capito che non può essere più così. La scienza deve essere finanziata in modo costante e organizzato per studiare i meccanismi dei cambiamenti climatici”.

Giovanni Soldini

Giovanni Soldini ne è convinto. Ci guarda negli occhi e ci parla con un tono accorato, che ogni tanto interrompe con una battuta ironica seguita dalla sua inconfondibile risata. E’ il suo modo di raccontare ed è convincente. Lui ha visto, vede che cosa accade sugli Oceani. Il suo raccontare è in prima persona, senza filtri.

Lo incontriamo dopo la presentazione del suo nuovo viaggio, 44 mila miglia dall’Italia al Pacifico, già cominciato con il suo trimarano Maserati Multi70 (ora è agli ormeggi in Messico)). Lo ha chiamato “Around the blue”, diventerà una piattaforma online multimediale (già attiva) e un docufilm. “Ci siamo detti – spiega – che sarebbe stato bello mentre andiamo in giro per il mondo per regate e record incontrare gli scienziati e i ricercatori che si occupano nei vari luoghi di quello che succede nei mari”. Da qui, l’idea del viaggio. “Inizialmente volevamo fare il Passaggio di Nord Est, dove pochi avevano monitorato quelle acque e che con lo scioglimento dei ghiacci è diventato più facile da navigare. Ma poi Putin ha fatto il macello dell’invasione dell’Ucraina e abbiamo dovuto modificare la rotta”.

Soldini, quando si è reso conto per la prima volta che c’era qualcosa che non funzionava sui mari?
“Molto tempo fa. Quando stai in mare per tanto tempo, soprattutto se lo fai da solo, non dico che vai fuori di testa, ma quasi. Dopo 30 giorni di navigazione in solitaria vedi un albatro, inizi a parlarci… Questo per dire che entri a far parte profondamente della natura. Tanto che quando torni in contatto con l’attività umana è uno choc, sei molto più sensibile. Nel mio caso, ricordo che durante il mio primo giro del mondo in solitaria (1994/95) mi era capitato di trovarmi al largo della Nuova Zelanda vicino a una flotta di pescherecci d’altura che pescavano calamari: c’era la nave madre gigante e trecento barche più piccole, l’elicottero… Mi ero spaventato. Avevo pensato: se quelli sono qui nei mari del Sud a fare queste cose, allora siamo rovinati. Se l’uomo arriva anche nei mari più selvaggi a fare man bassa senza un progetto, un disegno, un minimo di gestione delle risorse, figurarsi altrove”.

La consapevolezza raggiunta come velista. Lei però è anche imprenditore, socio di una azienda che produce pannelli solari. Stessa consapevolezza?
“Solbian è nata da una idea mia e del fisico Marco Bianucci. Poi sono arrivati altri soci, che ci hanno investito denari ed energie. Oggi è un’azienda importante, che dà lavoro a 40 persone, che vende in 50 Paesi e che fattura cifre che non avrei mai immaginato. Produce pannelli solari ed è già questa la risposta alla domanda. Non fabbrichiamo armi. Ma ancora prima di Solbian, io ero convinto dell’importanza delle fonti energetiche alternative. Già 25 anni fa avevo investito in una start up che cercava di costruire campi eolici in Italia. C’era un gruppo di sognatori che aveva messo soldi per finanziare la ricerca e costruzioni di macchine con cui registrare i dati del vento per un anno, informazioni propedeutiche alla realizzazione dei campi eolici stessi. E pensare che oggi c’è ancora tanta gente che non li vuole…”

Non per provocare, ma tra questi ultimi ci sono anche tanti ambientalisti.
“Sì, infatti. E’ per questo che quando mi chiamano ambientalista mi dà anche un po’ fastidio. Io non voglio etichette, colori. Io non sono niente, sono solo una persona sensibile ai problemi del mondo e che pensa che per risolverli per prima cosa sia necessario utilizzare al massimo le energie rinnovabili, che sono quelle che abbiamo sempre usato finché siamo rimasti in equilibrio con la natura e non abbiamo cominciato a bruciare altro. E da qui in poi che abbiamo inizia a fare i veri danni…”.

Maserati Multi70 in navigazione

Parliamo di salvaguardia degli Oceani. Anche il Mediterraneo, a dire il vero, non è messo bene.
“Non lo è. La situazione è critica, lo abbiamo visto misurando la concentrazione di Co2. Perchè è un mare chiuso, poco profondo e dalle coste molto abitate”.

Non è che possiamo cancellare gli abitanti…
“No, ma visto che le popolazioni mediterranee sono anche tra quelle più evolute al mondo, ci si aspetterebbe anche una attenzione, una capacità più adeguata al problema. Fai depuratori più efficienti, smetti di bruciare gasolio benzina e gas, costruisci impianti eolici e fotovoltaici, realizza una rete di trasmissione dell’energia migliore… A livello di trasporto dell’energia ad esempio c’è davvero molto ancora da fare: la rete elettrica che abbiamo è come quella dell’800. Forse è il caso di metterci la testa e trovare di meglio. Le tecnologie ci sono già. Mia figlia studia i superconduttori, sono materiali che per ora devi tenere a meno 30-40 gradi, ma che non registrano alcuna perdita di energia”.

Ci sono costi da affrontare.
“Sì, ma se non fai niente poi ti arriva il conto al cubo. Più aspetti e il conto alla fine aumenta”.

Si parla molto anche di decrescita, sempre in tema di salvaguardia ambientale. Lei invece guarda alla scienza e alla tecnologia.
“Non sono talebano, al contrario. Sono convinto che sia importante che ciascuno faccia i passi nella giusta direzione. Prendiamo Maserati che fa l’auto full electric. E’ una cosa positiva. Parliamo di un marchio automobilistico che aveva nel suo Dna il motore 12 cilindri. Ebbene, ora smettono di farlo. Vuol dire che c’è qualcuno che dice: no, ragazzi, dobbiamo cambiare, anche se il nostro Dna era quello. E’ una fatica improba, ma lo stanno facendo. E così molte altre aziende. E’ un passo avanti, non è greenwashing, solo ecologismo di facciata. E’ qualcuno che decide di cambiare strada. E la fa cambiare ad altri. E’ anche quello che proponi, infatti, che crea la nuova domanda. C’è gente che di Maserati ne ha 4 e ogni volta che esce un modello nuovo lo compra. E se quello nuovo sarà full electric lo acquisterà”.

Giovanni Soldini con lo scienziato Antonello Provenzale

Insomma, lei non dice non facciamo più auto, ma dice facciamole in modo diverso.
“Sicuramente. E vale per tutti i prodotti. Anche i motoscafi, ad esempio…

I motoscafi?
“Cominciamo a smettere di fare motoscafi plananti che consumano 10 mila litri l’ora di gasolio, cosa che non sta né in cielo né in terra. E puntiamo ad alimentazioni differenti. Devono capirlo le aziende, ma anche i governi, perché non è possibile che a questi motoscafi tu Stato venda il gasolio agevolato e non fai pagare le accise. Mi girano abbastanza le scatole, quando ci penso. Tu sei ricco, allora hai diritto di inquinare molto più di altri e in più paghi anche il gasolio a metà prezzo. E no, dai. E’ il mondo che gira all’incontrario”

Lei ha cominciato a fare il passo in avanti sul suo trimarano, che essendo una barca a vela è già di per sé più rispettoso dell’ambiente. Ha montato pannelli solari e più di recente un motore elettrico.
“Si può cambiare modalità di viaggio. Abbiamo tolto il motore tradizionale, lo scorso settembre siamo tornati in acqua con uno elettrico. Lo confesso, anche con molte preoccupazioni, perché se con una alimentazione simile arrivi in porto e non hai la batteria carica è un macello. Ci siamo adeguati, abbiamo studiato, imparato. Io per altro ero già uno molto attento ai consumi energetici di bordo, ma il motore elettrico è salire un gradino in più. Devi cambiare cultura. Tanto che adesso i ragazzi del mio equipaggio mi danno dello psicopatico dei watt. La verità è che incominci ad analizzare quanto consumi al dettaglio, hai un diverso approccio ai problemi, acquisisci una sensibilità maggiore. Cambi priorità. E questo è quello che bisognerebbe fare tutti”.

Parliamo anche del suo nuovo viaggio, Around the blue. E’ cominciato quando ha montato la centralina per il monitoraggio dell’acqua, per le rilevazioni durante la navigazione di Maserati Multi70.
“Sono entrato in un nuovo mondo. Ho conosciuto scienziati, tecnici, ricercatori che mi hanno reso partecipe di nuove conoscenze, informazioni. E mi sono anche accorto che questi studiosi sono mosche bianche, che lavorano con profondità, preparazione, passione e che sono costretti a fare i salti mortali per farsi finanziare le loro ricerche. E questo è incomprensibile. Intollerabile. Possibile che i governi non abbiano ancora capito che c’è bisogno di un finanziamento per la ricerca consistente, ma anche più stabile, organizzato? Per lottare contro i cambiamenti climatici abbiamo bisogno della scienza, che va sostenuta. Ci serve un salto tecnologico, per salvarci da quanto abbiamo combinato negli ultimi 150 anni”.

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1 Comments

  1. says: Carlo Crovella

    Sul piano ideologico, mare e montagna arrivano a toccarsi, fino a fondersi. E’ la quadratura del cerchio. Queste posizioni le potrebbe benissimo esporre un alpinista e non ci accorgeremmo della differenza.

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