Giovanni e Olinto Marinelli tra alpinismo e scienza

di Giovanni Di Vecchia
(pubblicato su Le Alpi Venete, autunno-inverno 2023-2024)

Se nel suo De Alpibus Commentarius del 1574 Iosia Simler aveva avuto modo di raccontare, tra l’altro, come la montagna fosse particolarmente problematica da avvicinare, due secoli dopo Jean-Jacques Rousseau pone nella Nouvelle Héloise un diverso accento nei suoi confronti, maturando così quel risveglio d’interesse che coinciderà con il riavvicinamento dell’uomo alla natura. Ancor prima Albrecht von Haller pubblica nel 1729 le sue esperienze di viaggio nell’opera Die Alpen: prima di allora nessuno aveva parlato così del mondo della montagna, capovolgendo i concetti espressi su di essa, laddove si percepisce l’ospitalità della gente alpina, la mancanza degli agi della città, nonché il fascino del paesaggio che ispira. Più tardi Johann Wolfgang von Goethe avvertirà nel Monte Bianco l’espressione suprema della natura e William Wordsworth intravedrà nelle montagne le «cattedrali di Dio, altari elevati dalla natura al Signore». L’uomo si avvicinerà a esse superando quei preconcetti che sino ad allora si erano avuti con false rappresentazioni popolari. L’interesse sotto vari profili farà sì che avranno inizio anche alcune ascensioni con l’aiuto di valligiani, in specie cacciatori, ottimi conoscitori delle loro cime.

Montasio, versante ovest

Gli storici del fenomeno, in buona parte, hanno affermato che l’inizio dell’alpinismo sul versante occidentale delle Alpi può essere fissato verosimilmente con la salita del Monte Bianco, compiuta nel 1786 da Jacques Balmat e Michel-Gabriel Paccard sotto la spinta dello scienziato ginevrino Horace-Bénédict de Saussure; anche se in verità vi sono tracce di precedenti ascensioni già dal 1300. Ciò favorirà ulteriormente l’interesse alla conoscenza delle vette, dando avvio a quel “Grand Tour” intorno al Monte Bianco che proprio dal Settecento ebbe inizio per proseguire nel secolo successivo. In particolare, i viaggiatori che verranno da Oltralpe saranno interessati non solo alle città d’arte, ma anche a effettuare la conoscenza di queste meraviglie che s’innalzano superbe verso il cielo.

Giovanni Marinelli. Archivio: Società Alpina Friulana.

Con il trascorrere degli anni verranno compiute altre imprese come, ad esempio, sul Monviso, sul Gran Paradiso, sul Monte Rosa, sul Cervino. In particolare, saranno inglesi i primi visitatori e divulgatori, tra i quali si ricordano John Ruskin e Josiah Gilbert con George Cheetham Churchill. Questi ultimi, con i loro racconti di viaggio sulle Dolomiti, attireranno altri connazionali e non solo. In principio, l’accoglienza sul territorio fu alquanto difficile anche per mancanza di strutture idonee. Molti di loro si dovettero adattare in vecchi rifugi di cacciatori e contrabbandieri; solo più tardi vennero accolti nelle canoniche messe a disposizione dai vari parroci, molti dei quali mediatori culturali e altrettanto appassionati di montagna, tanto da annoverare alcuni di loro tra gli alpinisti di quel tempo.

Frontespizio dell’edizione del 1906 di Guida della Carnia

Con l’incremento del numero dei viaggiatori e dei primi alpinisti si procedette alla costruzione di locande più ospitali e quant’altro si fosse reso necessario per migliorare la ricettività, come nuove strade che consentissero un più facile avvicinamento ai contrafforti alpini. L’alpinismo nella regione orientale delle Alpi, come le Dolomiti carniche-friulane sino alle Giulie, vide il suo inizio solamente verso la metà dell’Ottocento.

Giovanni Marinelli (1846-1900). Archivio: Società Alpina Friulana.

Precedentemente, infatti, non fu particolarmente praticato se non in casi sporadici e comunque non assimilabile al concetto che più tardi si ebbe con la progressione tecnica e la maggiore esperienza. Le montagne del territorio furono sporadicamente salite da alcuni topografi venuti da Oltralpe, anche se si registra una salita al Triglav nel 1778 da parte di Luka Korošec, Matija Kos, Štefan Rožič e Lovrenc Willomitzer. Dopotutto, il territorio era rimasto con una natura selvaggia e per lungo tempo senza alcuna infrastruttura che potesse ospitare il visitatore. La regione, infatti, era rimasta principalmente basata su un’attività agropastorale che preservò comunque a lungo l’ecosistema della zona. Eppure, la bellezza di tali vette ispirarono Julius Kugy, il “Cantore delle Giulie”, durante le sue ascese con una particolare risonanza di note sinfoniche rivenienti da partiture, quali il Te Deum di Felix Mendelssohn o la Missa Assumpta in Coelum di Giovanni Pierluigi da Palestrina.

Se l’inizio dell’alpinismo su queste Dolomiti può essere fissato tra gli anni 1865 e il 1868 con le imprese effettuate da Paul Grohmann al Coglians e sulle Cjanevate, l’impulso verso la scoperta delle vette della regione venne in particolar modo dato da Giovanni Marinelli, non solo sotto il profilo alpinistico ma anche scientifico; un invito che venne positivamente accolto dai vari valligiani e, più in generale, dagli abitanti del territorio che si “riappropriarono” delle loro montagne sino ad allora praticate da alpinisti provenienti da località confinanti. Marinelli, eminente studioso di geografia e cartografia, fu un grande appassionato di montagna, in particolare di quella friulana, che divenne motivo dei suoi studi. A lui si deve la rinascita della scienza geografica italiana tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando lo studio di tale materia risultava all’epoca obsoleto, basato ancora su antichi testi. Egli sarà il primo di una serie di eccelsi geografi italiani tra cui Renato Biasutti, Joseph Gentilli, Luigi Visentini, Ardito Desio.

Jôf Fuârt e Nabois in veste invernale

Giovanni Marinelli nasce a Udine il 28 febbraio 1846, figlio di Bartolomeo, medico originario di Valle di Cadore, e di Anna Condotti, friulana. Terminati gli studi primari e secondari, si trasferisce a Padova per iscriversi prima alla Facoltà di Matematica, successivamente a quella di Giurisprudenza senza conseguire le rispettive lauree. Con uno speciale esame di abilitazione, sempre all’Università di Padova, occupa la Cattedra di Lettere, Storia e Geografia. Nel 1870 si trasferisce a Udine dove insegna esclusivamente la Geografia presso la Scuola tecnica da poco istituita. Egli comprende come tale materia sia la sua specifica vocazione, in particolare dopo le letture degli scritti di Bartolomeo Malfatti, in cui sono evidenziati i progressi di tale scienza in Germania grazie a Karl Ritter e a Oskar Ferdinand Peschel. Tale scelta sarà determinante per le sue ricerche scientifiche. Lo studio per la Geografia lo porta anche ad approfondire lo studio della Meteorologia, proponendo nel 1872 all’Accademia di Udine l’istituzione di un osservatorio metereologico a Tolmezzo, che si concretizzerà l’anno successivo con la collaborazione del professor Giovanni Nallino: sarà la prima stazione di una serie nel tempo, anche con finalità pluviometriche e termometriche. A Tolmezzo, dietro suo suggerimento, sarà istituita la Sezione del Club Alpino Italiano, che sarà operante dal 1874 e alla cui Presidenza verrà chiamato Torquato Taramelli, che da sette anni era intento allo studio della geologia del Friuli.

Con Giovanni Marinelli l’alpinismo friulano mostra subito i propri intenti, non solo esplorativi ma anche di ricerca scientifica. Nello stesso anno si organizzerà l’ascesa a una delle vette del Gruppo del Canin, eseguita dallo stesso Marinelli assieme a Giacomo Di Brazzà, Oliva e Rusconi. La salita sarà occasione per Marinelli di scrivere La valle di Resia ed un’ascensione al Monte Canino, in cui evidenzierà come i monti friulani siano oggetto d’importanti studi fisici, etnografici, storici. Dopo il Canin altre ascensioni seguirono, tra cui quelle al Roncolina e al Tinizza, quest’ultima compiuta assieme alla Sezione Cadorina del CAI. Nel 1875 Giovanni Marinelli diviene Presidente della Sezione di Tolmezzo; l’anno successivo, nella riunione generale del Club Alpino Italiano tenutasi a Pistoia, propone la pubblicazione di tutti i dati altimetrici relativi al suolo italiano. Nel 1877 è in vetta allo Jôf di Montasio e, assieme ai fratelli Cesare e Guido Mantica, scala l’Antelao. Nel frattempo la sua vita di studioso gli dà l’opportunità di conoscere, ancora nel 1877, il professor Giuseppe Dalla Vedova, altro eminente scienziato, titolare della Cattedra di Geografia all’Università di Padova; un’amicizia che risulterà per Marinelli fondamentale. Dalla Vedova, infatti, prima di lasciare Padova per l’Ateneo romano convince Marinelli a concorrere alla Cattedra che si rende vacante. Vinto il concorso a soli trentadue anni, Marinelli insegnerà per ben quattordici anni prima di recarsi nel 1892 a Firenze come docente presso l’Istituto di Studi Superiori. L’attività di ricerca, pur impegnativa, non impedirà a Marinelli di frequentare la montagna, dedicandosi in specie all’alpinismo friulano. Egli, avendo poi constatato che l’attività della Sezione tolmezzina andava sempre più sviluppandosi, trasferirà la stessa a Udine nel 1879 con la nuova denominazione di “Sezione Friulana” del CAI, per divenire successivamente “Società Alpina Friulana” nel 1881.

Olinto Marinelli (1874-1926). Archivio: Società Alpina Friulana.

Rammentare l’intera opera svolta da Giovanni Marinelli risulta non facile, tanto essa è stata notevole e variegata. Non si può, tuttavia, omettere di ricordare una sua fondamentale pubblicazione, il Saggio di cartografia veneta che, presentato al Congresso geografico internazionale a Venezia nel 1881, inaugurò un fertile filone di studi di cartografia storica.

Tolmezzo in una foto di Gregorio Gressani che apre l’edizione del 1899 di Guida della Carnia

Marinelli ricoprì lo “status” di deputato liberale al Parlamento per il distretto di Udine e Gemona tra il 1890 e il 1900; ebbe la direzione nel 1893 della Rivista Geografica Italiana; curò la pubblicazione del secondo e terzo volume della Guida del Friuli collaborando pure alla stesura del primo e diresse In Alto, il periodico della Società Alpina Friulana. Salì una sessantina di vette, buona parte delle quali appartenenti ai gruppi delle Alpi Carniche e Giulie. Le sue esplorazioni nel Friuli gli rivelarono infinite singolarità morfologiche, geologiche, botaniche, etnografiche e linguistiche della Regione, che gli offriranno spunti e materia per i suoi studi.

La produzione scientifica di Giovanni Marinelli fu abbondantissima (oltre duecento titoli). La sua ultima fatica di studioso fu quella di organizzare nel 1898, due anni prima della sua morte, il Congresso di Firenze che riscosse enorme consenso e risonanza internazionale.

L’originario rifugio Marmolada fotografato durante un rilievo glaciologico di Olinto Marinelli (“Alpinismo Veneto” dai Cent’anni del CAI, 1863-2013, CAI Veneto, 2013)

La pesante eredità lasciata da Giovanni Marinelli fu presa da suo figlio Olinto, nato anch’egli a Udine l’11 febbraio 1874. Fu avviato allo studio delle Scienze fisiche, laureandosi in Scienze naturali a Firenze, iniziando la sua carriera accademica prima a Catania poi ad Ancona, con rilevanti ricerche sempre nel campo della geografia e della geologia, in specie riguardanti le Dolomiti. Sulla Rivista della Società Alpina Friulana pubblicò, tra il 1898 ed il 1902, studi orografici relativi alle Alpi Orientali, nei quali descrisse elementi di geografia fisica e modelli di vita pastorale. Olinto Marinelli subentrò al padre nella Presidenza della Società Alpina Friulana nel 1901, incarico che ricoprì sino alla morte. Cattedratico di Geografia (completerà la Guida del Friuli ideata dal padre), con lui tale scienza raggiunse tutto l’interesse che meritava alla luce dei nuovi indirizzi. Pubblicherà sul Friuli un centinaio di scritti scientifici composti da circa cinquecento voci. Nulla da lui fu omesso o ignorato: dalla geologia ai fenomeni fisici, biologici e antropici. Curò lo studio delle antiche carte, nonché la compilazione di quelle dell’epoca, approfondendo l’azione modificatrice degli agenti metereologici, l’evoluzione fisica della superficie terrestre e le problematiche connesse all’opera umana, agli eventi storici, politici, etnici e linguistici. Diverrà condirettore della Rivista Geografica Italiana; collaborerà con il Touring Club Italiano per le Vie d’Italia e succederà al padre anche nella carica di Presidente della Società di Studi Geografici e Coloniali. Gli verrà affidata la direzione scientifica di un’opera tra le più rilevanti del TCI, quale L’Atlante dei tipi geografici, opera di enorme importanza storica, di cui verrà edita una ulteriore edizione a cura dell’IGM.

Relazione della campagna glaciologica condotta intorno alla catena meridionale delle Pale di San Martino firmata da Olinto Marinelli e Giovanni Chiggiato, accompagnati dalla guida Serafino Parissenti (Libro del rifugio Canali). Archivio: CAI Treviso.

Gli innumerevoli impegni non impediranno a Olinto Marinelli di proseguire l’esplorazione delle montagne friulane e la partecipazione a importanti spedizioni: nel 1905 in Eritrea e in Dancalia con Giotto Dainelli; nel 1912 nel Nord America; nel 1914 (ancora con Dainelli) in quella organizzata e condotta da Filippo De Filippi in Tibet, nel Turkestan cinese e nel Karakorum (qui le sue osservazioni saranno di notevole interesse per le successive spedizioni, compresa quella al K2 organizzata anni dopo da Ardito Desio); nel 1912 in Cirenaica; nel 1925 nel Dodecaneso, Rodi, Palestina ed Egitto. Senz’altro si può affermare che Giovanni e Olinto Marinelli abbiano “aperto la via” alla ricerca e allo studio della Geografia moderna e di altre discipline scientifiche utili alle successive generazioni.

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