Tiziano Nannuzzi, il Pompiere

Un ricordo
di Stefano Righetti

Nella foto qualcuno, forse, riconoscerà Tiziano Nannuzzi, in arte “il pompiere”. Io ero giovanissimo quando conobbi Tiziano, ero ancora minorenne.

Ero presente, quando aprì Vedo nero dal basso con solo un paio di chiodi e due nut… Oggi il tiro è valutato 7a+…

Un giorno mi disse: “Dai, Stefano, raggiungimi a Courmayeur che ho una bella idea…”. Dopo un lungo viaggio tra treni e corriere lo raggiunsi nel centro del paese al cospetto del Monte Bianco.

“Andiamo a fare l’Americana al Fou…”. Tiziano era appena sceso dal Pilone Centrale del Frêney, salito in solitaria in quattro ore… peccato che la meteo fosse pessima e dovemmo cambiare i progetti.

La 127 a gas di Tiziano ci portò a Canazei. Il giorno successivo di buon mattino salimmo una via nuova sulla Ovest del Sass Pordoi, uscimmo dalla cengia e giù di corsa… per fare la prima ripetizione di Fata Morgana alla Seconda Torre di Sella. Tiziano dall’ultima sosta, invece di scendere, traversò verso destra e iniziò a scendere arrampicando dalla Messner.

Tiziano ci lasciò troppo presto nel lontanissimo Bhutan, tradito da una cornice… ma i suoi capolavori rimangono ancora banchi di prova per decine di arrampicatori, anche se pochi lo sanno.

Tiziano Nannuzzi-Vigile del Fuoco a Bologna
di Stefano Cucciolo Sghinolfi
(pubblicato su anavva.it circa nel 2002)

Nato a Sasso Marconi (Bologna) il 10 settembre 1953, entra nei Vigili del Fuoco nel 1976 come Vigile permanente: per esercitare al meglio il suo lavoro. Resta in costante allenamento praticando diversi sport ma, soprattutto, si appassiona all’alpinismo estremo.
Inizia le arrampicate nella palestra della Rocca di Badolo, dove apre molte vie di salita in prima assoluta, e poi conquista numerose pareti d’Europa sotto lo sguardo stupito di grandi scalatori che lo vedevano arrivare con la sua automobile targata Bologna, città non certo famosa per le sue montagne. Ama l’estremo, ma con il rischio calcolato imparato alla scuola generosa dei vigili del fuoco. Le sue mani sono piccole e sottili, forti tenaglie, con pochi millimetri di sporgenza le sue dita sono in grado di sostenere tutto il corpo e dondolare sulla parete fantastica del Verdon.

Nelle rovine e nella disperazione dei terremoti che hanno percorso l’Italia negli anni ‘70 e ‘80, il Pompiere è costantemente in prima linea col suo “gruppo speleologico”, istituzionalizzato nel Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.

Tzering Khang
Salendo allo Tzering Khan
Campo allo Tzering Khang
Salendo allo Tzering Khan

Grande appassionato di fotografia, Tiziano ama documentare i suoi viaggi sperimentando diverse tecniche fotografiche. Ma è sulla montagna che realizza le sue immagini più belle e suggestive, oggetto anche di un’ampia mostra curata nel 1994 da Mario Rebeschini.

A Tiziano piace trasmettere le sue esperienze; consapevole della grande importanza che conoscere il mondo può avere per i giovani (e consapevole, forse, della grande “fortuna” per un ragazzo di famiglia modesta, originaria di una piccola frazione di Sasso, Mongardino, di essere riuscito a realizzarsi sia nel lavoro che nel tempo libero), propone interventi divulgativi nelle scuole e serate di proiezioni per il pubblico, dedicate alle importanti spedizioni sull’Himalaya che ha realizzato con il gruppo guidato da don Arturo Bergamaschi.
Questi incontri riscuotono grande successo e lo rendono molto popolare tra i cittadini.

Tiziano Nannuzzi (a destra) con un compagno di spedizione

Nell’agosto del 1984 parte per il Bhutan, ed è la seconda volta.
Il gruppo guidato da don Bergamaschi scala alcune cime ancora inviolate della catena dell’Himalaya; si fanno rilevamenti scientifici e sperimentazioni di sopravvivenza in alta quota. Quando si arriva all’ultimo campo della meta principale cominciano bufere di neve, temporali e nebbie fitte: la montagna sacra dello Tzering Khang, obiettivo degli scalatori, è invisibile.

Il 15 settembre il tempo migliora. Il Pompiere e un compagno di spedizione, Giorgio Corradini, fanno un ultimo tentativo per conquistare la cima dello Tzering Khan ma… scompaiono nel nulla.
A quasi vent’anni dalla scomparsa, la memoria di questo ragazzo generoso, sempre con la voglia di esserci, sempre in movimento, è ancora vivissima tra i compagni di lavoro (che gli hanno intitolato un “Memorial di podismo”), tra gli arrampicatori (a Nannuzzi è stata dedicata un via nel Gruppo delle Marmarole, in Dolomiti) e tra gli amici del paese.

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5 Comments

  1. says: Stefano

    Bellissimo il ricordo di tutti.
    Gran bella persona.
    Grazie per il ricordo dopo tanti anni.

  2. says: Fabio Bertoncelli

    Tiziano Nannuzzi fa parte della storia dell’alpinismo emiliano di quell’epoca.

    Anni irripetibili!

  3. says: Rossalio Patuelli

    Voglio ricordare che nel febbraio 1983 salì da solo la Schubert al Ciavazes, scese per la Micheluzzi-Castiglioni e per finire la giornata andò alla Seconda Torre a ripetere la Messner, prima invernale in solitaria. Quando tornò a casa e mi raccontò il tutto come se fosse una cosa normale, mi disse che alla fine della Messner aveva le mani un po’ fredde….mitico Pompy!!!

  4. says: Fabio Bertoncelli

    Tra i partecipanti a quella spedizione c’era Graziano Ferrari, aspirante guida alpina di Vignola (MO). Fu direttore del corso roccia del CAI Modena quando lo frequentai come giovanissimo allievo.

    Morí nel gennaio 1985, travolto da una valanga sul M. Cimone (Appennino Modenese) durante una gita scialpinistica.
    In quei giorni l’Appennino, cosí come tutte le Alpi, era sepolto sotto metri di neve farinosa, dopo le memorabili nevicate di quel mese.
    Un unico errore bastò per spezzare una giovane vita ricca di progetti.

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