di Alessandro Grillo
(pubblicato sul suo profilo fb il 16 novembre 2023)
Mi addolora quando, nel mondo dell’arrampicata e dell’alpinismo, una persona meritevole cade nell’oblio.
A fatica si ricordano i fuoriclasse, i fenomeni, figuriamoci i così detti normali.
Ma dal dimenticatoio vorrei far riemergere la figura di Olinto Simonetti, da tutti poi chiamato Vittorio e da me, Torio.
Abitava in quel di Finale, ma era di antiche origini friulane. All’Università di Genova venimmo ad essere amicissimi, poi lui si orientò verso la Geologia e ritornò a lavorare nelle cave di pietra del Finale, di proprietà di famiglia.
Faceva ciò che più gli piaceva.
Casualmente, dopo molti anni, ci reincontrammo proprio a Finale.
Gli feci conoscere l’arrampicata, e lui se ne innamorò.
Era il tempo della scoperta dell’arrampicata nel Finalese, i favolosi anni ’70.
Su quelle ” rocche” mi fu fido compagno in moltissime prime salite. Potrei citarne tante, alcune ai più sconosciute, oggi travolte da ferrovie di spit.
Ma due voglio ricordarle.
Grimonett, che deve il nome al miscuglio dei nostri cognomi, ove fu protagonista del superamento dei “famosi” rossi, allora una muraglia polverosa e friabilissima. Con cocciutaggine volle salire da primo, e così fu.
In scio bollesumme, il grande traverso sulle scogliere di Capo Noli. Innovativo, lungo ed elegante modo di arrampicare, con il mare sotto i piedi.
Girovagammo pure per le Alpi, Marittime, Corno Stella in particolare, satelliti del Monte Bianco, il Pizzo Badile, Dolomiti e Alpi Apuane, d’estate e d’inverno.
La nostra parete preferita era la friabile Nord del Pizzo d’Uccello.
Poi, improvvisamente, una terribile malattia se lo portò via. Un omone grande e fortissimo, incurante del vuoto, con un naso da pugile e due occhi azzurri di acqua marina.
Le sue ceneri giacciono in un antro dei Rossi della Grimonett, quei rossi che a tutti i costi volle salire per primo.
Ciao Amico mio, sei stato un grande, anche se molti arrampicatori non ti sono stati riconoscenti e non ti raccontano più.
Nel mio cuore, ci sarai sempre.
Commovente ricordo di un amico che, nel mio caso, non è mai stato nel dimenticatoio.
Si, perché Vittorio Simonetti l’ho conosciuto di persona, come ho conosciuto alcuni suoi amici finalesi ( finârin, come dice mia madre che di cognome fa Bonora, il che non nasconde affatto le sue origini feglinesi) di cui ho un ricordo limpido.
Più che come arrampicatore in sé mi hanno sempre affascinato i racconti che sentivo da Alessandro Grillo, Gianni Calcagno, Nico Ivaldo e Guido Grappiolo, protagonisti in epoche lievemente diverse dell’avventura finalese. Un arrampicata tipicamente ligure, tenuta nascosta, mai esibita ma vissuta profondamente da ognuno nel proprio intimo. Alla faccia dell’edonismo che l’ha seguita più tardi e che di ligure aveva ben poco. Con l’avvento dell’arrampicata sportiva sono calati a Finale altri popoli e altre usanze. Non dico peggiori ma sicuramente diverse e meno originali senz’altro. Io che le ho vissute in qualche modo entrambe e ne ho conosciuto i protagonisti, sono felice e mi fa piacere che restino vive certe storie perché sarebbe triste pensare a un’ arrampicata ridotta a solo e puro gesto atletico. Grazie.