di Toni Farina
C’è vento di sommossa nel Vecchio Continente. Le elezioni si approssimano, l’occasione è ghiotta per regolare conti, esigere crediti. Far valere (presunti) diritti.
A portare il vessillo sono contadini e agricoltori, lunghe file di trattori riempiono le strade verso le capitali, i centri del potere vessatorio dei diritti di chi con il lavoro sfama noi tutti. Seguono, non meno eclatanti nel patrio suolo, le gesta ribelli di fleximan. Il ribaldo abbatte i marchingegni vessatori della libertà. Un eroe, un novello Zorro, il flessibile come la spada blandito contro il tiranno. Grazie ai social la sua fama si espande, guadagna titoloni. Magari, sull’esempio del generale letterato, racconterà le gesta in un libro. E magari anche lui si guadagnerà un posto nelle liste elettorali.
Si scherza, ma neppure troppo. In realtà c’è di che riflettere. E niente è più congegnale alla riflessione di una trasferta infrasettimanale in Valle Soana. Lasciato Pont, si inanellano curve come grani di un rosario. E i pensieri fluiscono liberi, si apprezza il privilegio del distacco.
Non può mancare, prima di Ronco, là dove si schiudono prospettive, un omaggio visivo al Monveso. Conforta vederlo laggiù, ritagliarsi un posto d’onore nel cielo d’occidente. Sacra o meno, è una bella montagna.
Mi auguro che a nessuno venga l’idea di illuminarlo con un faro in occasione di “grandi eventi”, sull’esempio di quanto prospettato per il Monviso ai tempi di Torino 2006. Oppure, di questi giorni, illuminare il Gran Sasso in occasione del Giro d’Italia. Idee originali, o balzane piuttosto: lo sanno i prodi ideatori che a illuminare le montagne ci pensano Sorella Luna e Fratello Sole. E lo fanno a gratis.
Lo scorcio sul Monveso illuminato da Fratello Sole crea conforto. Al contrario, sconforto infonde il Soana, poco più di un rigagnolo. L’ennesimo inverno “anomalo” genera ansie. E non posso non pensare ai lavori in corso per portare alla pianura le chiare, dolci e fresche acque delle montagne del Gran Paradiso.
Per irrigare a manetta campi di mais, o consentire ai villini di farci la piscinotta in giardino. Che tanto l’acqua in montagna abbonda.
Ma l’hanno visto il Soana? E l’Orco? E le fontanelle che più non buttano?
Il valore della terra dipende dall’acqua. Bene prezioso, sempre più conteso. Agricoltori del Polesine in rotta con i colleghi del Saluzzese. Altro che colonne di trattori.
Qual è il valore della terra nel vallone di Servino? Niente di meglio che andare a vedere. Il versante della Valle Soana è quello al sole, che però dovrò guadagnarmi con un prologo d’ombra. Ci vorrebbero ali d’aquila, o d’angelo, per tagliare il tempo e lo spazio e arrivare subito in alto. E invece no, tempo e spazio hanno un valore: che qui si misura in gradini di mulattiera, bella mulattiera, e ampia, ben tracciata fra faggi e isolati larici.
Caso vuole gli angeli li incontri davvero, dipinti in una cappelletta, nel punto esatto in cui il sole subentra all’ombra. Un caso? Certo, che vado a pensare.
Più in alto, Servino è luce e silenzio, e mura cadenti, e rami caduti per la recente tempesta di vento. Ennesima testimonianza di un modello tramandato per secoli e dissolto in un batter di ciglia. Si passa nei viottoli cercando di far meno rumore possibile, per non arrecare disturbo. Disturbo a chi, a cosa?
La Borgata Fontana è il piacere di una lunga sosta. Il piacere di starsene al sole tiepido, molto (troppo) tiepido dell’ennesimo inverno primaverile.
Gocce di poca neve che scioglie.
Pensieri, ancora…
«Vade retro farina di grilli!». Mangiare cavallette? E che cavolo, siamo pazzi? Sì, siamo pazzi a pensare di sfamare 8 miliardi di persone a bistecche. Neppure basterebbe abbattere le ultime, sopravvissute foreste. E temo non basti la buona acqua delle montagne del Gran Paradiso a soddisfare il fabbisogno di questa agricoltura rapinosa. Eppure, migliaia di anni fa furono proprio grilli e cavallette a sfamare i nostri antenati Sapiens. E se siamo ora qui a zampettare sul Pianeta è perché la dieta funzionava.
La terra dunque. Sacro suolo patrio che più o meno allegramente copriamo di asfalto e cemento. Ma quassù a Servino anche il tempo ha un altro valore. Lo si misura con il ritmo del respiro. Inviterei a salire quassù il novello Zorro degli autovelox. Chissà…
In realtà, lui e tutti noi di aiuto abbiamo bisogno. A chi chiederlo?
Una risposta giunge da un Grande Olmo. Sacro come il Monveso. Un monumento. Grazie dunque a chi l’ha eletto Albero Monumentale. Grande Olmo Saggio che spingi i tuoi rami in cerca di cielo. Nelle tue radici è il valore della terra. E della Terra.
Bravissimo, Toni! Anche gli “agricoltori industriali” inseguono il denaro, come il sistema stesso, che ha in sé il male, perchè è contro-Natura, cioè contro l’Organismo di cui facciamo parte. Quindi, forse, non possono fare diversamente. Perchè solo loro?…E basta con i “grandi eventi”. Mi dispiace scriverlo, ma ormai aspettiamo il collasso del sistema, sperando nel “dopo”… Cerchiamo almeno di rendere il transitorio meno traumatico, per tutti gli esseri senzienti, e per la Terra stessa.